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28/09/2023Il paziente deve essere seguito dai medici anche dopo cure o interventi chirurgici, secondo un programma di visite ed esami fino alla completa guarigione detto “follow up”.
Se tu o un tuo familiare avete riportato un aggravamento della malattia perché non siete stati seguiti adeguatamente dai medici dopo le cure, potete ottenere il risarcimento dei danni tramite una perizia medico legale dei nostri consulenti medici e l’assistenza dei nostri avvocati!
Con questo articolo riportiamo uno dei vari casi di malasanità per omesso follow up, ed in particolare quello trattato dal Tribunale di Pavia con sentenza n. 502 del 17.04.2023 che ha riconosciuto un risarcimento di 90mila euro, a titolo di danno iatrogeno, a un paziente mal curato dopo un intervento per cataratta tanto da aver perso la vista da un occhio.
I fatti: perdita della vista dopo intervento per cataratta
Il Tribunale fa propria l'attenta ricostruzione fatta dai c.t.u. in sede di accertamento tecnico preventivo degli eventi che occorsero al paziente allorché fu preso in cura presso le due strutture convenute e reputa che vi sia stata una colposa gestione del paziente, fonte di danno per il medesimo.
In particolare, sulla base della documentazione medica esaminata e nel contraddittorio con i consulenti delle parti, nel corso dell'accertamento tecnico ex art. 696 bis c.p.c. che ha preceduto questo giudizio i c.t.u. hanno evidenziato quanto segue.
Il 20 novembre 2017 nel corso di una visita oculistica effettuata con il Dott. Fr. Sa. presso la Casa di Cura OMISSIS, viene riscontrato calo visivo progressivo, opacità cortico- nucleare del cristallino, visus occhio destro (VOD) 2-3/10 -0.50 -0.50 (100), visus occhio sinistro 2/10 -1.25 -0.75 (105). Tonometria bilateralmente 16 mmHg, Fondo oculare bilateralmente papilla ottica normoescavata, Note di angiosclerosi. Disomogeneità maculare. Viene consigliato intervento chirurgico bilaterale per cataratta, prima in OS.
L'11 dicembre 2017 viene ricoverato presso la Casa di Cura, ove viene sottoposto ad intervento chirurgico per cataratta in occhio sinistro in anestesia topica eseguito dal dott. Sa.. Il referto dell'intervento così recita: “OS doppia disinfezione oculare con iodopovidone 5%. Tunnel corneale. Capsuloressi curvilineacontinue sotto viscoelastico, idrodissezione. Facemulsificazione, durante la quale si apprezza rottura della capsula posteriore. Si esegue vitrectomia anteriore automatizzata. Si decide di lasciare il paziente afachico e di effettuare un impianto secondario di lente nel solco. Sutura del tunnel con punto in nylon 10/0. Aprokam in camera anteriore”. .... La terapia alla dimissione consiste di una associazione antibiotico cortisone 4 volte al giorno per due settimane.
12 dicembre 2017. Al 1° controllo del 12.12.2017 postoperatorio (dott. Sa.) si evidenzia “OS edema corneale. Residui lenticolari in camera anteriore. Afachia chirurgica, tono OS digitalmente +, fondo non esplorabile per la opacità dei mezzi”.
18 dicembre 2017. Il giorno 18.12.2017 viene eseguita dal dott. Sa. sull'occhio sinistro una biomicroscopia corneale (documento riportato nella relazione medico-legale di parte ricorrente), che evidenzia la presenza in occhio sinistro di una cellularità endoteliale di 2703 cell/mm2 (nella norma) documentata da immagine in cartella, ed una tomografia ottica (OCT) non eseguibile in OS per l'opacità dei mezzi, l'immagine di OD è in cartella.
20 dicembre 2017. Viene pertanto nuovamente ricoverato il giorno 20 dicembre 2017 presso l'Istituto OMISSIS per impianto secondario di lente intraoculare in occhio sinistro in anestesia locale, eseguito dal dott. Sa.. L'esame obiettivo all'ingresso evidenzia “in OS punto di sutura, edema corneale e pieghe corneali profonde, residui lenticolari in camera anteriore, tono digitalmente +, fondo non esplorabile per opacità dei mezzi, visus occhio sinistro: percezione luce”.... Il referto operatorio così recita: “OS doppia disinfezione perioculare ed oculare con iodopovidone al 10% e al 5% per 5 minuti. OS tunnel corneale. Iniezione di Viscoat in camera anteriore.
Aspirazione di masse lenticolari residue con cannula a due vie. Vitrectomia anteriore automatizzata. Impianto di IOL nel solco sotto Provisc. Aspirazione viscoleastico, idrosutura e Aprokam in CA”. La terapia alla dimissione consiste di una associazione antibiotico cortisone 4 volte al giorno per due settimane in maniera identica al primo ricovero. Non è disponibile il referto di una eventuale visita di controllo del giorno successivo.
27 dicembre 2017. Il 27.12.2017 il Ma. viene successivamente controllato presso lo stesso Istituto dal dott. Sa.. Il referto riporta: “Segmento anteriore occhio sinistro. Fine edema corneale con pieghe endoteliali. Pseudofachia chirurgica. Segmento posteriore. Occhio sinistro. Per quanto esplorabile emorragia retinica al polo posteriore. Si richiede ecografia bulbare”.
28 dicembre 2017. Il giorno successivo 28.12.2017 si reca pertanto presso la U.O. Oculistica dell'Ospedale di OMISSIS (dott. Ca.) sulla base del cui referto viene proposto ricovero ospedaliero per intervento di vitrectomia per asportazione masse catarattose in camera vitrea. Il referto della visita recita: VOS percezione luminosa senza proiezioni. Tono occhio sinistro: 10. Segmento anteriore OS edema corneale, IOL, male esplorabile. Segmento posteriore OS: emorragia massiva al polo posteriore e periferia retinica. Massa catarattose bianche imbevute nella periferia inferiore. Conclusioni: possibile occlusione della vena centrale della retina con masse catarattose nella periferia inferiore. Retina piana (vedi eco). Consiglio vitrectomia per asportazione cataratta. Prognosi visiva estremamente incerta”.
10 gennaio 2018. Alcuni giorni dopo, il 10.01.2018, viene pertanto ricoverato, presso la U.O. Oculistica dell'Ospedale di OMISSIS con la seguente diagnosi: “OS frammenti di cristallino in CV, distacco di retina con aree di necrosi retinica, esiti di occlusione della vena centrale della retina”, e sottoposto ad intervento in OS. All'ingresso il visus era di percezione luce e l'esame obiettivo di OS evidenziava quanto segue: Segmento Anteriore. Edema corneale, pseudofachia, miosi. Fondo Oculare: esiti di occlusione della vena centrale retinica, masse catarattose nella periferia inferiore, distacco di retina inferiore fino all'arcata temporale, macula on, si evidenziavano masse essudative parapapillari. Viene sottoposto a intervento in OS in tale data. Il referto operatorio così recita: “Reperti: IOL in camera posteriore sublussata, distacco di retina sett. inferiori con macula on, aree di necrosi retinica, emorragie al polo posteriore e peripapillari, essudazione lipidica bianca peripapillare, masse catarattose in camera vitrea sul nervo ottico e nel settore inferiore. Miosi pupillare, edema corneale. Intervento: Medicazione pre e post intervento con iodiopovidone 5% per 3 minuti, vitrectomia vai pars plana 20G, dilatatori iridei, aspirazione di masse catarattose in camera vitrea, scambio BSS-PFCL, shaving del vitreo residuo, retinotomia settore temporale, endolaser in corrispondenza della retinotomia e 180° inferiori, scambio PFCL-aria-PDMS, suture, C+B”. La lettera di dimissione recita: “Motivo del ricovero. OS frammenti di cristallino in camera vitrea, distacco di retina con aree di necrosi retinica, esiti di occlusione della vena centrale della retina. Diagnosi. OS frammenti di cristallino in camera vitrea; distacco di retina con aree di necrosi retinica; esiti di occlusione della vena centrale della retina. Terapia alla dimissione. Netildex collirio per 4 volte sino al controllo, Ciclolux collirio per 3 volte sino al controllo. Optive fusion più volte in caso di sensazione di corpo estraneo. In cartella è presente immagine ecografica oculare.
22 febbraio 2018. Il paziente viene ulteriormente ricoverato con diagnosi di “OS PDMS in camera vitrea” ed operato di “OS rimozione PDMS via PP, asportazione di membrana infiammatoria in camera anteriore, 3 scambi con aria, sutura, C+B”. L'esame del fondo preoperatorio evidenzia: vasi retinici chiusi, disco ottico bianco, falde emorragiche al polo posteriore.
23 febbraio 2018. Al controllo postoperatorio in tale data il visus in OS è percezione luminosa, il segmento anteriore presenta cornea edematosa, il fundus retina piana, il tono oculare è: ipotono.
Il 02.03.2018 in una ulteriore visita di controllo presso la U.O. Oculistica di OMISSIS viene steso il seguente referto: “Visus OS percezione luce vaga senza proiezioni. Segmento anteriore occhio sinistro edema corneale, IOL decentrata, due punti di sutura corneale in nylon. OS ipotono, Fundus oculi occhio sinistro retina piana con vasi chiusi (fantasma), disco ottico pallido, essudazione parapapillare esito di laser settore inferiore. In fondo non è visibile nei dettagli”.
I periti del Tribunale accertano la colpa medica
Con motivazione solidamente basata sui dati clinici e sulla letteratura scientifica i c.t.u. hanno ravvisato profili di colpa medica da parte del dott. Fr. Sa. per le prestazioni da lui rese.
Gli errori medici non sono stati individuati nella complicanza intraoperatoria, che si verifica in una percentuale tutt'altro che trascurabile dei casi, “anche nelle mani del chirurgo più esperto” (5 % è la percentuale di complicanze negli interventi di cataratta nei paesi occidentali e la rottura della capsula posteriore è la complicanza intraoperatoria più frequente); è stato, invece, motivatamente indicato che l'erronea gestione della complicanza, presso entrambi gli istituti convenuti, ha comportato danni evitabili al paziente.
Dopo aver descritto le pratiche corrette e i rischi, anche per la retina, connessi alla complicanza di cui si tratta, i c.t.u. hanno infatti osservato che “Nel caso dell'intervento sull'occhio sinistro del paziente, in data 11.12.2017, il chirurgo si è confrontato con una rottura del sacco capsulare, ha effettuato una vitrectomia anteriore senza però rimuovere completamente i frammenti di cristallino, e ha deciso di interrompere l'intervento.
L'intervallo di tempo ideale tra la complicanza della cataratta con caduta di frammenti di cristallino nel vitreo e la necessaria vitrectomia posteriore per la loro eliminazione è fattore ancora discusso. Un intervallo di tempo superiore alla settimana, come nel caso del paziente (circa un mese tra il primo intervento di cataratta e la vitrectomia posteriore), non sembra essere un fattore predittivo di scarso recupero visivo. Tale parere non è assolutamente univoco.
Dopo intervento per cataratta con rottura della capsula posteriore, vitrectomia anteriore e residui frammenti di cristallino intraoculari se la marcata opacità dei mezzi diottrici (cornea, vitreo) rende impossibile la visualizzazione dell'interno dell'occhio (segmento posteriore o fondo oculare), l'ecografia oculare “B” scan è opportuna e raccomandata. Ciò per definire la posizione dei frammenti del cristallino, le caratteristiche del vitreo residuo e la possibile presenza di un distacco di retina. ... Nel caso del paziente il segmento posteriore risulta “non esplorabile per opacità dei mezzi” in data 12.12.17, e in data 18.12.17 l'esplorazione del segmento posteriore non è ancora possibile (esame diagnostico della retina mediante tomografia ottica computerizzata (OCT) non eseguibile). In data 20.12.17, al secondo intervento, il polo posteriore non è esplorabile per opacità dei mezzi. Non sono disponibili referti di un eventuale controllo il giorno immediatamente successivo al secondo intervento. Solo in data 27.12.17 il referto recita “Per quanto esplorabile emorragia retinica al polo posteriore. Si richiede ecografia bulbare”.
L'ecografia oculare è stata richiesta quindi sedici giorni dopo il primo intervento.
All'atto della successiva vitrectomia posteriore (10.01.2018) il polo posteriore viene così descritto: “distacco di retina sett. inferiori con macula on, aree di necrosi retinica, emorragie al polo posteriore e peripapillari, essudazione lipidica bianca peripapillare, masse catarattose in camera vitrea sul nervo ottico e nel settore inferiore.”
I c.t.u. hanno dunque osservato che “se la rottura capsulare durante intervento per cataratta è una complicanza frequente e, anche con le moderne tecniche, non evitabile né tantomeno abolibile, la gestione di una cataratta con rottura capsulare e caduta di frammenti lenticolari nel vitreo richiede particolare attenzione e uno stretto follow-up del paziente”.
Alla luce della moderna letteratura, il tempo adatto per la rimozione dei frammenti di cristallino è dibattuto e non è dimostrata utilità di una rimozione simultanea o a breve termine versus un intervallo più prolungato, seppur sempre contenuto entro le 2-4 settimane. La documentazione disponibile non fornisce sempre indicazioni dettagliate sulla situazione postoperatoria. Una ecografia oculare eseguita nel momento in cui il fondo oculare non appariva visualizzabile avrebbe dato informazioni utili ad orientarsi sulla situazione retinica e sulla presenza e dimensione di frammenti del cristallino.
Che la mancanza della corretta indagine sia riferibile alle prestazioni presso entrambe le strutture convenute è stato evidenziato dal collegio dei c.t.u.: “Subito dopo il primo intervento in OS del 11.12.17, al riscontro di non esplorabilità del fondo oculare del 12.12.17, la possibilità di problematiche vitreoretiniche avrebbe dovuto essere accertata tramite ecografia oculare. Dato il visus estremamente basso (percezione luce al 20.12.17) i controlli avrebbero dovuto essere estremamente ravvicinati, e la pressione intraoculare verificata con la metodica standard, anziché digitalmente.
Dunque, tenendo conto dei tempi degli interventi presso le due cliniche convenute, è chiaro che in entrambe avrebbe dovuto essere approfondito il quadro diagnostico per adottare tempestivamente le cure necessarie a scongiurare le complicanze ulteriori, che purtroppo si sono verificate.
In particolare i c.t.u. hanno rilevato che a seguito della rottura capsulare, frammenti del cristallino si sono dispersi all'interno del bulbo oculare, tanto in camera anteriore che in camera posteriore. Il chirurgo operatore si dedicò esclusivamente ai frammenti in camera anteriore, mentre non verificò che anche la camera posteriore fosse libera, prima di sottoporre paziente al secondo intervento chirurgico del 20.12.2017, presso la Casa di Cura OMISSIS, omettendo di prescrivere l'esame diagnostico necessario, vale a dire l'ecografia del bulbo oculare. Infatti, data la riferita opacità dei mezzi della camera posteriore, non era altrimenti possibile verificare che questa fosse libera da frammenti di cristallino. Tale necessario esame fu prescritto solamente in data 27.12.2017, quando, alla visita di controllo fu riscontrata emorragia della retina.
Che poi all'errore omissivo siano derivate conseguenze dannose per l'attore è stato evidenziato in modo altrettanto chiaro dai c.t.u., secondo i quali: “la persistenza del materiale lenticolare all'interno della camera posteriore, ha determinato infiammazione intraoculare e/o, in via di maggior probabilità, temporaneo aumento della pressione intraoculare con conseguente occlusione della vena retinica e quindi della perdita della visione”.
La quantificazione del danno iatrogeno
Per il Tribunale, in merito alla valutazione del danno iatrogeno, non vi sono motivi per discostarsi da quanto esposto dai c.t.u., che hanno correttamente considerato la situazione dell'occhio precedente all'intervento e considerato un danno differenziale.
Queste sono le conclusioni dei c.t.u., che il giudice ritiene di fare proprie: “le sopra descritti criticità clinico- terapeutiche hanno determinato un periodo di alterazione dello stato di salute teso tra il secondo intervento chirurgico eseguito dal dott. Sa. in data 20.12.2017 (non risolutivo) ed il 02.03.2020 epoca dell'ultima visita di controllo disponibile, che certifica una condizione clinica non più modificabile. In tale arco di tempo sono intercorsi due ricoveri per intervento chirurgico eseguiti presso l'Ospedale di OMISSIS”.
È quindi da ritenersi essere derivato un periodo di inabilità temporanea biologica in forma assoluta di giorni 3 (pari ai giorni di ricovero presso l'Ospedale di OMISSIS) ed un periodo di inabilità temporanea biologica in forma parziale di giorni 15 mediamente decorsi al 75% e di giorni 55 mediamente decorsi al 50%.
Quanto ai postumi di natura permanente, all'epoca dei fatti il paziente risultava affetto da cataratta bilaterale, con residuo visivo nell'occhio destro pressoché sovrapponibile a quello in occhio sinistro (quest'ultimo lievemente inferiore).
Come ricostruito, venne trattato per primo l'occhio sinistro che, a causa delle criticità sopra evidenziate, andò incontro alla perdita funzionale.
Ci si deve tuttavia chiedere quale sarebbe stato il recupero visivo del paziente, qualora gli interventi effettuati dal dott. Sa. si fossero svolti regolarmente.
Non potendosi avere a posteriori certezza sull'evoluzione post-chirurgica, si ritiene di richiamare qui l'evoluzione clinica dell'occhio destro, da utilizzarsi quale confronto.
Come emerso in corso di operazioni di consulenza tecnica, l'occhio destro fu trattato per cataratta con successo; ad oggi tuttavia, si è ripresentata la forma secondaria di malattia che limita il visus a 5/10; l'intervento correttivo porterebbe ottenere ragionevolmente un miglioramento ad almeno 7-8/10.
Ciò premesso, la condizione clinica attuale del sig. Ma. è propria di soggetto con perdita funzionale dell'occhio sinistro ed atrofia bulbare che configura la diminuzione dell'integrità psico-fisica del soggetto in misura del 30%, ciò con riferimento al testo valutativo della Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni (SIMLA).
Qualora l'intervento chirurgico di correzione della cataratta avesse avuto decorso regolare, è da ritenersi attendibile che in capo al sig. Ma. sarebbe comunque residuato un minimo deficit visivo quantificabile in misura del 5%.
Pertanto, applicandosi il criterio differenziale, i postumi permanenti riportati dal paziente in conseguenza delle lesioni iatrogene sono quantificabili in misura di 25 punti percentuale nell'intervallo tra il 5% ed il 30%.
Per la liquidazione viene fatto riferimento alle “tabelle milanesi” secondo l'ultimo aggiornamento, del marzo 2021 (v. Cass. n. 12408/2011); date le modalità con le quali si è svolto il fatto e date le conseguenze fisiche subite dall'attore, si ritiene corretto riconoscere il danno permanente da lesioni all'integrità psico-fisica nelle due componenti del danno biologico/dinamico-relazionale e del danno da sofferenza soggettiva interiore.
Il danno biologico permanente viene quindi essere liquidato in € 89.379,25, tenuto conto dell'età dell'attore al momento del fatto, della percentuale di invalidità del 25 %, e dell’invalidità temporanea subita.
Ottieni una perizia medico legale!
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2 Comments
A me non hanno seguito bene dopo un tumore al seno, voglio fare causa all’ospedale che devo fare?
Salve Erika, può inviarci copia della cartella clinica per una valutazione del suo caso tramite i nostri medici legali, grazie