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10/09/2021Il caso
Il caso di cui parliamo con questo articolo riguarda le lesioni riportate da un giovane paziente che, nell’aprile 2011, dopo aver riportato una lussazione dell’anca, a seguito di incidente in moto, veniva sottoposto in ospedale dai medici ortopedici a riduzione di lussazione a cui seguivano subito dopo le dimissioni febbre, dolori, crampi ai piedi.
Per tali motivi il paziente veniva di nuovo ricoverato e sottoposto ad intervento chirurgico di riduzione cruenta di frattura con fissazione esterna e quindi dimesso con diagnosi di “lussazione traumatica anca sinistra con frattura della parete posteriore del cotile e paralisi di sciatico prevalente sulla componente spe”.
A seguito di visita domiciliare da parte di uno specialista ortopedico al paziente veniva diagnosticata una “paralisi del nervo sciatico” prevalente sulla componente SPE. Di conseguenza egli veniva sottoposto in una clinica privata ad intervento chirurgico di trasposizione tendinea della caviglia sx e della gamba sinistra, all’esito del quale insorgeva deiscenza della ferita chirurgica, trattata con antibiotico-terapia.
Il quadro clinico si stabilizzava nel maggio 2012, con gravi postumi permanenti, che il paziente imputava, per il danno iatrogeno differenziale, alla condotta dei medici dipendenti dell’ospedale.
La legge applicabile: Decreto Balduzzi o Legge Gelli-Bianco?
Il caso è stato trattato dal Tribunale di Rimini con sentenza n. 350 del 07.04.2121.
Il Tribunale intanto svolgere alcune premesse circa l’inquadramento giuridico della responsabilità sanitaria, materia che è stata interessata da due recenti interventi riformatori: dapprima la L. n. 189 del 08/11/2012, di conversione del D.L. n. 158 del 13/09/2012 (c.d. decreto Balduzzi) e successivamente la L. n. 24 del 08/03/2017 (c.d. legge Gelli-Bianco).
Quest’ultimo intervento normativo ha introdotto significative novità circa la natura della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, lasciando invece immutata la responsabilità contrattuale della struttura ospedaliera. L’art. 7, comma 3, della legge n. 24/2017 ha, infatti, espressamente previsto che, nei casi previsti dai commi 1 e 2 dello stesso art. 7 (riferibili ai medici dipendenti di strutture sanitarie pubbliche o private, ovvero che operino in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale), <<l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 c.c., tranne che nei casi in cui abbia agito nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale assunta con il paziente>>.
Sulla base del principio generale, secondo il quale la legge non dispone che per l’avvenire (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale), <<a tale disposizione non può tuttavia essere riconosciuta efficacia retroattiva>>, non trattandosi di norma di interpretazione autentica e non essendo prevista alcuna disposizione di diritto intertemporale (si vedano Cass., sez. III, 11.11.2019, n. 28994: ‘In tema di responsabilità sanitaria, le norme poste dagli artt. 3, comma 1, del d.l. n. 158 del 2012, convertito dalla legge n. 189 del 2012, e dall’art. 7, comma 3, della legge n. 24 del 2017, non hanno efficacia retroattiva e non sono applicabili ai fatti verificatisi anteriormente alla loro entrata in vigore’; nella giurisprudenza di merito Trib. Bologna Sentenza n. 2054/17, est. Arceri; Trib. Roma, sez. XIII, 04/10/2017).
Quanto alla disciplina previgente, l’articolo 3, comma 1, della L. 189/2012 prevedeva che <<l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo>>.
Al riguardo, il Tribunale di Rimini ritiene di aderire all’orientamento maggioritario, sostenuto anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 19.02.2013 n. 4030; Cass. 17.04.2014, n. 8940; interpretazione confermata, da ultimo, da Cass., sez. III, 11.11.2019, n. 28994), secondo il quale:
<<il riferimento all’art. 2043 c.c., contenuto nell’art. 3 comma 1 del Decreto Balduzzi, non ha mutato i connotati salienti della responsabilità medica in ambito civile, che resta, sia per quanto riguarda il sanitario che ha operato, sia per ciò che riguarda la struttura sanitaria, di natura contrattuale>>.
Responsabilità contrattuale e onere della prova
Dall’identificazione della responsabilità oggetto di causa quale responsabilità contrattuale consegue che, <<ai fini del riparto dell’onere probatorio, il paziente danneggiato potrà limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o del contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia e ad allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo invece a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante>> (si vedano, ex multis, Cass., S.U., 11.01.2008, n. 577; Cass., 16.01.2009, n. 975; Cass., 12.12.2013, n. 27855; Cass., 26.02.2013, n. 4792; Cass., 20.10.2014 n. 22222; Cass., 20.10.2015, n. 21177, Cass 13.10.2017 n. 24073).
L’attore danneggiato è, dunque, esonerato dal provare la negligenza del sanitario, potendosi limitare ad allegare condotte imperite attive od omissive del medico, quali species dell’inadempimento degli obblighi assunti con il contatto sociale ovvero con il contratto di spedalità (anche di recente Cass., sezione III, n. 26517 del 9.11.2017 ha ribadito che: <<in tema di responsabilità medica non è onere dell’attore provare la colpa del medico, ma è onere di quest’ultimo provare di avere tenuto una condotta diligente>>).
Il danno iatrogeno
Nel merito il caso viene analizzato dal Consulente Tecnico d’Ufficio nominato dal Tribunale che ha osservato che la lesione del nervo sciatico, parziale nella componente tibiale e totale nella componente peroneale, si è verosimilmente prodotta durante l’atto riduttivo e la successiva trazione a letto, per effetto della compressione da parte di un frammento o perché imprigionato nel focolaio di frattura, evenienze che non hanno permesso al nervo di scorrere durante le manovre.
Il CTU quindi ha concluso che è ragionevolmente ipotizzabile, tenendo conto della differente suscettibilità ai traumi da parte delle varie componenti del nervo ischiatico, che in caso di intervento ortopedico tempestivamente eseguito e corredato di esplorazione-liberazione del nervo, il danno residuale potesse essere attenuato di circa la metà ma non risolto completamente per persistenza di una parte della sofferenza dello sciatico popliteo esterno.
Vi è quindi un danno alla salute meglio specificato come DANNO IATROGENO, ossia un pregiudizio alla salute del paziente, causato da responsabilità medico-sanitaria, che ha per effetto l’aggravamento di una lesione già esistente.
Come si calcola il danno iatrogeno
La quantificazione del danno alla salute del paziente deve avvenire con un criterio differenziale, dal momento che, nella determinazione del grado di invalidità permanente, devono escludersi quei postumi che si sarebbero comunque manifestati, anche in assenza dell’errore medico.
Tale differenza dovrà essere calcolata non sul grado di invalidità permanente, ma sui relativi valori monetari, in particolare sottraendo, dal risarcimento dovuto per il danno effettivamente residuato in corpore, il valore monetario dell’invalidità che sarebbe comunque residuata in caso di tempestiva cura (in termini Cassazione civile sez. III, 31.05.2018, n.13765).
L’operazione sopra illustrata si giustifica in quanto il valore monetario del punto di invalidità cresce più che proporzionalmente rispetto al crescere dell’invalidità. Pertanto, se il calcolo del danno differenziale avvenisse sottraendo dal grado percentuale di invalidità permanente effettivamente residuato il grado percentuale di invalidità permanente che sarebbe residuato in assenza di colpa del medico, la conversione in termini monetari della lesione alla salute avverrebbe senza tenere conto che il surplus di invalidità ascrivibile all’intervento del medico si è innestato non su una situazione di validità preesistente, ma su una situazione già compromessa.
Quindi al paziente viene riconosciuto un risarcimento danni per lesione della salute di € 216.000,00.
Risarcimento danno da incapacità lavorativa specifica
Il paziente, prima dei fatti per cui è causa, lavorava come operaio con redditi netti di circa € 15.000,00 nel 2010 (anno precedente al sinistro), e dopo i fatti di cui trattasi veniva licenziato per inidoneità fisica alle mansioni.
Il CTU dott. To. nella propria relazione ha concluso che ‘relativamente all’attività lavorativa di operaio dell’industria, eminentemente fisica, la disabilità neurogena si estrinseca sotto il profilo menomante limitatamente alla sola componente conseguente alla paralisi del nervo sciatico popliteo esterno, a cui le tabelle INAIL associano una invalidità del 22%. Per la ragioni esposte in precedenza di questa solo la metà è attribuibile in capo ai sanitari del presidio ospedaliero di Riccione: un’invalidità specifica permanente in misura del 11% è attribuibile al carente trattamento chirurgico’.
Quindi, a causa dell’invalidità riportata il paziente ha perso la capacità di svolgere le mansioni di operaio a cui prima era addetto, mentre allo stato è disoccupato ed è incerto che possa reperire una diversa occupazione consona al proprio livello di scolarità (licenza media) e alle proprie attitudini.
Il danno da lucro cessante da lui subito deve essere a questo punto distinto, da un lato, nel danno patito nel periodo intercorrente tra la data del licenziamento e quella della presente liquidazione e, dall’altro lato, nel danno futuro, coincidente con il reddito verosimilmente perduto.
Quanto alla prima voce di danno, può ritenersi verosimile che il Tu., se non si fosse verificato il danno, avrebbe continuato a svolgere il lavoro di operaio, percependo circa € 15.000,00 netti all’anno.
Su tale somma andrà applicata la percentuale di invalidità riconducibile all’errato trattamento chirurgico (11%), da cui si ricava la somma di € 1.650,00, che dovrà essere riconosciuta per un periodo di nove anni, per un totale di € 14.850,00.
Per quanto riguarda il danno futuro, occorre calcolare il reddito verosimilmente perduto e moltiplicarlo per un adeguato coefficiente di capitalizzazione (così Cass. 16913/2019: Il danno patrimoniale futuro da perdita della capacità lavorativa specifica, in applicazione del principio dell’integralità del risarcimento sancito dall’artt. 1223 c.c., deve essere liquidato moltiplicando il reddito perduto per un adeguato coefficiente di capitalizzazione, utilizzando quali termini di raffronto, da un lato, la retribuzione media dell’intera vita lavorativa della categoria di pertinenza, desunta da parametri di rilievo normativi o altrimenti stimata in via equitativa, e, dall’altro, coefficienti di capitalizzazione di maggiore affidamento, in quanto aggiornati e scientificamente corretti, quali, ad esempio, quelli approvati con provvedimenti normativi per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali oppure quelli elaborati specificamente nella materia del danno aquiliano).
Nel caso specie, il reddito perduto di € 1.650,00 annui deve essere moltiplicato, come affermato da Cass., n. 20615/15, per il coefficiente di capitalizzazione adottato dal Consiglio Superiore della Magistratura ed allegati agli Atti dell’Incontro di studio per i magistrati, svoltosi a Trevi il 30 giugno – 1 luglio 1989 (in Nuovi orientamenti e nuovi criteri per la determinazione del danno, Quaderni del CSM, 1990, n. 41, pp. 127 e ss.): applicando un coefficiente pari a € 27,3942, avuto riguardo all’età del danneggiato al momento della liquidazione (33 anni), si ottiene un importo totale di € 45.200,43.
Il danno totale alla capacità lavorativa specifica viene quindi quantificato dal Tribunale in € 60.050,43.
Chiedi anche tu il risarcimento danni per malasanità
Se anche tu hai subito lesioni al nervo sciatico per colpa medico-sanitaria, rivolgiti ad avvocaticollegati.it, per avere a disposizione avvocati preparati che potranno richiedere il risarcimento di tutti i danni che ti spettano.
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5 Comments
Salve, sono un ragazzo di 35 anni che a seguito di un intervento di rimozione esostosi Posteriormente al ginocchio destro accuso immobilità del piede destro , adesso a distanza di 30 giorni dall’intervento non riesco a dorsiflettere il piede e tibiale destro causando l’impossibilità di svolgere tutte le più attività giornaliere che prima normalmente svolgevo come camminare guidare o salire le scale
Mi sono rivolto al medico che mi ha operato che mi rassicura la completa ripresa entro sei mesi ma ho deciso di rivolgermi ad un legale per cautelarmi Spero portiate aiutarmi grazie
Gent. Giuseppe,
può contattarci per assistenza, grazie.
Credo di avere subito un danno a seguito intervento , danno al nervo sciatico
Buongiorno Valentina, la invitiamo a prendere contatti con noi per una valutazione della cartella clinica. Cordiali saluti
Salve, lo. scorso 02..02 2023 ho subito presso la Clinica Villa Betania in Roma un intervento di riposizione d’ anca
sostituzione della precedente che fu installata nel lontano 07.01.1998 da un’altro MD . L’intervento al mese della chirurgia subì una lussazione.
Fu ridotto in modo incruento manualmente e posto un tutor per 7 settimane. Dimissioni dalla Villa Betania il 14.04.2023
A distanza ormai di 4 mesi abbondanti dall’ intervento. ho una lesione al nervo femorale posteriore , diagnosticato da un medico del dolore .
Dolore intenso dal gluteo , fascia lata fino al ginocchio DX , arto operato
Refrattario ad ogni terapia .
Intendo procedere contro cattiva malpractice del medico operante
Dr Fioravanti Cinci, Direzione della Clínica Villa Betania e il Dr Mathew Giordano superiore del Dr Fioravanti Cinci . Mi illustrino i pass necessari per procedere , ringrazio sentitamente e porgo i miei migliori saluti CARLO GIGLIO