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10/11/2022Con questo articolo riportiamo la sentenza n. 1918 del 23.06.2022 del Tribunale Civile di Lecce, con cui è stato riconosciuto il risarcimento ai familiari di un paziente morto per colpa medica, consistita nell’avergli consigliato di interrompere una terapia anticoagulante orale con conseguente ictus e suo decesso.
- Cosa si intende per ictus?
- Il caso trattato dal Tribunale di Lecce
- Dall’errore medico è derivata la morte o la perdita di chance di sopravvivenza?
- Il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale ai congiunti
- Ascolta la versione audio dell’articolo
Cosa si intende per ictus?
Ictus è un termine latino che significa “colpo” (in inglese stroke). Insorge, infatti, in maniera improvvisa: una persona in pieno benessere può accusare sintomi tipici che possono essere transitori, restare costanti o peggiorare nelle ore successive.
Quando si verifica un’interruzione dell’apporto di sangue ossigenato oppure uno stravaso di sangue in un’area dell’encefalo, si determina la morte delle cellule nervose di quell’area. Di conseguenza, le funzioni neurologiche controllate da quell’area (che possono riguardare il movimento di un braccio o di una gamba, il linguaggio, la vista, l’udito, l’equilibrio o altro) vengono perse.
Secondo il Ministero della Salute, in Italia l’ictus è la seconda causa di morte, dopo le malattie ischemiche del cuore, è responsabile del 9-10% di tutti i decessi e rappresenta la prima causa di invalidità. Solo il 25% dei pazienti sopravvissuti ad un ictus guarisce completamente, il 75% sopravvive con una qualche forma di disabilità, e di questi la metà è portatore di un deficit così grave da perdere l’autosufficienza.
L’ictus è più frequente dopo i 55 anni, la sua prevalenza raddoppia successivamente ad ogni decade; il 75% degli ictus si verifica nelle persone con più di 65 anni. La prevalenza di ictus nelle persone di età 65-84 anni è del 6,5% (negli uomini 7,4%, nelle donne 5,9%).
La definizione di ictus comprende:
- Ictus ischemico: si verifica quando un’arteria che irrora l’encefalo viene ostruita dalla formazione di una placca aterosclerotica e/o da un coagulo di sangue che si forma sopra la placca stessa (ictus trombotico) oppure da un coagulo di sangue che proviene dal cuore o da un altro distretto vascolare (ictus trombo-embolico). Circa l’80% di tutti gli ictus è ischemico.
- Ictus emorragico: si verifica quando un’arteria situata nell’encefalo si rompe, provocando così un’emorragia intracerebrale non traumatica (questa forma rappresenta il 15-20% di tutti gli ictus) oppure nello spazio sub-aracnoideo (l’aracnoide è una membrana protettiva del cervello; questa forma rappresenta circa il 3%-5% di tutti gli ictus). L’ipertensione è quasi sempre la causa di questa forma gravissima di ictus.
Bisogna inoltre ricordare l’attacco ischemico transitorio o TIA (Transient Ischemic Attack), che si differenzia dall’ictus ischemico per la minore durata dei sintomi (inferiore alle 24 ore, anche se nella maggior parte dei casi il TIA dura pochi minuti, dai 5 ai 30 minuti).
Il caso trattato dal Tribunale di Lecce
Dalla lettura della CTU il Tribunale trae un dilemma: atteso l’accertamento di una colpa medica nella sospensione della terapia in assenza delle condizioni che la potessero suggerire; atteso che la TAO consente di prevenire i trombi nel 60% dei casi (con una residua possibilità di un verificarsi un trombo per il 40% dei casi); atteso che il paziente è morto, tre mesi dopo la sospensione della TAO, in conseguenza di un trombo; tutto ciò premesso, si deve ritenere che l’errore nella sospensione della terapia anticoagulante abbia determinato il decesso del paziente (che, in costanza di terapia, non si sarebbe verificato) o abbia solo diminuito per questi le chance di sopravvivere?
Sul punto, varrà considerare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione, in tema di responsabilità civile (sia essa legata alle conseguenze dell’inadempimento di obbligazioni o di un fatto illecito aquiliano), la verifica del nesso causale tra la condotta omissiva e il fatto dannoso si sostanzia nell’accertamento della probabilità (positiva o negativa) del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno, riconosciuta alla condotta omessa, da compiersi mediante un giudizio controfattuale, che pone al posto dell’omissione il comportamento dovuto.
Tale giudizio deve essere effettuato sulla scorta del criterio del “più probabile che non“, conformandosi a uno standard di certezza probabilistica, che, in materia civile, non può essere ancorato alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi (c.d. probabilità quantitativa o pascaliana), la quale potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma (e, nel contempo, di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana).
Ciò premesso, nel caso di specie il paziente si trovava nella fase c.d. di prevenzione primaria volta ad ostacolare l’insorgenza della trombosi. In effetti, essa non si sarebbe verificata se vi fosse stata continuità nell’assunzione del farmaco “Coumadin”. Tutti i soggetti che sviluppano una trombosi vengono “collocati” nella prevenzione secondaria. Una volta effettuata la sospensione, il paziente è stato “catapultato” nella fase di prevenzione secondaria, ossia nella fase in cui la malattia si manifesta e bisogna impedirne la progressione. Pertanto, una volta venuto ad esistenza il trombo, la terapia che ne consegue, al fine di sciogliere il coagulo, ha una efficacia di circa il 64%.
Nel nostro caso, dunque, il paziente non avrebbe sviluppato il trombo qualora la terapia non fosse stata inopinatamente sospesa. Tuttavia, essendosi verificato tale evento, ne è conseguita la formazione trombotica che, pur trattata, risente dei limiti percentuali (64%) di efficacia (chance in questo senso), sopra descritti.
In ragione di quanto sopra, il Tribunale riconosce la responsabilità della struttura sanitaria e la sussistenza del nesso di causalità tra l’erronea sospensione della TAO e il decesso del paziente.
Dall’errore medico è derivata la morte o la perdita di chance di sopravvivenza?
Dalla lettura della CTU il Tribunale trae un dilemma: atteso l’accertamento di una colpa medica nella sospensione della terapia in assenza delle condizioni che la potessero suggerire; atteso che la TAO consente di prevenire i trombi nel 60% dei casi (con una residua possibilità di un verificarsi un trombo per il 40% dei casi); atteso che il paziente è morto, tre mesi dopo la sospensione della TAO, in conseguenza di un trombo; tutto ciò premesso, si deve ritenere che l’errore nella sospensione della terapia anticoagulante abbia determinato il decesso del paziente (che, in costanza di terapia, non si sarebbe verificato) o abbia solo diminuito per questi le chance di sopravvivere?
Sul punto, varrà considerare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione, in tema di responsabilità civile (sia essa legata alle conseguenze dell’inadempimento di obbligazioni o di un fatto illecito aquiliano), la verifica del nesso causale tra la condotta omissiva e il fatto dannoso si sostanzia nell’accertamento della probabilità (positiva o negativa) del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno, riconosciuta alla condotta omessa, da compiersi mediante un giudizio controfattuale, che pone al posto dell’omissione il comportamento dovuto.
Tale giudizio deve essere effettuato sulla scorta del criterio del “più probabile che non“, conformandosi a uno standard di certezza probabilistica, che, in materia civile, non può essere ancorato alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi (c.d. probabilità quantitativa o pascaliana), la quale potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma (e, nel contempo, di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana).
Ciò premesso, nel caso di specie il paziente si trovava nella fase c.d. di prevenzione primaria volta ad ostacolare l’insorgenza della trombosi. In effetti, essa non si sarebbe verificata se vi fosse stata continuità nell’assunzione del farmaco “Coumadin”. Tutti i soggetti che sviluppano una trombosi vengono “collocati” nella prevenzione secondaria. Una volta effettuata la sospensione, il paziente è stato “catapultato” nella fase di prevenzione secondaria, ossia nella fase in cui la malattia si manifesta e bisogna impedirne la progressione. Pertanto, una volta venuto ad esistenza il trombo, la terapia che ne consegue, al fine di sciogliere il coagulo, ha una efficacia di circa il 64%.
Nel nostro caso, dunque, il paziente non avrebbe sviluppato il trombo qualora la terapia non fosse stata inopinatamente sospesa. Tuttavia, essendosi verificato tale evento, ne è conseguita la formazione trombotica che, pur trattata, risente dei limiti percentuali (64%) di efficacia (chance in questo senso), sopra descritti.
In ragione di quanto sopra, il Tribunale riconosce la responsabilità della struttura sanitaria e la sussistenza del nesso di causalità tra l’erronea sospensione della TAO e il decesso del paziente.
Il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale ai congiunti
Per la quantificazione del risarcimento spettante ai familiari del paziente deceduto, il Tribunale di Lecce si rifà alla Tabella di Milano e quella di Roma, operando le opportune limature per consentire un risarcimento limitato al danno effettivamente patito.
Sulla base di tali dati, alla moglie, il danno è liquidato in € 285.000,00 (valorizzandosi, la persistente esistenza di familiari conviventi e non conviventi e l’età di vittima e danneggiato).
Al figlio che all’epoca conviveva con il padre il danno è liquidato in € 180.000,00 (valorizzandosi, anche la persistente esistenza di familiari conviventi e non conviventi e l’età di vittima e danneggiato).
Ai figli non conviventi vengono riconosciuti € 160.000,00 ciascuno.
Al nipote, di anni 13 al momento della morte del nonno, con cui era convivente, il danno è liquidato in € 50.000,00, mentre al nipote che aveva 2 anni al momento della morte del nonno, con cui non era convivente, il danno è liquidato in € 40.000,00; ad altri nipoti non conviventi che vedevano il nonno solo d’estate viene riconosciuta la somma di € 30.000.
Ai fratelli del defunto vengono infine riconosciuti importi tra 30 e 40mila euro.
Ascolta la versione audio dell’articolo
NOTA BENE: avvocaticollegati.it invita gli utenti interessati a promuovere azioni di risarcimento danni per responsabilità medico-sanitaria, a contattarci solo se il caso riguarda decessi o grandi invalidità. Si informa inoltre che, al fine di evitare azioni temerarie o meramente speculative, gli avvocati presteranno assistenza legale solo previa valutazione del caso da parte dei nostri consulenti medici, e solo ove questi ultimi abbiano effettivamente ritenuto sussistente una responsabilità-medico sanitaria.
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2 Comments
Buongiorno. Ma se il pubblico ministero prima registra con mod. 44 un esposto per decesso causato da malasanità nonostante vi siano scritti i nomi dei medici responsabili, poi comunica l’archiviazione. Si fa opposizione ed il giudice stabilisce di sentire nuovamente il CTU per chiarimenti sulla sua perizia. Il CTU risponde che è vero che i medici non hanno riconosciuto la malattia e non l’hanno curata causando la morte del paziente come relazionato dal CTP, tuttavia non li si può imputare di imperizia, per cui il giudice archivia definitivamente… è proprio impossibile arrivare al processo che sia civile o penale anche se i fatti dimostrano la colpa. Cosa si fa a questo punto? Si denuncia la Procura che archivia un reato dimostrato?
In ambito penale la responsabilità dei medici viene accertata secondo schemi più rigidi rispetto a quella civile, per cui può capitare che, ad una archiviazione in sede penale, non segua una esenzione di responsabilità del medico in ambito civile. La invito a prendere contatti con noi per una valutazione gratuita del caso. Cordiali saluti