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24/10/2023Con l’ordinanza n. 27945 del 4 ottobre 2023, la Corte di Cassazione Civile Sezione Prima ha emesso il seguente principio.
Per ottenere l'attribuzione dell'assegno divorzile non è necessario che il coniuge abbia abbandonato il lavoro per dedicarsi esclusivamente alla cura dei suoi cari, assumendo rilievo il semplice sacrificio di attività lavorativa o di occasioni professionali come, ad esempio, la scelta di lavorare part time o quella di optare per un lavoro meno remunerativo rispetto a un altro, che però lascia più tempo per seguire nel quotidiano il coniuge, i figli e la casa, come pure la decisione di rinunciare, per gli stessi motivi, a promozioni, a nuovi incarichi o ad avanzamenti di carriera.
Indice
- I presupposti per ottenere l’assegno divorzile
- Come si deve dimostrare di avere diritto all’assegno divorzile
- Si può chiedere l’assegno sociale anche se si è rinunciato a quello divorzile
- L’assegno divorzile può subire variazioni?
- Assegno divorzile e T. F. R.
- L’assegno divorzile è deducibile da parte di chi è tenuto a pagarlo?
- Contatta l’avv. Nicola Barsotti per il tuo divorzio
I presupposti per ottenere l’assegno divorzile
Intanto è utile sapere che ci si può divorziare solo dopo essere già separati da sei mesi (se la separazione è stata consensuale) o un anno (se la separazione è stata giudiziale) da quando i coniugi sono comparsi in Tribunale per la prima udienza della causa di separazione.
Con il divorzio è prevista la possibilità per il coniuge “più debole” di chiedere a proprio favore un c. d. assegno divorzile.
La giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione (tra cui quella espressa a Sezioni Unite con la sentenza n. 18287 dell'11 luglio 2018) ha stabilito che il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno.
I criteri attributivi e determinativi dell'assegno divorzile non dipendono, pertanto, dal tenore di vita godibile durante il matrimonio, operando lo squilibrio economico patrimoniale tra i coniugi unicamente come precondizione fattuale, il cui accertamento è necessario per l'applicazione dei parametri di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, prima parte, in ragione della finalità composita assistenziale e perequativo-compensativa di detto assegno.
Il giudizio deve essere espresso alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto.
La natura perequativo-compensativa, poi, discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo, volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, ma il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, tenendo conto in particolare delle aspettative professionali sacrificate.
In altre parole, il giudice è chiamato ad accertare la necessità di compensare il coniuge economicamente più debole per il particolare contributo dato, durante la vita matrimoniale, alla formazione del patrimonio comune o dell'altro coniuge, nella constatata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi che trovi ragione nelle scelte fatte durante il matrimonio, idonee a condurre l'istante a rinunciare a realistiche occasioni professionali-reddituali, la cui prova in giudizio spetta al richiedente.
Come si deve dimostrare di avere diritto all’assegno divorzile
Con particolare riferimento all'onere della prova, assume fondamentale rilievo la recente pronuncia delle Sezioni Unite n. 18287/2018, nell'affermare che l'instaurazione di una stabile convivenza di fatto con una terza persona non necessariamente esclude la possibilità per l'ex coniuge di ottenere l'attribuzione di un assegno divorzile, sia pure limitatamente alla componente perequativo-compensativa, ha precisato che, a tal fine, il richiedente deve fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare, dell'eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, dell'apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'ex coniuge.
Ciò che deve essere dimostrato, dunque, è che il coniuge economicamente più debole abbia sacrificato occasioni lavorative o di crescita professionale per dedicarsi alla famiglia, senza che sia necessario indagare sulle motivazioni strettamente individuali ed eventualmente intime che hanno portato a compiere tale scelta, che, comunque, è stata accettata e, quindi, condivisa dal coniuge.
La parte può aver preferito dedicarsi esclusivamente o prevalentemente alla famiglia per amore dei figli o del coniuge, ma anche per sfuggire ad un ambiente di lavoro ostile o per infinite altre ragioni, ma tali motivi non rilevano, perché l'assegno, sotto l'aspetto in esame, mira a compensare lo squilibrio economico conseguente alla scelta di impiegare le proprie energie e attitudini in seno alla famiglia, piuttosto che in attività lavorative, o in occasioni di crescita professionale, produttive di reddito.
Rileva, pertanto, e deve essere dimostrato, soltanto che l'ex coniuge abbia effettivamente fornito il suo contributo personale alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune o di quello personale dell'altro coniuge, a scapito del tempo e delle energie che poteva potuto dedicare al lavoro o alla carriera.
Si tratta di un "contributo", che, in quanto tale, non è l'unico apporto alla conduzione familiare e al patrimonio comune o dell'altro coniuge, poiché la condivisione di vita all'interno della famiglia è frutto dei contributi diversificati, per natura ed entità, di tutti i componenti.
Neppure può ritenersi che per giustificare l'attribuzione dell'assegno divorzile il contributo del coniuge deve comportare il sacrificio totale di ogni attività lavorativa per dedicarsi alla famiglia, poiché la legge non richiede una dedizione esclusiva, essendo necessario e sufficiente che il coniuge abbia sacrificato l'attività lavorativa o occasioni di carriera professionale per dedicarsi di più alla famiglia.
L'entità di tale sacrificio e', semmai, rilevante ai fini della quantificazione dell'assegno, sempre se sussistono i presupposti per la sua erogazione.
In altre parole, per ottenere l'attribuzione dell'assegno divorzile, non è necessario che il richiedente dimostri che il coniuge abbia abbandonato il lavoro per dedicarsi esclusivamente alla cura dei suoi cari, assumendo rilievo il semplice sacrificio di attività lavorativa o di occasioni professionali come, ad esempio, la scelta di lavorare part time o quella di optare per un lavoro meno remunerativo rispetto a un altro, che però lascia più tempo per seguire nel quotidiano il coniuge, i figli e la casa, come pure la decisione di rinunciare, per gli stessi motivi, a promozioni, a nuovi incarichi o ad avanzamenti di carriera.
Si può chiedere l’assegno sociale anche se si è rinunciato a quello divorzile
Può succedere che nel corso del divorzio, congiunto o giudiziale, il coniuge che potrebbe aver diritto all’assegno divorzile vi rinunci.
Ecco allora che si è posto il seguente quesito: il coniuge che ha rinunciato all’assegno divorzile da parte dell’ex, ha diritto di chiedere all’Inps un assegno sociale?
L'assegno sociale è un contributo economico di un ammontare pari a 503,27 euro per il 2023, di natura assistenziale erogato dall'INPS per 13 mensilità in favore di coloro che si trovano in condizioni economiche disagiate.
Precisamente, l’Assegno sociale è concesso ai cittadini italiani o stranieri residenti in Italia, con almeno 67 anni di età, che abbiano un reddito inferiore ad € 6.542,51 annui, che sale ad € 13.085,02 se il richiedente è sposato.
Il quesito di cui trattiamo deriva dal fatto che, laddove il coniuge più debole avesse ottenuto un assegno divorzile, l’Inps avrebbe potuto “risparmiare”, ossia non essere tenuto a sostenere un soggetto che poteva essere sostenuto dall’ex coniuge di tasca propria.
La Corte di Cassazione ha ormai da tempo stabilito che il presupposto per la corresponsione dell'assegno sociale è lo stato di bisogno effettivo del richiedente, desunto dall'assenza di redditi o dall'insufficienza di quelli già percepiti, per cui la mancata richiesta, da parte del soggetto che mira ad ottenere l'assegno sociale, dell'importo dovuto dall'ex coniuge a titolo di assegno divorzile non può avere rilevanza (Cassazione civile Sezione Lavoro, n. 26287 del 11.09.2023).
L’assegno divorzile può subire variazioni?
Così come l'assegno di mantenimento, anche l’assegno divorzile può subire variazioni, in aumento o in diminuzione, per effetto del mutamento della situazione patrimoniale relativa al debitore o al creditore considerata al momento della sentenza.
Quanto all'assegno divorzile, se la necessità di un assegno si manifesti dopo il passaggio in giudicato della statuizione attributiva del nuovo status, esso verrà liquidato in separato giudizio, restando ferma la possibilità di avanzare la domanda successivamente alla sentenza di divorzio, anche in difetto di pregressa domanda giudiziale.
Ove si verifichino mutamenti di circostanza, così da richiedere una modifica dell'assegno, la pronuncia potrebbe far retroagire tale aumento dal momento (successivo alla domanda) del mutamento di circostanza o addirittura disporlo a far data dalla decisione.
Assegno divorzile e T. F. R.
Condizione per l'ottenimento della quota del trattamento di fine rapporto dell'ex coniuge è che il richiedente sia titolare di un assegno divorzile - o abbia presentato domanda di divorzio (seguita dalla relativa pronuncia e dall'attribuzione dell'assegno divorzile) - al momento in cui l'ex coniuge maturi il diritto alla corresponsione di tale trattamento (da ultimo Cassazione Civile Sezione I, n. 17154 del 15.06.2023).
La ratio della norma e', infatti, quella di correlare il diritto alla quota del trattamento di fine rapporto alla percezione dell'assegno divorzile.
Alla base della disposizione normativa si rinvengono profili assistenziali, evidenziati dal fatto che la disposizione presuppone la spettanza dell'assegno divorzile, ma anche compensativi, legati all'importanza data allo svolgimento del rapporto di lavoro durante la vita matrimoniale.
In ordine al momento in cui nasce il diritto all'ottenimento della quota del trattamento di fine rapporto spettante all'ex coniuge è consolidata l'opinione della giurisprudenza, secondo la quale tale diritto sorge, e può essere azionato, quando cessa il rapporto di lavoro (v. tra le tante Cass., Sez. L, Sentenza n. 2827 del 06/02/2018 e Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 5376 del 27/02/2020; cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 34050 del 12/11/2021).
In definitiva, insieme al diritto del lavoratore a tale trattamento, sorge anche il diritto dell'ex coniuge a percepire una sua quota, in presenza degli altri presupposti dalla L. n. 898 del 1970, art. 12 bis e il diritto alla quota del trattamento di fine rapporto, che matura con l'insorgenza del diritto a tale trattamento da parte dell'altro coniuge, diviene esigibile quando quest'ultimo percepisce il relativo trattamento.
Non e', però, necessario che l'importo su cui calcolare la quota di spettanza sia già incassato al momento della proposizione della relativa domanda, essendo sufficiente che sia esistente al momento della decisione.
Occorre tuttavia che la percezione del TFR da parte dell'ex coniuge intervenga dopo la proposizione della domanda di divorzio.
L’assegno divorzile è deducibile da parte di chi è tenuto a pagarlo?
Si deve fare una distinzione tra l’assegno divorzile versato periodicamente e quello una tantum.
L'art. 10, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 917 del 1986, è chiaro nel limitare la deducibilità dei soli "assegni periodici corrisposti al coniuge", con esclusione, quindi, degli assegni una tantum.
Ciò perchè la ratio della deducibilità degli assegni periodici (di separazione o divorzili) sta nel fatto che il corrispondente importo versato all'altro coniuge o ex coniuge è soggetto a tassazione, equiparato ad un reddito da lavoro dipendente, mentre gli assegni una tantum (previsti nell'ordinamento italiano solo per il caso di divorzio, ex art. 5, comma 8, della L. n. 898 del 1970), non essendo soggetti a tassazione in capo all'accipiens, non sono deducibili dalla base imponibile del solvens.
In altri termini, l'ordinamento tributario italiano, per evitare una doppia imposizione economica sul piano interno, prevede, simmetricamente, la tassazione, in capo al coniuge o ex coniuge accipiens, degli assegni periodici di separazione o divorzili, nonché la deducibilità del corrispondente importo dalla base imponibile del solvens; d'altro canto, non assoggettando a tassazione l'importo degli assegni una tantum corrisposti all'ex coniuge, non ne consente la deduzione da parte del solvens, evitando in tal modo che il detto importo sfugga totalmente alla tassazione.
Contatta l’avv. Nicola Barsotti per il tuo divorzio
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L’avv. Nicola Barsotti può assisterti anche con gratuito patrocinio, previa verifica dei requisiti reddituali previsti dal D. P. R. 115/2002, considerando che per separazioni e divorzi il reddito di un coniuge non si somma a quello dell’altro coniuge.
Dopo aver preso contatti con lo studio legale dell’avv. Nicola Barsotti di Lucca, verrà fissato un appuntamento in studio dove potrai spiegare il tuo caso, possibilmente portando con te anche documentazione utile a comprenderlo nel migliore dei modi, ed avere subito un primo parere in merito al diritto all’assegno divorzile e/o quant’altro riguarderà il tuo divorzio.
Ricordiamo a tutti gli interessati che l’avv. Nicola Barsotti non rilascia consulenze gratuite per separazioni e divorzi, a meno che al primo appuntamento non ci si presenti con una dichiarazione dei redditi o CUD da cui si possano verificare le condizioni reddituali per essere ammessi al gratuito patrocinio!
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