
Errore diagnostico di patologia tumorale e ritardo nella cura
22/09/2023
Aggravamento di infortunio da lavoro per colpa medica
26/09/2023Con questo articolo riportiamo i principi della più nota giurisprudenza della Corte di Cassazione in punto di responsabilità professionale sanitaria, invitandovi a contattarci per ottenere il risarcimento dei danni subiti da voi o i vostri familiari per malasanità.
Rapporto ospedale - paziente
La responsabilità dell'ente ospedaliero nei confronti del paziente ha natura contrattuale, e può conseguire, ai sensi dell'art. 1218 cod. civ., oltre che all'inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, anche, ai sensi dell'art. 1228 cod. civ. disposizione con cui è stata estesa nell'ambito contrattuale la disciplina contenuta negli art. 2048 e 2049 cod. civ. (Cass. Civ., sez. III, civ., sez. III, 17 maggio 2001, n. 6756), all'inadempimento della prestazione medico - professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario (e ciò anche in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale (Cass. Civ., sez. III, civ., sez. III, 14 luglio 2004, n. 13066).
Sul piano processuale, in tema dì responsabilità civile nell'attività medico - chirurgica, le conseguenze scaturenti dai principi appena evidenziati sono da ravvisarsi nel fatto che il paziente che agisca in giudizio deducendo l'inesatto adempimento dell'obbligazione sanitaria deve provare il contratto o il "contatto sociale" ed allegare l'inadempimento del professionista, che consiste nell'aggravamento della situazione patologica del paziente o nell'insorgenza dì nuove patologie per effetto dell'intervento, restando a carico dell'obbligato - sia esso il sanitario o la struttura - la dimostrazione dell'assenza dì colpa e, cioè, la prova del fatto che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile (Cass. Civ., sez. III, civ., sez. III, 28 maggio 2004, n. 10297).
Con la precisazione, altresì, che, pur gravando sull'attore l'onere di allegare i profili concreti dì colpa medica posti a fondamento della proposta azione risarcitoria, tale onere non si spinge fino alla necessità di enucleazione e indicazione di specifici e peculiari aspetti tecnici di responsabilità professionale, conosciuti e conoscibili soltanto agli esperti del settore (Cass. civ., sez. III, civ., sez. III, 19 maggio 2004, n. 9471).
Nondimeno, a fronte dell'allegazione dell'attore di inadempimento od inesatto adempimento, a carico del sanitario, o dell'ente, resta sempre l'onere probatorio relativo sia al grado dì difficoltà della prestazione (Cass. civ., sez. III, civ., sez. III, 9 novembre 2006, n. 23918), sia all'inesistenza di colpa o di nesso causale; in proposito è stato anche di recente ribadito che è a carico del debitore (sanitario e/o ente) dimostrare che l'inadempimento non vi è stato o che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante (Cass. civ., sez. III, civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577; Cass. Civ., sez. III, civ., sez. III, 14 febbraio 2008, n. 3520).
In assenza di detta prova, sussiste la responsabilità del medico.
Contratto di spedalità e contatto sociale
Il paziente deve fornire la prova del titolo in forza del quale esercita l'azione risarcitoria nei confronti della struttura sanitaria.
In particolare, si è in presenza di un contratto atipico a prestazioni corrispettive (cosiddetto "contratto di spedalità"), che sì conclude all'atto dell'accettazione del paziente presso la struttura e da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del corrispettivo (da parte del paziente, dell'assicuratore ovvero del Servizio Sanitario Nazionale) insorgono, a carico della struttura sanitaria, accanto a quelli di tipo "latu sensu" alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico, nonché dì apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni o emergenze (cfr., all'uopo, anche Cass. Civ., sez. III, 14 giugno 2007, n. 13593, Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 2006, n. 1698; Cass. Civ., sez. III, 14 luglio 2004, n. 13066; Cass. Civ., sez. III, 8 gennaio 1999, n. 103).
Per quanto riguarda i medici operanti presso la struttura sanitaria pubblica, si tratta dì un'ipotesi dì cd. "contatto sociale", da intendersi, come chiarito dalla dottrina civilistica e dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, nel senso di rapporto socialmente tipico tra partì che, nonostante l'assenza di un contratto, è in grado di ingenerare l'affidamento dei soggetti sull'adempimento di obblighi diretti e specifici dì lealtà, collaborazione e dì salvaguardia dell'altrui sfera giuridica.
Presupposti per la configurabilità del contatto sociale sono:
1) una relazione tra sfere giuridiche, tale da far considerare la responsabilità aquiliana come insoddisfacente;
2) uno "status" professionale in capo al danneggiante, tale che possa configurarsi una "culpa in faciendo" prevista nell'ordinamento giuridico;
3) l'affidamento in capo al danneggiato che viene ingenerato sia dall'appartenenza del danneggiante ad una categoria professionale cd. "protetta" (cioè una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione da parte dello Stato: cfr., all'uopo, l'art. 348 c.p.), sia dalla situazione relazionale che si è previamente instaurata tra i due soggetti.
Ed invero, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, quanto sopra detto si verifica per l'operatore di una professione cd. protetta (cioè una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione da parte dello Stato, art. 348 c.p.), in particolare se detta professione abbia ad oggetto beni costituzionalmente garantiti, come avviene per la professione medica (che è il caso della fattispecie in esame), che incide sul bene della salute, tutelato dall'art. 32 Cost.
Invero a questo tipo di operatore professionale la coscienza sociale, prima ancora che l'ordinamento giuridico, non si limita a chiedere un non facere e cioè il puro rispetto della sfera giuridica di colui che gli si rivolge fidando nella sua professionalità, ma giustappunto quel facere nel quale si manifesta la perizia che ne deve contrassegnare l'attività in ogni momento (l'abilitazione all'attività, rilasciatagli dall'ordinamento, infatti, prescinde dal punto fattuale se detta attività sarà conseguenza di un contratto o meno).
In altri termini la prestazione (usando il termine in modo generico) sanitaria del medico nei confronti del paziente non può che essere sempre la stessa, vi sia o meno alla base un contratto d'opera professionale tra i due. Ciò è dovuto al fatto che, trattandosi dell'esercizio di un servizio di pubblica necessità, che non può svolgersi senza una speciale abilitazione dello Stato, da parte di soggetti di cui il "pubblico è obbligato per legge a valersi" (art. 359 c.p.), e quindi trattandosi di una professione protetta, l'esercizio di detto servizio non può essere diverso a seconda se esista o meno un contratto.
La pur confermata assenza di un contratto, e quindi di un obbligo di prestazione in capo al sanitaria dipendente nei confronti del paziente, non è in grado di neutralizzare la professionalità (secondo determinati standard accertati dall'ordinamento su quel soggetto), che qualifica ab origine l'opera di quest'ultimo, e che si traduce in obblighi di comportamento nei confronti di chi su tale professionalità ha fatto affidamento, entrando in "contatto" con lui.
Proprio gli aspetti pubblicistici, che connotano l'esercizio di detta attività, comportano che esso non possa non essere unica da parte del singolo professionista, senza possibilità di distinguere se alla prestazione sanitaria egli sia tenuto contrattualmente o meno.
L'esistenza di un contratto potrà essere rilevante solo al fine di stabilire se il medico sia obbligato alla prestazione della sua attività sanitaria (salve le ipotesi in cui detta attività è obbligatoria per legge, ad es. art. 593 c.p., Cass. civ., sez. III, pen. 10.4.1978, n. 4003, Soccardo).
Da tutto ciò consegue che la responsabilità dell'ente gestore del servizio ospedaliero e quella dei dipendenti hanno entrambe radice nell'esecuzione non diligente o errata della prestazione sanitaria da parte del medico, per cui, accertata la stessa, risulta contestualmente accertata la responsabilità a contenuto contrattuale di entrambi (qualificazione che discende non dalla fonte dell'obbligazione, ma dal contenuto del rapporto)." (cfr., all'uopo, Cass. civ., sez. III, civ., sez. III, 22 gennaio 1999, n. 589).
Peraltro, così ricostruita la fattispecie, la struttura sanitaria certamente risponde, in via contrattuale, non solo delle obbligazioni direttamente poste a proprio carico (servizio alberghiero, attrezzature, eccetera), ma anche dell'opera svolta dai propri dipendenti ovvero ausiliari (personale medico e paramedico), secondo lo schema proprio dell'art. 1228 cod. civ..
Ad ulteriore precisazione di quanto precede, si ritiene che li positivo accertamento della responsabilità dell'istituto postuli pur sempre la colpa del personale esecutore dell'attività che si assume illecita, non potendo detta responsabilità affermarsi in assenza di colpa, poiché l'art. 1228 del Codice Civile presuppone, comunque, un illecito colpevole dell'autore immediato del danno (cfr., in tal senso, anche Cass. civ., sez. III, civ., sez. III, 13 marzo 2007, n. 5846); e che, nella eventuale situazione di incertezza sulla sussistenza dì colpa, della stessa deve giovarsi il creditore - paziente e non certo il debitore - medico (cfr. Cass. civ., sez. III, 4 marzo 2004, n. 4400).
Come si accerta se vi è stata colpa medica
Occorre stabilire:
a) se vi è nesso causale tra le eventuali azioni od omissioni della convenuta e l'evento lesivo;
b) se la condotta della struttura sanitaria pubblica è stata conforme alle leges artis ed alla diligenza dell"'homo eiusdem generis et condicionis".
L'accertamento del nesso causale è passaggio logicamente e cronologicamente precedente all'accertamento della colpa, in quanto solamente qualora sia dimostrato che la condotta attiva od omissiva del sanitario sia stata causa dell'evento lesivo subito dal paziente, è possibile procedere ad accertare se questa condotta sia contraria alle leges artis.
È necessario, in altri termini, stabilire, nel caso di specie, se le lesioni lamentate dall'attore siano eziologicamente collegabili alla condotta del personale medico ausiliario della struttura sanitaria pubblica convenuta, il nesso di causalità materiale tra condotta ed evento è quello per cui ogni comportamento antecedente (prossimo, intermedio, remoto) che abbia generato, o anche solo contribuito a generare l'evento, deve considerarsi "causa" dell'evento stesso.
La valutazione dì questo nesso, sotto il profilo della dipendenza dell'evento dai suoi antecedenti fattuali, va compiuta secondo criteri di probabilità scientifica.
Anche nell'illecito civile, quindi, la cosiddetta causalità materiale trova disciplina negli artt. 40 e 41 cod. pen., ossia nel criterio della “conditio sine qua non” riempito di contenuto dalla teoria della sussunzione sotto leggi scientifiche.
Come da ultimo chiarito dal Supremo Organo di nomofilachia, insomma, il nesso di causalità materiale, tra condotta ed evento lesivo, anche nella responsabilità da illecito civile, deve essere accertato secondo i principi penalistici dì cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., per cui un evento è causato da un altro se non si sarebbe verificato in assenza del secondo.
Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha ulteriormente precisato come una causalità materiale non sia sufficiente per avere una causalità giuridicamente rilevante, la quale impone di attribuire rilievo, secondo la teoria della regolarità causale o della causalità adeguata, con cui va integrata la teoria della "candirla sine qua non", a quei soli accadimenti che, al momento In cui sì produce l'evento causante il danno, non siano Inverosimili e imprevedibili, secondo un giudizio "ex ante" (di cosiddetta "prognosi postuma"), da ricondurre al momento della condotta e da effettuare secondo le migliori conoscenze scientifiche disponibili (cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. III, civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 581).
Come chiarito dalle Sezioni Unite Civili della Suprema Corte, però, pur essendo gli stessi i principi che regolano il procedimento logico - giuridico ai finì della ricostruzione del nesso causale, ciò che muta tra il processo penale e quello civile è la regola probatoria, in quanto nel primo vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio", mentre, nel secondo, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non" (cfr., al riguardo, la già citata Cass. civ., sez. III, civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 581).
In materia civile, quindi, l'accertamento della causalità materiale richiede una certezza di natura eminentemente probabilistica. Ed invero, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, il nesso causale fra il comportamento del medico e il pregiudizio subito dal paziente è configurabile qualora, attraverso un criterio necessariamente probabilistico, si ritenga che l'opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto serie ed apprezzabili probabilità dì evitare il danno verificatasi (cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. III, civ., sez. III, 17 gennaio 2008, n. 867; Cass. cív., sez. III, civ., sez. III, 23 settembre 2004, n. 19133).
Risulta, dunque, necessario accertare che il comportamento diligente e perito del sanitario avrebbe avuto la probabilità di prevenire o elidere le conseguenze dannose concretamente verificatesi. Probabilità, ovviamente, non meramente statistica, ma di natura logico - razionale.
Deve ritenersi sussistente un valido nesso causale tra la condotta colposa del sanitario e l'evento lesivo, in conclusione, allorché, se fosse stata tenuta la condotta diligente, prudente e perita, l'evento dannoso non sì sarebbe verificato: giudizio da compiere non sulla base di calcoli statistici o probabilistici, ma unicamente sulla base di un giudizio dì ragionevole verosimiglianza, che va compiuto alla stregua degli elementi di conferma (tra cui soprattutto l'esclusione di altri possibili e alternativi processi causali) disponibili in relazione al caso concreto.
Affidati ai nostri avvocati e medici legali per casi di malasanità
avvocaticollegati.it è un gruppo di avvocati e medici legali che si occupa di risarcimento danni da malasanità dal 2004 ed è presente sia online, tramite il nostro sito, sia nelle principali città italiane, dove si trovano gli studi dei nostri avvocati fondatori e degli avocati affiliati.
Ti invitiamo a contattarci tutti i giorni, anche durante il fine settimana, per avere un primo parere e per far visionare la cartella clinica del tuo caso di malasanità dai nostri consulenti medici.
NOTA BENE: avvocaticollegati.it invita gli utenti interessati a promuovere azioni di risarcimento danni per responsabilità medico-sanitaria, a contattarci solo se il caso riguarda decessi o grandi invalidità. Si informa inoltre che, al fine di evitare azioni temerarie o meramente speculative, gli avvocati presteranno assistenza legale solo previa valutazione del caso da parte dei nostri consulenti medici, e solo ove questi ultimi abbiano effettivamente ritenuto sussistente una responsabilità-medico sanitaria.
© avvocaticollegati.it