Riportiamo la sentenza n. 6386/2023 della Corte di Cassazione Civile Sezione III che ha trattato il caso di una paziente che, a seguito di una caduta dal letto dell’ospedale, riportava un’infezione da staphiloccoccus aureus e decedeva.
Si tratta di uno dei vari casi di malasanità, relativo a omessa vigilanza del paziente ed omesse misure di igienizzazione dei locali, che danno diritto al risarcimento dei danni subiti da pazienti e/o familiari.
Se tu o un tuo familiare siete stati vittima di errore medico potete contattarci tutti i giorni per assistenza legale senza anticipo di spese.
I congiunti di una paziente (D.S.), hanno esposto che quando quest’ultima era ricoverata in ospedale per un intervento oculistico programmato, cadeva da una sedia all'interno della propria stanza d'ospedale e riportava un trauma contusivo e, nonostante il manifesto dolore, la presenza di rialzi febbrili ed indici infiammatori, la stessa era ugualmente stata sottoposta all'intervento chirurgico all'occhio destro per il quale era stata ricoverata e dimessa il giorno seguente in stato non febbrile. A fronte del ripresentarsi persistente della febbre e della persistenza dei dolori, la D.S. veniva nuovamente ricoverata nella medesima struttura sanitaria, a distanza di pochi giorni dal primo ricovero, e, accertata la presenza di una infezione da staphiloccoccus aureus, trattata con terapia antibiotica, decedeva in ospedale.
In primo grado, il Tribunale di Milano, valutate le osservazioni della CTU medico-legale, rigettava la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da perdita della congiunta e dichiarava assorbita ogni altra questione dedotta.
I signori C. proponevano appello, censurando la sentenza di prime cure nella parte in cui il Tribunale aveva ritenuto non sussistere il nesso causale tra l'operato negligente dei sanitari dell'ospedale e la morte della Sig.ra D.S.L., in particolare là dove aveva ritenuto eliso il nesso di causalità tra la caduta accidentale, la formazione di un ematoma nella parete addominale, l'infezione dell'ematoma, la sepsi, lo shock settico e la morte.
La Corte d'Appello di Milano rigettava l’impugnazione, ritenendo che non fosse stata raggiunta la prova che il decesso della sig. D.S. fosse da porre in relazione alla colpa dei sanitari. In particolare, il giudice d'appello valorizza e condivide le affermazioni dei c.t.u., secondo le quali non si poteva affermare che la prescrizione di antibioticoterapia empirica, quindi non mirata, avrebbe certamente evitato la sepsi e il decesso.
I familiari della paziente si rivolgono allora alla Corte di Cassazione che decide come segue.
Secondo la Corte di Cassazione i congiunti della paziente hanno provato che la defunta signora D.S. è stata ricoverata per un intervento programmato, di natura routinaria, all'occhio, del quale non si contesta l'esecuzione né l'esito; che al momento del ricovero ella aveva una storia sanitaria complessa (obesità, problemi cardiaci), ma non presentava condizioni di alterazione fisica; che all'interno dell'ospedale si verificava una banale caduta da una sedia, sottovalutata nelle sue conseguenze; che dalla caduta derivava un'ampia infiammazione, non immediatamente trattata, e che la paziente veniva effettivamente curata per le conseguenze della caduta; che emergeva in seguito la contrazione di una infezione nosocomiale da stafilococco aureo; che, infine, la terapia antibiotica somministrata non scongiurava la morte della paziente.
A fronte di questo corredo probatorio, la cui valutazione è beninteso rimessa al giudice di merito, la conclusione cui la corte d'appello è arrivata, laddove ha escluso sia stata raggiunta la prova sul nesso causale (in quanto, pur ritenendo accertata l'avvenuta contrazione dell'infezione nosocomiale, la corte d'appello si diffonde nell'affermare che, anche se essa fosse stata trattata immediatamente con terapia antibiotica non è certo che la signora sarebbe guarita, e non è certo quindi che la sua morte sia dovuta alla condotta dei sanitari) è viziata laddove utilizza un criterio di giudizio errato, quello della certezza del rapporto di causa-effetto, e non il modello di ricostruzione del nesso causale fondato sul giudizio di probabilità logica, o del più probabile che non, da utilizzare al fine di verificare la sussistenza del nesso causale tra condotta ed evento di danno.
Alla stregua di tale criterio, occorre verificare, sulla base di un ragionamento ipotetico di natura controfattuale, la rilevanza eziologica dell'omissione, per cui occorre stabilire se il comportamento doveroso che la struttura avrebbe dovuto tenere sarebbe stato in grado di impedire o meno l'evento lesivo, secondo un criterio appunto probabilistico e tenuto conto di tutte le risultanze del caso concreto nella loro irripetibile singolarità - giudizio da ancorarsi non esclusivamente alla determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi (cd. probabilità quantitativa), ma soprattutto all'ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (cd. probabilità logica).
Per la Corte di Cassazione, quindi, la corte d'appello ha compiuto un duplice errore di diritto: - da un canto, ha effettuato il giudizio controfattuale limitatamente al solo comportamento dei sanitari, senza considerare il dato, obiettivo, della contrazione della infezione in ambito nosocomiale; - in secondo luogo, ha utilizzato un criterio di valutazione eziologica non conforme a diritto, cioè quello della certezza della possibilità di evitare il danno a fronte di un comportamento diverso, ritenuta non raggiunta, anziché quello probabilistico.
La corte d'appello dovrà quindi rinnovare il proprio giudizio, verificando se, sulla base degli elementi allegati, possa o meno ritenersi più probabile che non che, a causa del comportamento colposo dei sanitari, ovvero, e più specificamente, della obiettiva contrazione di infezione in ambito nosocomiale, sia derivata la morte della signora D.S., imputabile alla responsabilità della struttura sanitaria (che può fondarsi sulla responsabilità dei sanitari all'interno di essa a diverso titolo operanti, ma può essere dovuta a carenze sue proprie, autonome dall'operato dei sanitari), ed in subordine verificare se possa ritenersi proposta la domanda anche sotto il profilo della perdita di chances e in caso affermativo rinnovare la valutazione in fatto anche a tal fine.
La Corte di Cassazione ritiene anche fondato il ricorso con cui i ricorrenti lamentano che la sentenza d’appello sia viziata anche sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione, essendosi concentrata sulla verifica del comportamento dei singoli sanitari, senza considerare nella sua rilevanza la circostanza, decisiva e oggetto di discussione all'interno del giudizio sia in primo che in secondo grado, che in ogni caso la defunta avesse contratto l'infezione all'interno dell'ospedale, durante il suo ricovero, omettendo del tutto di valutare le conseguenze di questo accadimento.
In particolare, in tema di infezioni nosocomiali, questa Corte ha recentemente affermato (Cass. sez. III, 23/02/2021, n. 4864) che, in applicazione dei principi sul riparto dell'onere probatorio in materia di responsabilità sanitaria, secondo cui spetta al paziente provare il nesso di causalità fra l'aggravamento della situazione patologica (o l'insorgenza di nuove patologie) e la condotta del sanitario, mentre alla struttura sanitaria compete la prova di aver adempiuto esattamente la prestazione o la prova della causa imprevedibile ed inevitabile dell'impossibilità dell'esatta esecuzione, con riferimento specifico alle infezioni nosocomiali, spetterà alla struttura provare:
1) di aver adottato tutte le cautele prescritte dalle vigenti normative e dalle leges artis, al fine di prevenire l'insorgenza di patologie infettive;
2) di aver applicato i protocolli di prevenzione delle infezioni nel caso specifico;
A fronte della prova presuntiva della relativa contrazione in ambito ospedaliero, ed ai fini della dimostrazione di aver adottato, sul piano della prevenzione generale, tutte le misure utili alla prevenzione delle infezioni, gli oneri probatori gravanti sulla struttura sanitaria devono ritenersi, in linea generale:
a) L'indicazione dei protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali;
b) L'indicazione delle modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria;
c) L'indicazione delle forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami;
d) Le caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande;
e) Le modalità di preparazione, conservazione ed uso dei disinfettanti;
f) La qualità dell'aria e degli impianti di condizionamento;
g) L'attivazione di un sistema di sorveglianza e di notifica;
h) L'indicazione dei criteri di controllo e di limitazione dell'accesso ai visitatori;
i) Le procedure di controllo degli infortuni e delle malattie del personale e le profilassi vaccinali;
j) L'indicazione del rapporto numerico tra personale e degenti;
k) La sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio;
l) La redazione di un report da parte delle direzioni dei reparti da comunicare alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella;
m) L'indicazione dell'orario della effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio.
La Corte di Cassazione indica anche quali sono gli oneri del personale ospedaliero:
- il dirigente apicale avrà l'obbligo di indicare le regole cautelari da adottarsi ed il potere-dovere di sorveglianza e di verifica (riunioni periodiche/visite periodiche), al pari del CIO;
- il direttore sanitario quello di attuarle, di organizzare gli aspetti igienico e tecnico-sanitari, di vigilare sulle indicazioni fornite (D.P.R. n. 128 del 1069, art. 5: obbligo di predisposizione di protocolli di sterilizzazione e sanificazione ambientale, gestione delle cartelle cliniche, vigilanza sui consensi informati);
- il dirigente di struttura complessa (l'ex primario), esecutore finale dei protocolli e delle linee guida, dovrà collaborare con gli specialisti microbiologo, infettivologo, epidemiologo, igienista, ed è responsabile per omessa assunzione di informazioni precise sulle iniziative di altri medici, o per omessa denuncia delle eventuali carenze ai responsabili.
In base ai principi ed alle regole cautelari che l’ospedale deve rispettare per evitare che pazienti contraggano infezioni, la Corte di Cassazione indica come deve svolgersi una perizia volta ad accertare se vi è stata o meno responsabilità medico-sanitaria per infezione nosocomiale.
Quanto ai compiti del medico legale, questi indagherà sulla causalità tanto generale quanto specifica, da un lato escludendo, se del caso, la sufficienza delle indicazioni di carattere generale in ordine alla prevenzione del rischio clinico, dall'altro evitando di applicare meccanicamente il criterio del post hoc - propter hoc, esaminando la storia clinica del paziente, la natura e la qualità dei protocolli, le caratteristiche del micro organismo e la mappatura della flora microbica presente all'interno dei singoli reparti.
Al CTU andrebbe, pertanto, rivolto un quesito composito, specificamente indirizzato all'accertamento della relazione eziologica tra l'infezione e la degenza ospedaliera in relazione a situazioni:
a) Di mancanza o insufficienza di direttive generali in materia di prevenzione (responsabilità dei due direttori apicali e del CIO);
b) Di mancato rispetto di direttive adeguate e adeguatamente diffuse (responsabilità del primario e dei sanitari di reparto), di omessa informazione della possibile inadeguatezza della struttura per l'indisponibilità di strumenti essenziali (Cass. 6138/2000; Cass. 14638/2004), e di ricovero non sorretto da alcuna esigenza di diagnosi e cura ed associato ad un trattamento non appropriato (C. app. Milano 369/2006);
© avvocaticollegati.it
2 Comments
A causa di infezione contratta per scarsa igiene nell’uso del catetere, mia madre è stata più tempo in ospedale, poi sempre dimessa con infezione e tornata in ospedale, una situazione che per una donna anziana e malata di elzheimer non è giusta. Poi col tempo si è debilitata sempre di più ed è morta a 83 anni. Possiamo fare qualcosa per denunciare l’ospedale? Grazie
Salve Graziella, la invitiamo a chiedere all’ospedale la cartella clinica relativa a tutti i ricoveri di sua madre e poi a contattarci per un parere gratuito