
Mancata diagnosi di appendicite e decesso del paziente
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24/10/2023Il Tribunale di Piacenza, con sentenza n. 653 del 22 dicembre 2022, ha affrontato un caso di malasanità e nello specifico un caso di peritonite non trattata tempestivamente, ossia una infiammazione della membrana sierosa che riveste i visceri e la cavità addominale.
Riportiamo i passi salienti della sentenza e invitiamo chi ha perso un familiare per colpa medica a contattare i nostri avvocati e medici legali per valutare se ci sono i presupposti per procedere con una richiesta di risarcimento di tutti i danni subiti, sia personalmente dal paziente finchè è stato in vita, sia dai suoi familiari per perdita del rapporto parentale.
I fatti: 5 anni di sofferenza per peritonite non trattata
Ne luglio 2011 veniva diagnosticato alla sig.ra Ma un adenocarcinoma del giunto retto-sigma, a cui seguiva un intervento chirurgico di resezione anteriore del retto, con confezionamento di una ileostomia temporanea, che si svolgeva nel mese di dicembre.
Seguiva una colonscopia e un clisma opaco, nel cui referto di legge: “la colonna di contrasto idrosolubile raggiunge il cieco senza incontrare ostacoli; regolare la canalizzazione; non si apprezzano significative stenosi organiche. Se. di colon irritabile.
Si consiglia comunque per la diagnosi di eventuali lesioni eteroplastiche, l'esecuzione o di un clisma opaco con solfato di bario, a doppio contrasto, o eventualmente una colonscopia”.
Successivamente la paziente veniva ricoverata per esser sottoposta all'intervento di ricanalizzazione e nel diario assistenziale veniva annotato che la paziente presentava sin da subito forti dolori addominali e nausea, sempre in aumento, tanto che le condizioni peggioravano e la paziente veniva spostata in rianimazione e sottoposta a vari esami/controlli.
A marzo 2012, con colpevole ritardo, veniva eseguita una TAC addominale, che evidenziava un “quadro di peritonite diffusa da deiscenza della pregressa anastomosi colorettale”; la paziente veniva, quindi, sottoposta a quattro interventi chirurgici nelle successive due settimane e fra un intervento e l'altro la ferita all'addome veniva lasciata aperta.
Nonostante ciò, la situazione non migliorava e anzi si verificava anche la riacutizzazione di una grave depressione (per la quale la paziente veniva ripetutamente seguita da psichiatri e psicologo di sostegno);
A maggio la paziente presentava una fistola retto-cutanea, che veniva trattata con endosponge/medicazioni transanali non risolutive; il trattamento con medicazioni endoanali si protraeva per diversi mesi e la sig.ra Ma. veniva dimessa a giugno, dopo oltre sei mesi di ricovero ospedaliero;
A luglio 2023, a causa della persistenza della fistola e per proseguire il trattamento con endosponge e gel piastrinico posizionati per via transanale, la paziente veniva nuovamente ricoverata e poi dimessa dopo due mesi.
Dopo un nuovo ricovero nel gennaio 2013 per posizionamento della medicazione e iniziale riformazione dell'ascesso, a marzo la sig.ra Ma. veniva sottoposta a intervento di ricanalizzazione della colostomia; anche in questa evenienza il decorso fu particolarmente accidentato e la procedura complessa.
Ad agosto 2015 la sig.ra Ma. veniva ricoverata per una assunzione incongrua del medicinale usato per l'insonnia e dimessa il poco dopo con diagnosi di stato ansioso depressivo anche con aspetti reattivi.
A marzo 2016 la sig.ra Ma. veniva ricoverata con diagnosi di trasferimento di “Apical balloning, occlusione intestinale …”; i referti evidenziavano quadro clinico e radiologico di occlusione intestinale da briglie e dolore addominale, per cui veniva ipotizzato un ulteriore intervento chirurgico addominale, visto l'aggravarsi del quadro clinico; poi veniva emessa diagnosi di “occlusione intestinale ricorrente” e, ad aprile, di “perforazione intestinale”.
La vicenda si concludeva alla fine di aprile allorchè si verificava il decesso della sig.ra Ma., in quadro di severo decadimento organico, alterata continenza, grave alterazione della parete addominale e gravissima condizione aderenziale in paziente operata per peritonite stercoracea.
La perizia medico legale conferma la responsabilità medica
La perizia disposta nel procedimento per A. T. P. che ha preceduto la causa davanti al Tribunale di Piacenza di cui stiamo trattando, ha accertato quanto segue.
Nel caso di evidenza di patologie neoplastiche, come quella che affliggeva l'interessata, dopo terapia adiuvante si rimuove chirurgicamente il tessuto tumorale e si confeziona una ileostomia temporanea (temporanea in quanto successivamente viene ripristinata chirurgicamente la normale canalizzazione intestinale); prima dell'intervento chirurgico di “ricanalizzazione” è necessario assicurarsi della guarigione dell'anastomosi colica: per tale motivo, oltre ai rilievi clinico-laboratoristici, sono utili esami quali clisma opaco e colonscopia; in assenza di anomalie, si procede con l'intervento.
Nel caso di specie, l'intervento chirurgico di “ricanalizzazione” veniva eseguito a carico di una paziente per la quale non furono riconosciuti i segni della mancata guarigione di una precedente anastomosi per imperizia, imprudenza e negligenza; l'esecuzione di tale intervento su un terreno non idoneo ha portato ad una peritonite che non è stata prontamente riconosciuta e che è stata trattata in ritardo; tale ritardo ha irrimediabilmente compromesso il quadro, causando una serie di complicazioni ed alterazioni che hanno comportato la necessità di sottoporre la paziente per mesi (e poi anni) a numerose ed anche invasive azioni diagnostico/terapeutiche, fino al decesso della stessa che è stato etichettato pacificamente come una morte addominale.
Secondo i periti, la paziente, nel tempo intercorso tra le lesioni e la morte, ha certamente avuto la possibilità di apprezzare se stessa e la propria esistenza come vulnerate e compromesse.
Pertanto, l'intervento eseguito nel dicembre 2011 di rimozione della massa tumorale fu correttamente eseguito, tant'è che la massa tumorale non veniva più rilevata né si riformava successivamente.
L'errore medico fu – prima - quello di sottoporre la paziente all'intervento di ricanalizzazione nel marzo del 2012, senza svolgere tutti gli accertamenti necessari a verificare la piena guarigione dell'anastomosi colica.
L'errore medico fu – poi - quello di sottovalutare i dolori addominali / nausea della paziente nel periodo postoperatorio e nel procedere ad ulteriori analisi con ritardo, tant'è che la TAC addominale in data 22.3.2012 evidenziava un “quadro di peritonite diffusa da deiscenza della pregressa anastomosi colorettale”.
Tali negligenze causavano una serie di complicanze: la sig.ra Ma. doveva sottoporsi a quattro interventi chirurgici nelle successive due settimane (sempre con la ferita all'addome lasciata aperta), le compariva una fistola retto-cutanea che imponeva ulteriori interventi e medicazioni transanali non risolutive, subiva un decadimento organico con perdita di peso ponderale di 35 chili, le veniva diagnosticato uno stato ansioso depressivo con prescrizione di psicofarmaci, tentava il suicidio, presentava un'occlusione intestinale da briglie che si aggravava sino a giungere ad una perforazione intestinale e al decesso della paziente, in un quadro di severo decadimento organico, alterata continenza, grave alterazione della parete addominale e gravissima condizione aderenziale.
L'errore medico fu, dunque, la causa della protratta ospedalizzazione della sig.ra Ma. nonché nel suo decesso nell'anno 2016.
Il risarcimento trasmesso agli eredi
La causa di cui trattasi è stata promossa dai familiari della paziente morta per ottenere, sia iure hereditatis il risarcimento dei danni sofferti da quest’ultima finchè è stata in vita, sia i danni subiti iure proprio per perdita del rapporto parentale.
In merito ai primi, il Tribunale afferma che, considerando solo la parte corrispondente ai periodi di danno temporaneo che non si sarebbero sostanziati in caso di corretto trattamento, il danno biologico temporaneo si prospetta come segue: danno biologico temporaneo totale per complessivi mesi 20 (venti), parziale al 75% per complessivi mesi 5, al 50% per complessivi mesi 2, al 25% per mesi 2.
Ciò posto, il Tribunale di Piacenza liquida tale danno applicando le Tabelle Milanesi del 2021 che prevedono il valore standard per il danno biologico pari ad € 99 giornalieri (di cui € 72 per danno biologico/dinamico e € 27 per danno da sofferenza soggettiva interiore media presumibile), sicché si determina un danno biologico terminale complessivamente pari a € 74.992,50.
Tale danno viene ulteriormente aumentato del 25% a titolo di personalizzazione, stante le allegate e provate gravi sofferenze fisiche e psichiche della sig.ra Ma., che ha dovuto subire numerosi interventi (peraltro particolarmente dolorosi anche in considerazione della sede ove si sono svolti), nel giro di poco tempo e con molte complicanze, ha perso 35 chili di peso ponderale, ha sofferto di un grave stato ansioso depressivo, ha tentato il suicidio, ha perso la sua autonomia di vita.
Ne consegue che il danno biologico terminale con l'aumento del 25% ammonta ad € 93.740,62.
Quanto al danno morale termine, il Tribunale di Piacenza osserva che questo può configurarsi solo dal marzo 2016 al decesso, in quanto solo durante questo lasso di tempo la sig.ra Ma. avvertiva l'ineluttabile approssimarsi della propria fine; mentre, tale sentimento non accompagnava certo la sig.ra Ma. all'inizio della vicenda clinica (ossia nel dicembre 2011), per quanto tormentata e dolorosa.
Ne consegue che il danno morale terminale va equitativamente liquidato in € 3.000 giornalieri per i primi tre giorni di agonia e per i restanti giorni vanno applicati i valori delle Tabelle Milanesi, sicché l'importo complessivo da riconoscere a titolo di danno morale terminale ammonta a € 41.035,00 (pari a 42 giorni totali).
Il risarcimento iure proprio degli eredi
Per la liquidazione del risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, il Tribunale di Piacenza ricorre alle tabelle elaborate dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, in data 29 giugno 2022, con il documento intitolato “Criteri orientativi per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da perdita del rapporto parentale- Tabelle integrate a punti - Edizione 2022”.
All'applicazione di tali tabelle non osta né che l'evento si sia verificato prima dell'entrata in vigore delle stesse né che il giudizio sia stato incardinato anteriormente, in quanto le tabelle costituiscono un mero criterio orientativo dell'equità del giudice finalizzato ad evitare decisioni frutto di pure arbitrio; tant'è che la Suprema Corte ha stabilito che il giudice deve usare le tabelle vigenti al momento della decisione.
Ebbene, in virtù delle suddette tabelle, viene riconosciuto agli eredi un risarcimento di somme che vanno dai 48.000 ai 260.000 euro.
NOTA BENE: avvocaticollegati.it invita gli utenti interessati a promuovere azioni di risarcimento danni per responsabilità medico-sanitaria, a contattarci solo se il caso riguarda decessi o grandi invalidità. Si informa inoltre che, al fine di evitare azioni temerarie o meramente speculative, gli avvocati presteranno assistenza legale solo previa valutazione del caso da parte dei nostri consulenti medici, e solo ove questi ultimi abbiano effettivamente ritenuto sussistente una responsabilità medico-sanitaria.
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