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Recentemente abbiamo ricevuto la richiesta di assistenza per un probabile caso di malasanità, relativo ad un soggetto anziano a cui, durante il ricovero in ospedale, veniva somministrato cibo solido che, andatogli di traverso, gli causava una polmonite ed il conseguente decesso.

Si tratta di un tipico caso di c. d. polmonite “ab ingestis”, di cui diamo preliminarmente qualche nozione prima di riportare una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 32143/2019) che ha riconosciuto la responsabilità del medico anestesista nella causazione della polmonite “ab ingestis” a una paziente che poi è deceduta.

 

 

  • La polmonite da ingresso di sostanze estranee nei polmoni
  • Il caso: l’anestesia provoca la polmonite e la paziente muore
  • La Cassazione conferma la responsabilità dell’anestesia
  • Un tuo familiare è morto per polmonite  contratta in ospedale?

 

 

La polmonite da ingresso di sostanze estranee nei polmoni

I polmoni sono costituiti da piccole sacche dette alveoli, che si riempiono d’aria quando una persona inspira.

Quando però i polmoni sono infiammati (polmonite), gli alveoli si riempiono di pus e liquido, il che rende la respirazione dolorosa e limita l’assunzione di ossigeno.

La polmonite “ab ingestis” (detta anche polmonite da inalazione) è una infiammazione dei polmoni che può essere causata dall’ingresso di sostanze nei polmoni di sostanze liquide (latte, vomito…) o solide (cibo…).

Sono fattori di rischio della polmonite da inalazione le malattie di stomaco o esofago, i disturbi neuromuscolari e l’effetto dell’anestesia generale.

A proposito della polmonite “ab ingestis” derivata da colpa medica nella gestione dell’anestesia, riportiamo di seguito la sentenza della Corte di Cassazione Civile Sezione Terza numero 32143 del 10 dicembre 2019, con cui è stata confermata la responsabilità di un medico anestesista nella causazione di una polmonite “ab ingestis” alla paziente, sottoposta a intervento laparoscopico di by-pass gastrico, poi deceduta anche per tale patologia.

 

Il caso: l’anestesia provoca la polmonite e la paziente muore

Un uomo, in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sul figlio minore, convenne in giudizio davanti al Tribunale di Milano una casa di cura, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da perdita del rapporto parentale patiti in conseguenza della morte della congiunta (rispettivamente convivente more uxorio del primo e madre del secondo), verificatasi per gli esiti di intervento laparoscopico di by-pass gastrico presso la casa di cura, cui la donna si era sottoposta per la cura dell’obesità, seguito da tre altri interventi d’urgenza operati per far fronte alle complicanze manifestatesi.

Instaurato il contraddittorio ed espletata consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale dichiarò la responsabilità della struttura sanitaria e, in parziale accoglimento della domanda, la condannò al risarcimento del danno non patrimoniale liquidandolo, per ciascuno dei danneggiati, nella somma di Euro 213.555 oltre interessi.

In parziale accoglimento dell’appello interposto dalla casa di cura, la Corte d’appello di Milano rideterminava il risarcimento in Euro 150.000 per la suddetta causale, confermando la decisione di primo grado quanto alla dedotta responsabilità della struttura sanitaria per colpa dei suoi medici.

Sulla scorta della espletata c.t.u. ha infatti ritenuto, conformemente al primo giudice, che le complicanze che avevano condotto a morte la paziente fossero, in parte, incolpevoli (deiscenza anastomotica e ischemia dell’ansa intestinale), in parte colpevoli (polmonite da “ab ingestis” massivo); causa quest’ultima correlabile ad una “condotta anestesiologica non irreprensibile“, ovvero all’esecuzione, in maniera inadeguata, nel corso del primo intervento d’urgenza, dell’intubazione della paziente in sala operatoria.

Secondo i consulenti infatti “al momento dell’induzione (dell’anestesia) per un incompleto svuotamento della tasca gastrica e dell’ansa intestinale ad essa anastomizzata si ebbe un incontrollato episodio di vomito copioso che inondò l’albero bronchiale“, ciò in quanto l’anestesista “probabilmente prima dell’induzione dell’anestesia, non provvide ad aspirare dal sondino nasogastrico i secreti presenti...“.

 

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La Cassazione conferma la responsabilità dell’anestesista

La casa di cura ricorre alla Corte di Cassazione sostenendo che, diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello di Milano, l’unico fatto/inadempimento addebitato dalla c.t.u. ai sanitari della casa di cura (errata manovra dell’anestesista che avrebbe cagionato l’ab ingestis, ritenuta concausa determinante del decesso) non poteva ritenersi ricompreso tra i numerosi ed articolati inadempimenti qualificati contestati in causa dagli attori alla convenuta e, per tale ragione, non avrebbe potuto costituire oggetto di accertamento, prova e condanna in giudizio.

Rileva al riguardo che il detto episodio è bensì menzionato negli atti e nelle consulenze tecniche quale elemento concausale del decesso, ma mai quale evento colpevole.

Argomenta poi la mancata allegazione da parte dell’attore-danneggiato dell’inadempimento qualificato costituito dalla asserita erronea manovra di intubazione dell’anestesista

Ebbene, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso per i seguenti motivi.

Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l’inesatto adempimento della prestazione sanitaria, il danneggiato deve fornire la prova del contratto e dell’aggravamento della situazione patologica (o dell’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento) e del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari, restando a carico dell’obbligato la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile.

L’imputabilità del fattore causale a colpa dei sanitari, quindi, non rientra tra gli oneri probatori gravanti sulla parte attrice.

A tali oneri probatori vanno naturalmente rapportati anche quelli preliminari di allegazione.

Ne discende che è da escludere che l’onere di allegazione gravante su parte attrice debba estendersi al profilo soggettivo della colpa e che cioè parte attrice, oltre a dedurre che gli esiti dannosi siano conseguenza dell’esecuzione dell’attività medico-chirurgica nel suo complesso e nelle sue singole fasi, debba anche specificamente argomentare sul carattere imperito o negligente o imprudente della prestazione.

La Corte di Cassazione, peraltro, in fattispecie nella quale era posta questione analoga, ha già affermato il principio secondo cui in tema di responsabilità sanitaria, qualora sia proposta una domanda risarcitoria nei confronti di una struttura ospedaliera e di un suo ausiliario allegando la colpa esclusiva di quest’ultimo, il giudice non è rigidamente vincolato alle iniziali prospettazioni dell’attore, stante la inesigibilità della individuazione ex ante di specifici elementi tecnico-scientifici, di norma acquisibili solo all’esito dell’istruttoria e dell’espletamento di una c.t.u., potendo pertanto accogliere la domanda nei confronti della struttura in base al concreto riscontro di profili di responsabilità diversi da quelli in origine ipotizzati, senza violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

La Corte di Cassazione ritiene quindi che la Corte d’appello abbia fatto corretta applicazione del criterio di riparto dell’onere probatorio in materia che, come detto, vede la struttura sanitaria, per la natura contrattuale del rapporto che la lega alla paziente, tenuta a dar prova di avere diligentemente eseguito la prestazione ovvero della imputabilità dell’esito infausto ad evento imprevedibile e non superabile con l’adeguata diligenza.

Per quanto sopra detto è certamente da escludere che la mancata specifica argomentazione di parte attrice sui profili di colpa ravvisabili nell’esecuzione della prestazione anestesiologica potesse di per sè valere a sollevare la debitrice di tale onere.

Viene conseguentemente confermata la sentenza della Corte d’Appello che condanna la casa di cura al risarcimento di Euro 150.000 al compagno ed al figlio della paziente deceduta, a titolo di danno da perdita del rapporto parentale.

 

Puoi contattarci anche durante il weekend, chiama gratuitamente!

 

Un tuo familiare è morto per polmonite contratta in ospedale?

Il caso che abbiamo commentato rientra tra uno dei tanti casi di responsabilità medica di cui il nostro gruppo di avvocati e medici legali si occupa da circa venti anni in tutta Italia.

Se hai perso un familiare per polmonite contratta in ospedale, devi sapere che hai diritto a ottenere il risarcimento dei danni da perdita del rapporto parentale, la cui quantificazione varia in base a determinati fattori quali l’età del congiunto che è deceduto e quella di chi richiede il risarcimento, il rapporto che li legava (grado di parentela, convivenza, frequentazione etc), la presenza o meno di altri parenti etc..

Per chiedere il risarcimento è prima opportuno far valutare il caso, tramite lettura della cartella clinica, da parte di un medico legale e uno o più specialisti, i quali sapranno individuare se vi è stata responsabilità dei sanitari dell’ospedale o della clinica e se il fatto che ha portato al decesso si poteva evitare.

Se i nostri consulenti medici individueranno responsabilità, allora i nostri avvocati procederanno senza anticipo di spese a carico del cliente a formulare una richiesta risarcitoria al/ai responsabili e, se non vi sarà spazio per trovare un accordo, proseguiranno in via giudiziale per accertare i fatti ed ottenere giustizia!

 

© avvocaticollegati.it

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2 Comments

  1. Franca ha detto:
    09/05/2023 alle 11:01

    A mia madre anziana e malata di Parkinson in ospedale non veniva prestata assistenza durante i pasti e più volte presentava catarro e infezione ai polmoni perché non deglutiva bene. La situazione è degenerata sempre di più. Poi tornata a casa è peggiorata e morta. Potete aiutarmi??

    Rispondi
    • Avv. Nicola Barsotti ha detto:
      10/05/2023 alle 09:55

      Buongiorno Franca, può contattarci quando vuole per parlarci del caso di sua madre e farci visionare la cartella clinica. Le rilasceremo senza spese un parere legale e medico. Saluti

      Rispondi

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