La riforma operata dalla cd. legge Cartabia (D.lvo 150/2022) prevede che il giudice possa applicare, in sostituzione della reclusione o dell’arresto, pene sostitutive.
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Salvo quanto previsto da particolari disposizioni di legge, le pene sostitutive della reclusione e dell’arresto sono disciplinate dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e sono le seguenti:
1) la semilibertà sostitutiva;
2) la detenzione domiciliare sostitutiva;
3) il lavoro di pubblica utilità sostitutivo;
4) la pena pecuniaria sostitutiva.
La semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva possono essere applicate dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni.
Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo può essere applicato dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a tre anni.
La pena pecuniaria sostitutiva può essere applicata dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a un anno.
Queste pene possono essere applicate dal giudice in sede di pronuncia di sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti (c. d. patteggiamento), o in sede di emissione di decreto penale di condanna, qualora ne ricorrano i presupposti e sempre con il consenso dell’imputato.
Ci sono alcuni casi in cui il giudice non può sostituire la pena dell’arresto o della reclusione con le suddette pene.
Se il reato è stato commesso entro tre anni dalla revoca della semilibertà, della detenzione domiciliare o del lavoro di pubblica utilità, o se il condannato ha commesso un delitto non colposo durante l’esecuzione delle medesime pene sostitutive, fatta salva la possibilità di applicare una pena sostitutiva di specie più grave di quella revocata.
Con riferimento alla pena pecuniaria, se il condannato, nei cinque anni precedenti, è stato condannato a pena pecuniaria, anche sostitutiva, e non l’ha pagata, salvi i casi di conversione per insolvibilità.
Nei confronti del soggetto al quale deve essere applicata una misura di sicurezza personale, salvo i casi di parziale incapacità di intendere e di volere.
Se il condannato ha commesso uno dei reati espressamente esclusi, tra cui: delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, peculato ipotesi più grave, concussione, corruzione impropria o propria, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio, istigazione alla corruzione, corruzione internazionale, associazione di tipo mafioso e scambio elettorale politico-mafioso, riduzione o mantenimento in schiavitù, prostituzione minorile, pornografia minorile, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi, violenza sessuale di gruppo e sequestro di persona a scopo di estorsione.
La semilibertà sostitutiva comporta l'obbligo di trascorrere almeno otto ore al giorno in un istituto di pena e di svolgere, per la restante parte del giorno, attività di lavoro, di studio, di formazione professionale o comunque utili alla rieducazione ed al reinserimento sociale, secondo il programma di trattamento predisposto e approvato.
La detenzione domiciliare sostitutiva comporta l’obbligo per il condannato di rimanere nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico o privato di cura, assistenza o accoglienza ovvero in comunità o in case famiglia protette, per non meno di dodici ore al giorno, avuto riguardo a comprovate esigenze familiari, di studio, di formazione professionale, di lavoro o di salute del condannato.
In ogni caso il condannato può lasciare il domicilio per almeno quattro ore al giorno, anche non continuative, per provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita e di salute, secondo quanto stabilito dal giudice.
Trattasi di prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, le Città metropolitane, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, solitamente svolta nell’ambito della regione in cui risiede il condannato.
La sua durata deve essere corrispondente a quella della pena detentiva sostituita ed è prevista la prestazione di non meno di 6 ore e non più di 15 ore di lavoro settimanali in maniera da non pregiudicare le persistenti e sempre richiamate esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato.
La durata giornaliera della prestazione non può essere comunque superiore alle 8 ore e, ai fini del computo della pena, 1 giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di 2 ore di lavoro.
Il condannato, in caso di richiesta di pubblica utilità sostitutivo di pena applicata con decreto penale di condanna o con sentenza di patteggiamento, può ottenere la revoca della confisca, così come accade per i lavori di pubblica utilità previsti dal Codice della Strata, salvi i casi in cui è prevista la confisca obbligatoria.
Per determinare l’ammontare della pena sostitutiva il giudice individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva.
Il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 2500 euro da commisurare in base alle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare, onde evitare discriminazioni nei confronti dei condannati meno abbienti.
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