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17/11/2023Il Tribunale di La Spezia, con sentenza n. 686 del 29 novembre 2021 emessa dal giudice dott. Gabriele Romano, ha riconosciuto a genitori e figlio un risarcimento di più di 1milione e 500mila euro per colpa medica per danni da asfissia del neonato durante il parto.
I medici che hanno assistito al parto, infatti, non hanno valutato le complicanze insorte durante il travaglio, tanto che si verificava un distacco di placenta e il feto subiva una grave asfissia da cui derivava una encefalopatia ipossico-ischemica.
Se anche tu o un tuo familiare avete subito un caso di malasanità nella gestione del parto, potete rivolgervi ai nostri avvocati e consulenti medico legali e specialisti in ginecologia ed ostetricia per una valutazione della cartella clinica e una richiesta di risarcimento dei danni subiti dal neonato e dai familiari.
Indice
Errata gestione delle complicanze insorte in travaglio
Con ricorso per accertamento tecnico preventivo i genitori di un minore, sia in proprio che in nome e per conto del figlio, esponevano che, in occasione della sua nascita, avvenuta in data 4 settembre 2012 presso il Reparto di Ostetricia e Ginecologia dell'Ospedale Sant'Andrea della Spezia, le condizioni della gestante si erano manifestate preoccupanti sin dai minuti seguenti il parto, a causa di imponente emorragia successivamente ricollegata a setticemia.
Parimenti gravi si manifestavano sin da subito le condizioni di salute del piccolo bambino, che a poche ore dalla nascita veniva dimesso dal reparto di Pediatria Neonatale del Presidio Ospedaliero S. Andrea con diagnosi di "asfissia grave alla nascita, arresto respiratorio, aspirazione di meconio con sintomi respiratori", ciò che rendeva necessario il suo trasferimento presso la Unità Operativa di Rianimazione Neonatale e Pediatrica dell'Istituto "Gaslini" di Genova.
Gli esami eseguiti nei giorni seguenti portavano alla diagnosi di "Encefalopatia ipossico-ischemica grave" e setticemia, con conseguenti ulteriori ricoveri e visite specialistiche, che confermavano il grave quadro clinico.
La perizia ha riconosciuto la sussistenza di profili di colpa in capo ai sanitari operanti presso la struttura convenuta ed il nesso di causa tra le omissioni addebitate ed in danni riscontrati in capo al minore, evidenziando quanto segue.
Nel caso di specie le complicanze insorte in travaglio: liquido amniotico tinto di meconio tipo M2- M3 e tachisistolia associata ad anomalie della frequenza cardiaca fetale raccomandavano di procedere tempestivamente alla tocolisi a seguito della quale in genere la frequenza cardiaca del feto si normalizza in 5 minuti, e quando non si normalizza occorre ricorrere al taglio cesareo, per prevenire la prevedibile perniciosa complicanza rappresentata dal distacco intempestivo della placenta.
Infatti la tachisistolia o ipercontrattilità uterina secondo la superata terminologia è responsabile del 35% dei casi di distacco di placenta.
Il distacco di placenta o abruptio placentae (AP) ha determinato l'immediato arresto degli scambi materno-fetali evoluto in una condizione di rapida e drammatica sofferenza fetale che è esitata nell'asfissia grave fetale con associata sindrome da aspirazione di meconio, evoluta nell'encefalopatia ipossico-ischemica (EII) patita dal neonato.
Il perito concludeva quindi ritenendo che le condotte dei sanitari nell'assistenza al parto sono state improntate a imprudenza e negligenza per non aver riconosciuto tempestivamente la tachisistolia uterina e aver omesso il suo appropriato trattamento con farmaci tocolitici, che inibendo le contrazioni favoriscono sia l'ossigenazione fetale permettendo una rianimazione intrauterina sia l'ossigenazione dell'utero.
La tachisistolia in sinergia con il liquido amniotico tinto di meconio (M2-M3) associato all'oligoidramnios hanno concausato il distacco intempestivo di placenta: evento da ritenersi prevedibile e prevenibile.
Il distacco di placenta ha determinato l'arresto degli scambi materno-fetali seguito da rapida e drammatica sofferenza fetale per asfissia grave presente alla nascita con associata sindrome da aspirazione di meconio.
Asfissia feto-neonatale evoluta nell'encefalopatia ipossico-ischemica a sua volta esitata in encefalopatia multicistica, che ha avuto come risultato finale consolidato un danno neurologico caratterizzato da Microcefalia, Tetraparesi con prevalenza i segni piramidali ed Epilessia sintomatica.
Il danno subito dal neonato veniva quantificato in misura pari al 90% della totale integrità psicofisica.
Nel corso della successiva causa di merito, a seguito di parziale rinnovazione della CTU, è stato ribadito che l'atteggiamento attendista dei sanitari dell'ospedale S. Andrea di La Spezia abbia concorso in maniera preminente nel determinismo del danno patito dal bambino.
Nel caso specifico il nascituro ha dovuto sopportare a lungo gli effetti di un distacco prematuro della placenta unitamente agli effetti ipossici della tachisistolia uterina e dell'aspirazione post natale di meconio.
Laddove fosse stata posta in essere la condotta dimostrata omessa (effettuazione in primis di un tentativo farmacologico con tocolitici per ridurre la frequenza di contrazione uterina con successivo ricorso, almeno mezz'ora prima del parto, al taglio cesareo) sarebbe stato atteso un carico lesionale di portata inferiore (se non addirittura pressoché assente stante la decisiva comparsa del distacco di placenta altrimenti evitabile) rispetto a quella accertata (paralisi cerebrale infantile caratterizzata da grave cerebropatia, epilessia, assenza del linguaggio e di attività motoria finalizzata degli arti, abolizione deambulatoria e necessità di nutrizione enterale ed aspirazione delle secrezioni bronchiali per alterato riflesso della tosse) con conseguenti minori/assenti necessità assistenziali.
Il danno biologico e morale subito dal bambino
Il Tribunale, ritenuta provata la responsabilità medica ed il nesso causale con i danni subiti da minore, procede alla quantificazione del risarcimento.
In applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano 2021 (trattandosi di c.d. lesioni macropermanenti), tenuto conto dell'età del danneggiato alla data del sinistro (neonato) e della percentuale di invalidità permanente riconosciuta (90%), il danno non patrimoniale del minore viene stabilito nella somma di euro 1.107.038,00 (comprensiva dell'incremento per danno morale, stante l'elevato grado di sofferenza psicofisica correlato ai disagi complessivamente patiti per una situazione di disabilità che necessita di interventi terapeutici pressoché quotidiani).
Il danno da incapacità lavorativa futura del minore
Passando all'esame della domanda di risarcimento del danno patrimoniale, i genitori hanno lamentato un danno da incapacità lavorativa assoluta a carico del minore, essendo l'entità delle complicanze insorte tale da impedirgli lo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa futura.
Per costante giurisprudenza, in caso di illecito lesivo dell'integrità psico-fisica della persona, il diritto al risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante non può farsi discendere in modo automatico dall'accertamento dell'invalidità permanente, poiché esso sussiste solo se tale invalidità abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica.
Il danno derivante dalla perdita di capacità lavorativa specifica richiede un giudizio prognostico sulla compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della persona.
Un danno patrimoniale risarcibile può essere legittimamente riconosciuto anche a favore di persona che, subita una lesione, si trovi al momento del sinistro senza un'occupazione lavorativa e, perciò, senza reddito, in quanto tale condizione può escludere il danno da invalidità temporanea, ma non anche il danno futuro collegato all'invalidità permanente che - proiettandosi appunto per il futuro - verrà ad incidere sulla capacità di guadagno della vittima, al momento in cui questa inizierà a svolgere un'attività remunerata.
Questo danno, infatti, si ricollega, con ragionevole certezza, alla riduzione della capacità lavorativa specifica conseguente alla grave menomazione cagionata dalla lesione patita e va liquidato in aggiunta rispetto a quello del danno biologico riguardante il bene della salute, potendosi procedere alla sua quantificazione anche in via equitativa, tenuto conto dell'età della vittima stessa, del suo ambiente sociale e della sua vita di relazione.
Ciò posto, nel caso di specie il Tribunale ritiene che la documentazione medica in atti sia sufficiente a provare la perdita di capacità lavorativa assoluta del minore, atteso che la gravità dei danni accertati dai CTU renderà sicuramente il minore, in futuro, inabile allo svolgimento di qualsivoglia attività produttiva di reddito.
Per la liquidazione del danno, il calcolo risarcitorio non può ancorarsi, nella specie, ai consueti elementi di previsione obiettivi quali le aspirazioni del danneggiato, il suo percorso di studi, le sue inclinazioni ecc., essendosi l'evento verificato a carico di un bambino appena nato.
In tal caso, si può ricorrere, in via equitativa, al criterio del triplo della pensione sociale, applicando il coefficiente di capitalizzazione stabilito per una persona dell'età di 23 anni (età media di inizio del lavoro in Italia), presumendosi che, in assenza dell'evento lesivo, a detta età il danneggiato avrebbe concluso il ciclo di studi, inserendosi nel mondo del lavoro.
Quanto ai coefficienti da utilizzare, la Suprema Corte ha osservato che il danno permanente da incapacità di guadagno non può essere liquidato in base ai coefficienti di capitalizzazione approvati con r.d. n. 1403 del 1922, i quali, a causa dell'innalzamento della durata media della vita e dell'abbassamento dei saggi di interesse, non garantiscono l'integrale ristoro del danno, e con esso il rispetto della regola di cui all'art. 1223 c.c..
Per ovviare a tale inconveniente, la Cassazione suggerisce di adottare i coefficienti di capitalizzazione approvati con provvedimenti normativi vigenti per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali, come pure i coefficienti elaborati dalla dottrina per la specifica materia del risarcimento del danno aquiliano: a mero titolo indicativo, quelli diffusi dal Consiglio Superiore della Magistratura ed allegati agli Atti dell'Incontro di studio per i magistrati, svoltosi a Trevi il 30 giugno - 1 luglio 1989.
Seguendo le indicazioni della Corte di Cassazione, nel caso di specie si ottiene quindi il seguente conteggio: triplo della pensione sociale annua (euro 17.950,92), moltiplicato per il coefficiente di capitalizzazione all'età di 23 anni (31,3685: v. Quaderni CSM cit.) = euro 563.093,43, meno 20% di scarto vita fisica - lavorativa = euro 450.474,75.
Il risarcimento subito dai genitori per lesione del rapporto parentale
Infine, gli attori hanno richiesto il risarcimento iure proprio del danno morale per le sofferenze patite in seguito all'esito infausto del parto, con conseguenze inaspettate per la salute del loro piccolo.
A tale proposito, la giurisprudenza è solita riconoscere che il fatto illecito, costituito dalle gravissime lesioni patite dal congiunto, dà luogo ad un danno non patrimoniale presunto, consistente nella conseguenze pregiudizievoli sul rapporto parentale, allorché colpisce soggetti legati da uno stretto vincolo di parentela, restando irrilevante, per l'operare di detta presunzione, la sussistenza di una convivenza tra gli stretti congiunti e la vittima del sinistro.
Tale danno, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall'altrui illecito, non può essere riconosciuto in re ipsa, ma va dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta.
In particolare, il giudice è tenuto a verificare, in base alle evidenze probatorie acquisite, se sussistano uno o entrambi i profili di cui si compone l'unitario danno non patrimoniale subito dal prossimo congiunto e, cioè, l'interiore sofferenza morale soggettiva e quella riflessa sul piano dinamico - relazionale, nonché ad apprezzare la gravità ed effettiva entità del danno in considerazione dei concreti rapporti col congiunto, anche ricorrendo ad elementi presuntivi quali la maggiore o minore prossimità del legame parentale, la qualità dei legami affettivi (anche se al di fuori di una configurazione formale), la sopravvivenza di altri congiunti, la convivenza o meno col danneggiato, l'età delle parti ed ogni altra circostanza del caso.
Nella specie, le esaminate risultanze delle CTU medico legali esperite consentono di ritenere provata l'addebitabilità alla convenuta del danno biologico patito dal congiunto.
Quanto alla prova del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale, la gravità delle lesioni sofferte dal figlio, unitamente all'elevato numero di interventi ai quali il predetto si è dovuto e si dovrà sottoporre, inducono a ritenere presuntivamente provato sia il danno morale soggettivo subito dai genitori, sub specie di sofferenza interiore patita dagli stessi, sia lo sconvolgimento delle loro abitudini di vita, necessariamente modificate per poter aiutare il congiunto.
Tenuto conto degli elementi suindicati, il danno in esame viene equitativamente liquidato dal Tribunale di La Spezia nell'importo richiesto in ricorso, pari ad euro 200.000,00 per ciascun genitore.
Chiedi un parere ai nostri consulenti specialisti in ginecologia ed ostetricia
Nei casi di malasanità come quello che abbiamo trattato con questo articolo è necessario avvalersi, oltre che di avvocati e medici legali esperti, anche di medici specialisti in ginecologia ed ostetricia che sappiano valutare la cartella clinica del parto ed individuare in cosa è costituita la colpa dei medici dell’ospedale o della clinica privata in cui è avvenuto il parto.
Lo specialista in ginecologia ed ostetricia ricopre un ruolo fondamentale nell’esame della vicenda, perché sarà il primo professionista che ci darà un parere positivo o negativo sul caso affrontato.
Solo se lo specialista rinverrà una responsabilità medica ed il nesso causale con i danni subiti dal neonato e i genitori, seguirà anche la valutazione del medico legale che andrà a stimare i danni secondo determinate tabelle.
Per un parere sul tuo caso di malasanità puoi contattarci tutti i giorni, anche durante il fine settimana, tramite uno dei tanti canali che trovi indicati nel nostro sito: telefono, email, WhatsApp, video consulenza!
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Si informa inoltre che, al fine di evitare azioni temerarie o meramente speculative, gli avvocati presteranno assistenza legale solo previa valutazione del caso da parte dei nostri consulenti medici, e solo ove questi ultimi abbiano effettivamente ritenuto sussistente una responsabilità medico-sanitaria.
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2 Comments
Durante il parto mio figlio è rimasto con il cordone ombelicale attorcigliato al collo e ha riportato asfissia. E’ nato sordo e dovrà portare per sempre un apparecchio acustico. Posso richiedere il risarcimento? E’ nato il 22 aprile 2021. PEr favore fatemi sapere come devo fare perchè abbiamo subito un’ingiustizia!!!!
Cara Anna Maria, comprendo il dolore per quanto accaduto. Per valutare se c’è stata responsabilità dei medici prima, durante o dopo il parto, deve richiedere copia della cartella clinica e poi, quando ne sarà in possesso, contattarci per far valutare il caso ai nostri consulenti specialisti in ginecologia ed ostetricia