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18/11/2023Una trattativa immobiliare può essere gestita anche tramite un’agenzia immobiliare che, ove l’affare venga concluso, avrà diritto di chiedere una provvigione al promittente venditore e al promittente acquirente.
Vediamo allora quando si può considerare concluso (o non concluso) un affare immobiliare, e poi trattiamo il caso specifico della trattativa immobiliare che si sviluppi tramite un c. d. contratto preliminare di preliminare, considerato che, in questo caso, secondo la recente sentenza n. 31431 del 13 novembre 2023 della Corte di Cassazione Civile Sezione III, la provvigione non è dovuta.
La provvigione è dovuta solo a conclusione dell’affare
Ai sensi dell’art. 1755 del codice civile, il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti se l'affare è concluso per effetto del suo intervento.
Quindi, se le parti si sono rivolte ad una agenzia immobiliare per una compravendita e l’affare è stato concluso grazie all’intervento del mediatore, quest’ultimo avrà diritto ad un compenso, detto provvigione, che sarà pagato da tutte e due le parti e, ove non previamente concordato nel suo ammontare, sarà stabilito in base a tariffe professionali, o ad usi, o determinato dal giudice secondo equità.
Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l'affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all'art. 2932 del codice civile, ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato (così si è espressa la Corte di Cassazione Civile Sez. VI con sentenza n. 28879/2022).
Se il contratto è sottoposto a condizione sospensiva, il diritto alla provvigione sorge nel momento in cui si verifica la condizione.
Se il contratto è sottoposto a condizione risolutiva, invece, il diritto alla provvigione non viene meno col verificarsi della condizione. Ciò vale anche quando il contratto è annullabile o rescindibile, ma solo se il mediatore non conosceva la causa d'invalidità.
Cosa si intende per preliminare di preliminare
Il cosiddetto contratto preliminare di preliminare si è sviluppato prevalentemente nel settore immobiliare e può essere definito come l’accordo con cui le parti (promittente venditore e promittente acquirente) si impegnano a proseguire le trattative tramite più fasi che porteranno alla stipula di un contratto preliminare.
Quindi, all’interno di un primo contratto preliminare (in cui si mettono per iscritto le condizioni base della compravendita), viene previsto che seguirà un ulteriore contratto preliminare (in cui meglio saranno precisati altri dettagli per la compravendita) che, a sua volta, prevederà modi e tempi per giungere al contratto pubblico di compravendita davanti al notaio.
Si tratta quindi di una scrittura contenente l’impegno delle parti a stipulare un successivo contratto preliminare di compravendita.
Non dovuta la provvigione per il preliminare di preliminare
Con la sentenza n. 31431 del 13 novembre 2023, la Corte di Cassazione ha stabilito che "il c. d. preliminare di preliminare, pur essendo vincolo valido ed efficace se rispondente ad un interesse meritevole di tutela delle parti, risulta idoneo unicamente a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dell'affare, senza abilitare le parti medesime ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all'art. 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato e, conseguentemente, non viene a costituire un affare idoneo, ex artt. 1754 e 1755 c. c., a fondare il diritto alla provvigione in capo al mediatore che abbia messo in contatto le parti medesime".
Vediamo i motivi della decisione con cui la Corte ha fatto un lungo esame dei vari orientamenti giurisprudenziali per poi decidere con il suddetto principio.
I motivi della decisione
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 4628 del 6/03/2015, ha escluso che sia nulla per difetto di causa la stipulazione di un contratto preliminare di preliminare, ossia di un accordo in virtù del quale le parti si obblighino a concludere un successivo contratto che preveda anche solamente effetti obbligatori (e con l'esclusione dell'esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento), dovendosi ritenere tale stipulazione valida ed efficace ove sia configurabile un interesse delle parti, meritevole di tutela, ad una formazione progressiva del contratto, fondata su una differenziazione dei contenuti negoziali, e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare.
Il principio enunciato dalle Sezioni Unite - poi ribadito da Cass. Sez. 2 - Sentenza n. 26484 del 17/10/2019 - ha successivamente costituito la base per la successiva enunciazione del per cui anche una proposta di acquisto integrante "preliminare di preliminare" può far sorgere il diritto alla provvigione integrando quella conclusione dell'affare, che costituisce, appunto, fonte del diritto del mediatore alla corresponsione della provvigione (Cass. Sez. 6 - 2, Sentenza n. 24397 del 30/11/2015; Cass. Sez. 3 - Sentenza n. 923 del 17/01/2017).
Con la sentenza che stiamo commentando, tuttavia, la Corte di Cassazione rileva che tale approdo è stato oggetto di un successivo ripensamento, a far tempo dalla sentenza Cass. Sez. 2 - n. 30083 del 19/11/2019, la quale ha invece affermato che, ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, l'affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all'art. 2932 c. c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato, dovendosi, conseguentemente, escludere il diritto alla provvigione qualora tra le parti si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dell'affare, come nel caso in cui sia stato stipulato un cd. "preliminare di preliminare", in quanto quest'ultimo, pur essendo di per sé stesso valido ed efficace, ove sia configurabile un interesse delle parti meritevole di tutela, non legittima, tuttavia, la parte non inadempiente ad esercitare gli strumenti di tutela finalizzati a realizzare, in forma specifica o per equivalente, l'oggetto finale del progetto negoziale abortito, ma soltanto ad invocare la responsabilità contrattuale della parte inadempiente per il risarcimento dell'autonomo danno derivante dalla violazione, contraria a buona fede, della specifica obbligazione endoprocedimentale contenuta nell'accordo interlocutorio.
Detta decisione è stata seguita da una nutrita serie di decisioni che si sono poste sulla medesima scia (Cass. Sez. 6- 2, Ordinanza n. 8879 del 5/10/2022, massimata, e le decisioni non massimate Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 7781 del 2020; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 39377 del 2021; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 15559 del 2022; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22012 del 2023, ma va anche richiamato il precedente "ante Sezioni Unite" costituito da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24445 del 21/11/2011), determinandosi, quindi, la formazione di un orientamento - ormai diventato essenzialmente uniforme - contrario al riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione nel caso di conclusione di un mero "preliminare di preliminare".
Ebbene, con la sentenza che stiamo commentando la Corte ritiene che il secondo e più recente indirizzo giurisprudenziale appena sintetizzato meriti ulteriore conferma, dovendosi, quindi, ribadire il principio per cui il c.d. "preliminare di preliminare", pur essendo vincolo valido ed efficace se rispondente ad un interesse meritevole di tutela delle parti, risulta idoneo unicamente a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dell'affare, senza abilitare le parti medesime ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all'art. 2932 c. c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato e, conseguentemente, non viene a costituire un "affare" idoneo, ex artt. 1754 e 1755 c. c., a fondare il diritto alla provvigione in capo al mediatore che abbia messo in contatto le parti medesime.
La Corte infatti premette, in primo luogo, che la sentenza delle Sezioni Unite n. 4628/2015, che pure ha costituito il riferimento sul quale le successive pronunce sono venute a misurarsi, nell'escludere la nullità per difetto di causa del "preliminare di preliminare", non si e', tuttavia, specificamente occupata del profilo della idoneità di tale forma di pattuizione a fondare il diritto alla provvigione in capo al mediatore che abbia messo in contatto le parti poi addivenute alla conclusione dell'intesa stessa.
E', invece, significativo, che le Sezioni Unite, nel loro analitico percorso di ricostruzione della questione operato con la citata sentenza, abbiano reiteratamente richiamato l'esigenza concreta che si pone alla base di tali forme di accordo, e cioè quella di "riservare il consenso vincolante, sottomesso all'esecuzione coattiva, a verifiche che sono da valutare soggettivamente", in una situazione che "può essere sintomatica del fatto che le parti hanno consapevolezza che la situazione non è matura per l'assunzione del vincolo contrattuale vero e proprio", individuando in tale esigenza la causa in concreto della variegata tipologia di fattispecie tratteggiate dalle stesse Sezioni Unite e riconducibili alla figura del "preliminare di preliminare".
Altrettanto significativo è il richiamo operato in tale sentenza a quella dottrina che riconduce al "preliminare di preliminare" non un obbligo di contrarre - come invece avviene nel caso del contratto preliminare vero e proprio - bensì un obbligo di contrattare, la cui violazione le stesse Sezioni Unite ritengono sanzionabile, in quanto contraria a buona fede, come responsabilità da inadempimento di un'obbligazione di natura contrattuale per rottura di un rapporto assunto nella fase precontrattuale.
Emerge, quindi, in modo univoco dall'arresto delle Sezioni Unite che il "preliminare di preliminare", pur se valido ove fondato su interessi meritevoli di tutela, si presenta come mezzo per dilatare la fase temporale anteriore all'assunzione di un vincolo alla cui violazione possa reagirsi con l'azione ex art. 2932 c. c. - o, in alternativa, con una domanda risarcitoria volta ad ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata conclusione del negozio programmato - e, quindi, come mezzo per procrastinare l'assunzione di un impegno pienamente vincolante.
Dal "preliminare di preliminare", infatti, viene a scaturire il solo vincolo a non interrompere, violando la clausola generale di buona fede e correttezza, l'ulteriore trattativa finalizzata a pervenire alla definizione completa dell'operazione negoziale, pena l'insorgere di un obbligo meramente risarcitorio per violazione di un'obbligazione riconducibile alla terza delle categorie elencate dall'art. 1173 c. c..
Passando, ora all'esame dell'originario orientamento favorevole al riconoscimento della provvigione anche in presenza di un "preliminare di preliminare", si deve rilevare, in primo luogo, che la decisione Cass. Sez. 6 - 2, Sentenza n. 24397 del 30/11/2015 non può essere considerata effettiva affermazione di tale principio, sebbene la stessa risulti massimata in tal senso.
Infatti, l'esame della motivazione evidenzia che la fattispecie oggetto della decisione era, in realtà, un vero e proprio contratto preliminare e che il riferimento al "preliminare di preliminare" si è sostanziato in un sostanziale obiter (introdotto da un eloquente "senza dire che..." che ben palesa il carattere meramente additivo dell'argomentazione), peraltro ancorato alla mera affermazione del carattere "vincolante" di tale figura (senza specificare in quali termini) sulla scia della decisione delle Sezioni Unite.
Appena più incisivo appare il precedente di Cass. Sez. 3 - Sentenza n. 923 del 17/01/2017, il quale, da un lato, parte sempre dal principio affermato dalla Sezioni Unite con la sentenza n. 4628/2015, per poi procedere sinteticamente sia al richiamo, appunto, dell'appena ricordata Cass. Sez. 6 - 2, Sentenza n. 24397 del 30/11/2015 sia all'affermazione, questa sì, ulteriore, per cui anche il "preliminare di preliminare" viene a costituire una operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, come tale qualificabile nei termini di "affare" che fonda il diritto del mediatore alla provvigione.
In conclusione, i precedenti appena esaminati, per i caratteri sin qui evidenziati, paiono inidonei ad integrare un orientamento dotato di pieno vigore, dal momento che vengono a basarsi entrambi su un precedente - quello della decisione delle Sezioni Unite n. 4628/2015 - che, come visto, non si è pronunciato direttamente sul tema qui in rilievo, e che compiono un passo ulteriore che invece nelle stesse Sezioni Unite non trova diretto fondamento.
Diversa appare l'impostazione delle successive decisioni della Corte, che invece risultano aver operato un più analitico confronto con quelli che potevano essere i riflessi della sentenza delle Sezioni Unite n. 4628/2015 sulla specifica posizione del mediatore.
Del tutto condivisibile, in particolare, risulta l'affermazione della richiamata Cass. Sez. 2 - Sentenza n. 30083 del 19/11/2019, nel momento in cui la stessa viene a subordinare il sorgere del diritto del mediatore alla provvigione "non già all'atto della stipula di un accordo a contenuto essenzialmente preparatorio, non idoneo a vincolare ambo le parti né ad assicurare alla parte non inadempiente l'accesso alla tutela di cui all'art. 2932 c.c., bensì soltanto a regolamentare il successivo svolgimento del procedimento formativo del contratto definitivo programmato", e ciò perché la stessa si allinea pienamente con quella che, come visto in precedenza, ha costituito l'approdo effettivo della pronuncia delle Sezioni Unite n. 4628/2015, e cioè valorizzare le fattispecie di formazione progressiva e "multifase" del negozio, escludendo quindi l'automatica nullità del "preliminare di preliminare", senza tuttavia pervenire all'ulteriore esito di conferire a questa figura valenza equiparabile quella della conclusione di un consenso vincolante, sottoposto, in caso di inadempimento, ad esecuzione coattiva oppure all'azione risarcitoria estesa all'intero danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile contemplato dal contratto.
Quello che in particolare non convince del diverso orientamento tratteggiato in precedenza è il fatto che lo stesso ha indirettamente riferito alla decisione delle Sezioni Unite n. 4628/2015 una equiparazione del "preliminare di preliminare" ad un contratto pienamente vincolante - come il preliminare o il definitivo - che invece le Sezioni Unite non risultano aver in alcun modo affermato, ed anzi hanno sostanzialmente negato, riconoscendo, sì, la validità del "preliminare di preliminare", ove correlato ad interessi delle parti meritevoli di tutela, ma attribuendo al medesimo uno status che risulta comunque distinto da quello di un contratto pienamente compiuto e vincolante.
Sembra, allora, evidente che la figura del "preliminare di preliminare", per come individuata e descritta dall'arresto delle SU del 2015, venga comunque a porsi al di fuori di quella "conclusione dell'affare" cui l'art. 1755 c.c. subordina l'insorgenza del diritto del mediatore alla provvigione, dal momento che se, da un lato, è vero che questa Corte ha adottato una interpretazione quanto mai ampia del concetto "affare", riconducendovi qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, è anche vero, dall'altro lato, che tale operazione economica deve comunque ricollegarsi ad un contratto in grado di produrre pienamente gli effetti dalle parti medesime convenzionalmente programmati, e non ad un'intesa, quale appunto il "preliminare di preliminare", che - come chiarito dalle stesse Sezioni Unite - viene comunque a produrre un mero vincolo di natura precontrattuale a carattere prodromico.
Si deve, del resto, osservare che, conducendo l'orientamento da cui qui si dissente alle sue ulteriori conseguenze, dovrebbe pervenirsi alla conclusione per cui sussiste il diritto del mediatore alla provvigione anche nell'ipotesi in cui - pur in assenza di quel "preliminare di preliminare", grazie al quale la prosecuzione delle trattative diviene espressamente e pattiziamente oggetto di una obbligazione - la trattativa tra le parti messe in contatto dal mediatore sia comunque giunta ad uno stadio tale da determinare, in caso di rottura ingiustificata delle trattative, l'insorgenza di un obbligo risarcitorio per responsabilità precontrattuale oppure anche nell'ipotesi in cui le parti siano pervenute alla conclusione di una mera puntuazione, ipotesi, quest'ultima, nella quale invece questa Corte ha espressamente escluso il diritto del mediatore alle provvigione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 667 del 18/01/2012; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13067 del 14/07/2004).
Fermo, quindi, il consolidato principio di questa Corte per cui il diritto del mediatore alla provvigione consegue alla conclusione dell'affare, inteso come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti che abiliti ciascuna delle parti ad agire per l'esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno, detto principio deve essere coerentemente declinato nel senso di negare la possibilità di qualificare come "affare" concluso la mera conclusione di una intesa, come il "preliminare di preliminare", la quale, in caso di inadempimento, legittima - come già rimarcato - la parte non inadempiente non ad agire per l'esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno, bensì per il risarcimento del danno derivante dalla mancata prosecuzione delle trattative, e quindi dalla violazione dell'"obbligo a contrattare.
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