E’ pacifico che i familiari di un paziente deceduto per colpa medica possono chiedere il risarcimento dei danni da perdita del rapporto parentale.
Ciò su cui invece i giudici dibattono è da quando decorre il termine di prescrizione di 5 anni del relativo diritto: dalla morte del congiunto, o da quando i familiari hanno avuto conoscenza che la causa del decesso è derivata da colpa medica?
La giurisprudenza maggioritaria ormai propende per la seconda soluzione.
Vediamo però un recente e peculiare caso trattato dalla Corte di Cassazione Civile Sezione III con l’ordinanza n. 18047 del 23 giugno 2023.
Nel (Omissis) due donne convenivano in giudizio l'Azienda Ospedaliera Ospedale (Omissis) per sentirne dichiarare la responsabilità contrattuale o extracontrattuale in relazione al decesso di loro padre, il quale si recava presso il Pronto Soccorso dell'azienda ospedaliera, veniva dimesso senza accertamenti nonostante la situazione infartuale in atto e decedeva due giorni dopo, in data (Omissis).
Chiedevano pertanto la condanna dell'Azienda Ospedaliera al risarcimento, in favore delle attrici, del danno non patrimoniale da ciascuna di esse subito.
L'Azienda Ospedaliera chiamava in causa i propri istituti assicurativi, chiedendo in primo luogo che si dichiarasse intervenuta la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno subito dalle signore in proprio e che si accertasse la mancanza di qualsiasi responsabilità dolosa o colposa in capo all'Azienda Ospedaliera.
Le compagnie di assicurazione nel costituirsi in primo luogo deducevano le inoperatività della polizza e comunque chiedevano il rigetto della domanda.
Nel corso del giudizio veniva espletata C. T. U. medico legale, e il consulente accertava - nella ricostruzione dei fatti offerta dalle ricorrenti - la condotta imperita e negligente del personale dell'Azienda Ospedaliera che aveva preso in carico il paziente, presentatosi al pronto soccorso con una cardiopatia ischemica in atto che non era stata adeguatamente gestita, tant'e' che il paziente veniva dimesso senza alcun accertamento e, ritornato a casa, moriva nell'arco di due giorni per fibrillazione ventricolare.
Il CTU poneva in rapporto di causalità la condotta dei sanitari del Pronto Soccorso e la morte del paziente.
Il Tribunale di Bergamo, accogliendo l'eccezione preliminare di prescrizione formulata dalla convenuta Azienda Ospedaliera, rigettava la domanda di risarcimento danni proposta dalle odierne ricorrenti per intervenuta prescrizione, individuando il giorno di decorrenza iniziale del termine prescrizionale nella data di decesso del paziente, (Omissis), previa qualificazione in termini di responsabilità extracontrattuale del rapporto tra le attrici e la struttura sanitaria pubblica.
La Corte d'appello di Brescia, con la sentenza qui impugnata, confermava pienamente la linea del primo giudice, qualificando l'azione proposta dalle figlie del paziente come volta a far valere il proprio diritto al risarcimento del danno, da perdita del rapporto parentale, fondato sulla responsabilità extracontrattuale dell'azienda ospedaliera e confermando l'intervenuta prescrizione del diritto fatto valere, atteso che la domanda era stata proposta solo nel 2013 mentre l'evento lesivo, consistente nella morte del congiunto, si era verificato nel (Omissis).
Con il primo motivo di ricorso le figlie del paziente deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,2043 e 2947 c.c., opinando che l'azione proposta fosse da qualificare in termini di responsabilità contrattuale piuttosto che extracontrattuale, in quanto la fattispecie doveva essere ricondotta nell'ambito di applicabilità dell'istituto del contratto con effetti protettivi a favore del terzo.
Con il secondo motivo le ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell'art. 2947 c.c., comma 3, in relazione alla accertata condotta colposa della struttura sanitaria, in relazione alla quale indicano come astrattamente configurabile l'ipotesi del reato di omicidio colposo, e di conseguenza applicabile il termine di prescrizione decennale.
Segnalano che nel separato giudizio tra la madre e la struttura sanitaria è stato accertato il nesso causale tra la condotta della struttura sanitaria e la morte a breve termine del paziente, riconducibile alla fattispecie dell'omicidio colposo.
Con il terzo motivo le donne denunciano la violazione e falsa applicazione dell'art. 2935 c.c., con riferimento al computo del dies a quo dal quale far decorrere il termine prescrizionale.
Criticano la sentenza impugnata là dove ha fatto decorrere il termine dal giorno della morte del padre, (Omissis).
Sostengono invero di aver conosciuto la causa della morte del congiunto solo a grande distanza di tempo, nel 2011, quando, nel giudizio promosso dalla moglie del defunto signor B., venne depositata la relazione del perito nominato dal tribunale.
Sostengono che prima di allora non ebbero conoscenza della causa della morte, e che solo da quel giorno sono state messe in grado di acquisire conoscenza della riferibilità causale dell'evento dannoso al comportamento colposo dei sanitari.
Quindi, fanno decorrere il termine di prescrizione dal 23 giugno 2011, data dell'elaborato peritale contenente l'indicazione della riconducibilità causale dell'evento morte alla condotta colposa dell'ospedale.
Aggiungono l'esistenza di successivi atti interruttivi, quali la raccomandata inviata dalle figlie del paziente in data 26 ottobre 2012.
Con il quarto motivo deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., quanto alla liquidazione delle spese di lite, in relazione della condanna riportata alla rifusione delle spese processuali dei terzi chiamati, evidenziando che la chiamata in causa delle compagnie di assicurazione non era stata originata da una loro iniziativa.
La Corte di Cassazione, anziché decidere la questione in udienza camerale, senza partecipazione delle parti, ha ritenuto che sia opportuno trattare la causa in udienza pubblica, vista la particolare rilevanza della questione.
Infatti, nell’ordinanza viene scritto che “le questioni di diritto sollevate con i motivi di doglianza proposti avverso la sentenza impugnata e con i contrapposti scritti difensivi appaiono dotate di particolare rilevanza, ai sensi dell'art. 375 c.p.c., con riferimento ai profili nomofilattici connessi alla durata e alla decorrenza della prescrizione nelle azioni di responsabilità medica, qualora intervenga la morte del paziente; che, pertanto, visto l'art. 375 c.p.c., appare opportuno disporre il rinvio della causa a nuovo ruolo, affinché ne sia fissata la discussione in pubblica udienza”.
Ciò significa che la Corte di Cassazione dovrà attentamente valutare se il termine da cui far decorrere la prescrizione del diritto al risarcimento da perdita del rapporto parentale è quello in cui è morto il congiunto o quello in cui le figlie hanno avuto notizia delle cause della morte tramite la perizia disposta nel separato giudizio promosso dalla loro madre e vedova del paziente.
La richiesta di risarcimento danni iure proprio dei prossimi congiunti della vittima primaria nei confronti della struttura sanitaria prescinde da un rapporto contrattuale diretto ed è, pertanto, qualificabile come extracontrattuale: da un lato, infatti, il rapporto contrattuale intercorre unicamente col paziente e, dall'altro, i parenti non rientrano nella categoria dei «terzi protetti dal contratto».
La natura extracontrattuale della domanda assoggetta la medesima al termine di prescrizione quinquennale e, a parere di chi scrive, il termine decorre dal momento in cui può considerarsi riconoscibile in capo agli eredi/familiari il verificarsi della condotta negligente posta in essere dal sanitario.
Quindi, certamente non può farsi decorrere il termine dal giorno della morte del congiunto, perché, a meno che già in quel momento non fosse noto che la causa derivava da colpa dei medici, è normale che le cause del decesso vengano apprese dai familiari solo a seguito di una autopsia disposta dalla Magistratura o tramite una consulenza specialistica medico legale di parte.
Nel caso che abbiamo riportato le figlie sostengono di aver saputo le cause del decesso solo quando è stata depositata una perizia nella separata causa intentata da loro madre.
Ebbene, noi riteniamo che la tesi delle figlie possa essere giuridicamente fondata.
Tuttavia, non è scontato che la Corte di Cassazione, sulla base degli atti di causa o tramite rinvio della causa alla Corte d’appello, possa valutare se le figlie, laddove avessero mostrato una normale diligenza, avrebbero potuto apprendere le cause del decesso anche prima.
Vi terremo comunque aggiornati quando la Corte di Cassazione, a seguito della pubblica udienza, avrà deciso il caso.
© avvocaticollegati.it
2 Comments
Ho un caso simile a quello dell’articolo. Posso fissare una videochiamata?
Buongiorno, può fissare una videocall attraverso il nostro sito. Grazie.