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24/10/2023
Colpa medica nel trattamento della neoplasia mammaria
24/10/2023Prendiamo spunto dalla sentenza n. 42453 del 20.09.2023, emessa dalla Corte di Cassazione Penale Sezione IV, per rimarcare quali sono i principi probatori per cui si può ritenere provata la responsabilità penale medica “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
Il caso che è stato trattato è quello di un ginecologo che era stato condannato, sia in primo che in secondo grado, per aver cagionato ad una paziente la perforazione dell'utero e dell'intestino, con conseguente insorgenza di un'ileite acuta virulenta gangrenosa che culminava nella resezione di 25 cm di ileo.
I fatti: intervento di revisione della cavità uterina e lesioni a utero e intestino
In data 26.1.2016 Q.R. veniva sottoposta presso l'Ospedale "(Omissis)" di (Omissis) ad un intervento di revisione della cavità uterina per un aborto intervenuto alla quinta settimana, intervento eseguito dal Dott. E.S.. La sera stessa la paziente lamentava forti algie pelviche che inducevano il Dott. A.S., medico di turno, a differire le dimissioni della paziente disposte dal Dott. E. e ad effettuare un nuovo controllo ecografico che evidenziava il persistere di materiale abortivo nell'utero.
La Q. veniva quindi sottoposta il giorno successivo, ovvero il (Omissis), ad un nuovo intervento di revisione della cavità uterina eseguito dal Dott. F. in presenza del Dott. E. il quale tuttavia non operava. La sera stessa la Q. veniva dimessa senza alcun controllo ecografico malgrado lamentasse ancora intense algie pelviche e nausea.
In data 30.2.2016 la Q. veniva quindi visitata da un medico di famiglia e condotta con urgenza presso l'ospedale "(Omissis)" dove veniva sottoposta a Tac che evidenziava la perforazione dell'intestino.
La stessa veniva quindi sottoposta ad intervento chirurgico di laparatomia longitudinale e asportazione di 25 cm di ileo terminale, eseguito dal Dott. L.V..
Il decorso post operatorio si complicava per l'insorgenza di linfedema degli arti inferiori ed infezione della ferita chirurgica oltre che per il persistere delle algie.
Dai controlli successivi alle dimissioni emergeva un quadro ecografico di dilatazione delle tube oltre che il persistere di materiale abortivo in utero. Infine il controllo ecografico del 22.6.2016 evidenziava tube morfologicamente normali.
In primo e secondo grado il medico viene condannato
Il giudice di primo grado, ossia il Tribunale di Messina, sulla scorta della consulenza del P.M. e della parte civile e delle prove testimoniali assunte, ha affermato il nesso di causalità tra l'intervento di revisione della cavità uterina eseguito dal Dott. E. il 26.1.2016 e la perforazione dell'utero e dell'intestino con conseguente insorgenza di un'ileite acuta gangrenosa conseguente alla omessa tempestiva diagnosi della lesione intestinale che culminava nella resezione di cm 25 di intestino.
Quanto all'elemento soggettivo, ha ritenuto che la condotta dell' E. fosse connotata da imperizia nell'esecuzione dell'intervento e da negligenza per aver omesso di porre in essere i dovuti esami in fase di esecuzione del medesimo previsti dalle linee guida e comunque dalle buone pratiche clinico-assistenziali; in particolare per aver omesso la dilatazione farmacologica consigliata per le caratteristiche anatomiche della paziente (utero retroverso) nonché un adeguato monitoraggio dell'intervento e del decorso post-operatorio e per l'omessa diagnosi tempestiva della lesione occorsa accompagnata dalla sottovalutazione della sintomatologia della paziente e dall'omessa prescrizione di accertamenti strumentali a fini diagnostici.
La Corte di Appello di Messina ha confermato l'impianto motivatorio della sentenza di primo grado, recependone la ricostruzione sia in fatto che in diritto.
Il medico ricorre alla Corte di Cassazione
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Messina l'imputato ha proposto ricorso per cassazione rilevando che la struttura e l'articolazione della sentenza impugnata non appaiono conformi alla regola di giudizio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" sotto il profilo della ritenuta sussistenza dell'indispensabile nesso causale tra la condotta tenuta dal Dott. E. e le lesioni occorse alla persona offesa.
Pone in rilievo come l'accertamento del nesso causale richieda la formulazione del c.d. giudizio esplicativo nonché del giudizio controfattuale.
In particolare, al fine di stabilire se sussista o meno il nesso di condizionamento tra la condotta del medico e l'evento lesivo, non si può prescindere dall'individuazione degli elementi rilevanti in ordine alla causa dell'evento stesso.
Si sottolinea che il consulente del Pubblico Ministero, Dott.ssa G., aveva concluso che non era possibile stabilire in quale dei due interventi di revisione della cavità uterina si fosse verificato il danno tanto che l'Ufficio di Procura aveva avanzato la richiesta di archiviazione.
I principi della Corte di Cassazione sulla colpa medica
La prima censura avanzata dal ricorrente, nella parte in cui evidenzia vizi logico-giuridici della sentenza impugnata in tema di accertamento del nesso di causalità, coglie nel segno per le ragioni che si andranno ad esplicitare.
Giova premettere che, secondo la giurisprudenza ormai granitica di questa Corte, in tema di responsabilità medica, ai fini dell'accertamento del nesso di causalità è necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell'evento lesivo per il paziente, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia consente l'analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario onde effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l'evento lesivo per il paziente sarebbe stato evitato al di là di ogni ragionevole dubbio.
In tema di nesso di causalità, il giudizio controfattuale - imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, avrebbe potuto evitare l'evento, o, in ipotesi di condotta commissiva, l'assenza della condotta commissiva vietata, avrebbe potuto evitare l'evento - richiede preliminarmente l'accertamento di ciò che è accaduto (cosiddetto giudizio esplicativo) per il quale la certezza processuale deve essere raggiunta.
Per effettuare il giudizio controfattuale è quindi, necessario ricostruire, con precisione, la sequenza fattuale che ha condotto all'evento, chiedendosi poi se, ipotizzando come realizzata la condotta dovuta dall'agente, l'evento lesivo sarebbe stato o meno evitato o posticipato.
L'importanza della ricostruzione degli anelli determinanti della sequenza eziologica è stata sottolineata, in giurisprudenza, laddove si è affermato che, al fine di stabilire se sussista o meno il nesso di condizionamento tra la condotta del medico e l'evento lesivo, non si può prescindere dall'individuazione di tutti gli elementi rilevanti in ordine alla "causa" dell'evento stesso, giacché solo conoscendo in tutti i suoi aspetti fattuali e scientifici la scaturigine ed il decorso della malattia è possibile analizzare la condotta omissiva colposa addebitata al sanitario per effettuare il giudizio controfattuale, avvalendosi delle leggi scientifiche e/o delle massime di esperienza che si attaglino al caso concreto.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 30328 del 10.07.2002, con impostazione sostanzialmente confermata dalla giurisprudenza successiva, hanno enucleato, per quanto attiene alla responsabilità professionale del medico, relativamente al profilo eziologico, i seguenti principi di diritto.
Il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica - universale o statistica - si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa, l'evento non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.
Non è però consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell'ipotesi accusatoria sull'esistenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell'evidenza disponibile, cosicché, all'esito del ragionamento probatorio, che abbia altresì escluso l'interferenza di fattori eziologici alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell'evento lesivo con "alto grado di credibilità razionale".
L'insufficienza, la contraddittorietà e l'incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all'evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell'evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell'ipotesi prospettata dall'accusa e l'esito assolutorio del giudizio.
Ne deriva che, nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale deve essere svolto dal giudice in riferimento alla specifica attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l'evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale.
Il giudizio rimesso al giudice circa il nesso di causalità tra la condotta del medico e l'evento nella maggior parte dei casi, non potrà prescindere dal dato scientifico fornito dal contributo degli esperti.
In tale prospettiva, il sapere scientifico acquisito nel processo mediante le conclusioni di periti e consulenti dovrà necessariamente essere utilizzato dal giudice di merito secondo un approccio metodologico corretto che presuppone la indispensabile verifica critica in ordine all'affidabilità delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto, dovendosi precisare che l'esame dei dati che caratterizzano il fatto storico, ai fini del giudizio di tipo induttivo, riguardante l'indagine controfattuale, non potrà mai essere basato su valutazioni di ordine congetturale, vale a dire sfornite di una adeguata base scientifica o esperlenziale.
Occorre, piuttosto, che di tali basi il giudice dia adeguato conto, al fine di offrire una motivata valutazione in ordine all'attitudine degli elementi indiziari caratterizzanti il caso concreto ad incidere sul coefficiente di probabilità statistica, in maniera tale da "elevarlo" fino a giungere ad un motivato giudizio di alta probabilità logica in ordine all'efficacia salvifica della condotta dovuta, al di là di ogni ragionevole dubbio.
E' poi noto che il giudice di merito può fare legittimamente propria, allorché gli sia richiesto dalla natura della questione, l'una piuttosto che l'altra tesi scientifica, purché dia congrua ragione della scelta e dimostri di essersi soffermato sulla tesi o sulle tesi che ha creduto di non dover seguire.
Nel caso di specie, secondo la Corte di Cassazione, la Corte territoriale non ha fatto buon governo dei principi fin qui enunciati, perché non è stato accertato il nesso di causalità tra l'intervento effettuato dall'imputato e la perforazione dell'intestino subita dalla Q., giudizio che invece è stato espresso espresso in termini meramente probabilistici dai consulenti tecnici nei termini già evidenziati.
La Corte territoriale, a fronte di tali pareri tecnici, ha ritenuto di fondare il giudizio di responsabilità nei riguardi dell'odierno imputato surrogandosi in un giudizio tecnico che non può essere rimesso al giudicante e, a corroborare la tesi secondo cui la lesione andava collegata al primo intervento, ha richiamato le dichiarazioni della persona offesa che ha riferito della insorgenza di dolori nel post operatorio, nonché "de relato" le dichiarazioni che lo stesso imputato avrebbe reso al collega F., prova dichiarativa palesemente affetta da inutilizzabilità anche per la posizione del dichiarante nella vicenda di cui si controverte.
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