Sono purtroppo frequenti i casi in cui pazienti anziani e non autosufficienti non vengono adeguatamente assistiti da medici o personale infermieristico, tanto da riportare cadute (dal letto, in bagno etc.) che compromettono ulteriormente il loro stato di salute.
In alcuni casi le fratture o lesioni riportate a seguito di una caduta vanno ad aggravare talmente tanto le condizioni di salute dei pazienti che questi ultimi sono costretti a passare più tempo del previsto in ospedale o, addirittura, finiscono per morire, come già abbiamo riportato in un precedente articolo (paziente cade dal letto dell'ospedale e muore).
Con i paragrafi che seguono riportiamo la Raccomandazione del Ministero della Salute volta a prevenire tali eventi in ambito ospedaliero, e la sentenza n. 11755/2020 del Tribunale di Roma che ha riconosciuto il risarcimento dei danni da perdita del rapporto parentale ai familiari di un paziente morto dopo essere caduto in ospedale per colpa dei sanitari.
Il Ministero della Salute, consapevole che gli infortuni riportati da pazienti nel corso di ricoveri ospedalieri sono assai frequenti, ha diramato la “Raccomandazione per la prevenzione e la gestione della caduta del paziente nelle strutture sanitarie” (n. 13/2011), di cui segue la premessa.
Le cadute rappresentano il più comune evento avverso negli ospedali e nelle strutture residenziali e quasi sempre colpiscono persone fragili, molte delle quali affette da demenza.
Il rischio di caduta, seppure sempre presente, è diverso per i vari setting assistenziali.
Le persone che cadono la prima volta presentano un rischio elevato di cadere nuovamente durante lo stesso anno e possono riportare, come conseguenza del trauma, danni anche gravi, fino a giungere, in alcuni casi, alla morte.
Il numero di anziani ricoverati in ospedale o presso residenze sanitarie assistenziali che va incontro a cadute è elevato, la metà degli anziani che riporta una frattura di femore non è più in grado di deambulare ed il 20% di essi muore, per complicanze, entro 6 mesi.
Le cadute possono determinare nei pazienti: paura di cadere di nuovo, perdita di sicurezza, ansia, depressione, fattori che possono condurre a diminuzione dell’autonomia, aumento della disabilità e, in generale, ad una riduzione anche molto significativa della qualità della vita.
Oltre a danni di tipo fisico e psicologico, le cadute avvenute in un contesto di ricovero comportano un aumento della degenza, attività diagnostiche e terapeutiche aggiuntive e/o eventuali ulteriori ricoveri dopo la dimissione, con un incremento dei costi sanitari e sociali.
Si stima che circa il 14% delle cadute in ospedale sia classificabile come accidentale, ovvero possa essere determinato da fattori ambientali (es. scivolamento sul pavimento bagnato), l’8% come imprevedibile, considerate le condizioni fisiche del paziente (es. improvviso disturbo dell’equilibrio), e il 78% rientri tra le cadute prevedibili per fattori di rischio identificabili della persona (es. paziente disorientato, con difficoltà nella deambulazione).
La compressione del rischio da caduta del paziente in struttura sanitaria è un indicatore della qualità assistenziale.
Le cadute sono eventi potenzialmente prevenibili tramite la rilevazione di alcuni elementi, anche attraverso appositi strumenti di lavoro che, congiuntamente ad una irrinunciabile valutazione clinica ed assistenziale globale, consentono agli operatori sanitari di adottare le opportune azioni preventive.
E’ fondamentale che operatori, pazienti e familiari/caregiver acquisiscano la consapevolezza del rischio di caduta e collaborino in modo integrato e costante, attento all’applicazione di strategie multifattoriali.
La Raccomandazione prevede che la prima azione necessaria per la prevenzione delle cadute consista nell’identificare i possibili fattori di rischio, in relazione alle caratteristiche del paziente ed a quelle dell’ambiente e della struttura che lo ospita, in termini di sicurezza, di organizzazione e di adeguatezza del processo assistenziale.
In tal senso, i fattori responsabili delle cadute possono essere suddivisi in:
A) fattori intrinseci, relativi alle condizioni di salute del paziente, che comprendono sia i dati anagrafici che la patologia motivo del ricovero, le comorbilità e le terapie farmacologiche; Tra i principali fattori di rischio riferibili alle condizioni generali del paziente possono essere identificati:
E’ necessario considerare particolarmente a rischio i pazienti affetti da patologie che possono:
Durante il trattamento farmacologico è importante considerare a rischio le seguenti situazioni:
B) fattori estrinseci, relativi agli aspetti organizzativi della struttura di degenza, alle caratteristiche ambientali ed ergonomiche della struttura e dei presidi sanitari impiegati.
Considerata la ricorrenza della dinamica e dei luoghi in cui avviene la maggior parte delle cadute (in camera nel salire e nello scendere dal letto, nel percorso dalla camera al bagno ed in bagno, mentre si effettua l’igiene personale), i principali fattori di rischio in questo ambito sono i seguenti:
Sono rilevanti, inoltre, gli elementi di inadeguatezza del processo assistenziale ed organizzativo particolarmente in termini di tempo di assistenza per paziente al giorno, secondo il livello di intensità appropriato, di dotazione degli ausili necessari alla mobilizzazione delle persone, di formazione di tutto il personale, di adeguato inserimento degli operatori neoassunti nonché, nell’ambito dell’organizzazione delle attività, di scelta degli orari più idonei per esse.
La valutazione del rischio di caduta dei pazienti deve essere effettuata, in modo tempestivo e puntuale, in ognuna delle seguenti condizioni:
Il contenuto della valutazione, ovvero il livello di rischio stimato nel paziente e le sue modifiche, deve essere segnalato in modo evidente sulla documentazione sanitaria ad opera dell’operatore responsabile dell’esecuzione della valutazione stessa, assicurando la corretta applicazione dell’eventuale strumento scelto.
Si considera molto importante una valutazione ambientale periodica mirata dei possibili fattori di rischio, che coinvolga direttamente il personale preposto dell’Unità Operativa/Servizio e, possibilmente in modo congiunto, il Servizio di Prevenzione e Protezione della struttura interessata.
Va posta particolare attenzione ai seguenti fattori di precauzione:
La Raccomandazione continua prevedendo che il paziente che rimane al suolo, a seguito di caduta improvvisa, richiede da parte degli operatori una valutazione delle condizioni e un trattamento immediati, nonché una necessaria rivalutazione del danno a valle della caduta per ridurre il danno secondario.
E’ necessario, quindi, che tutto il personale, sanitario e non, secondo le proprie competenze professionali, sia preparato per affrontare una situazione di emergenza-urgenza.
Si ritiene particolarmente importante che il personale infermieristico sia adeguatamente formato ed aggiornato al supporto delle funzioni vitali (BLS) in caso di trauma ed all’attivazione della procedura mirata di emergenza-urgenza necessaria all’interno di ogni struttura/servizio/unità sanitaria.
Devono essere garantiti l’adeguata informazione dei familiari, il monitoraggio del paziente per le possibili complicanze tardive, la rivalutazione del rischio e la documentazione puntuale dell’accaduto, insieme al medico, sulla documentazione clinico - assistenziale e sulla scheda di segnalazione dell’evento.
Poiché il paziente caduto è da ritenere a rischio di ulteriore caduta, è necessario, infine, che tutto il personale di assistenza attivi ed incrementi l’osservazione ed il monitoraggio e contribuisca ad individuare e ad attuare interventi volti a ridurre i fattori di rischio modificabili.
Riportiamo la sentenza n. 11755 del 28 agosto 2020 con cui il Tribunale di Roma ha condannato la struttura al risarcimento dei danni subiti da una paziente caduta e poi prematuramente deceduta.
I fatti
I familiari di un paziente deceduto si rivolgevano al Tribunale di Roma rappresentando che il paziente era stato portato in struttura per una visita neurologica e collocato in una stanza molto piccola ove era posizionato il lettino per le visite ed a poca distanza una scrivania; che il paziente, senza assistenza ed ausilio alcuno da parte del medico o di altro personale paramedico, aveva tentato di salire sul lettino per le visite avvalendosi di un apposito sgabellino e, tuttavia, era caduto in terra, urtando violentemente il torace; che il paziente era stato sollevato e adagiato sul lettino e il medico si era limitato a verificare la mobilità degli arti e l'eventuale presenza di lesioni esterne derivanti dalla caduta, per poi eseguire la prevista visita neurologica; che, all'esito, il dottore aveva fatto redigere a una infermiera la seguente certificazione: "il paziente mentre stava salendo sul lettino si è scivolato; è stato visitato, non mostra lesioni traumatiche violente"; che questa attestazione era stata sottoscritta anche dalla moglie del paziente; che il forte dolore al torace risultava in realtà poi essere un "trauma toracico chiuso con fratture costali multiple e contusione polmonare" e, disposto il ricovero in terapia intensiva e rianimazione, con diagnosi di insufficienza respiratoria in trauma toracico e sottoposto a tracheostomia e connesso a un ventilatore meccanico; decedeva poco dopo per arresto cardiaco.
La caduta ha contribuito a causare il decesso del paziente
In base alla CTU disposta dal Tribunale in corso di causa è emerso quanto segue.
Acquisita la ragionevole certezza (anche secondo il canone usuale della cd. preponderante probabilità) dell'evento lesivo, mette conto considerare se esso costituisca o meno la causa o, meglio, la concausa che ha innescato il nesso eziopatologico che ha condotto al decesso del paziente, a distanza di 45 giorni circa dal fatto.
Annotano i CTU: "il paziente risultava affetto da preponderanti co-morbosità afferenti allo stato anteriore, rappresentate da fibrillazione atriale cronica in terapia, diabete, broncopneumopatia cronica ostruttiva, esiti di prostatectomia per carcinoma e demenza senile, influenzanti in maniera prevalente il quadro clinico in corso di ricovero; l’occorso traumatismo toracico, incidendo su un substrato meiopragico di fragile equilibrio pluriorganico sistemico, ha indotto un progressivo scadimento delle condizioni di salute del paziente, aumentando la vulnerabilità del medesimo nei confronti di eventuali complicanze infettive".
Le co-morbilità vengono censite come "influenzanti in maniera prevalente" le condizioni scadute del paziente, mentre l'evento traumatico viene censito come fattore che ha incrementato la vulnerabilità del de cuius.
Ragione per cui "è del tutto verosimile che il trauma toracico abbia innescato una concatenazione di eventi morbosi che, in concorso con le preesistenti patologie, hanno condotto il paziente all'exitus".
Il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale
Il Tribunale di Roma, in applicazione delle proprie tabelle, liquida il risarcimento per la perdita del rapporto parentale secondo i seguenti parametri: a) il rapporto di parentela esistente tra la vittima ed il congiunto avente diritto al risarcimento, potendosi presumere che il danno sia maggiore quanto più stretto il rapporto; b) l'età del congiunto: il danno è tanto maggiore quanto minore è l'età del congiunto superstite; c) l'età della vittima: anche in questo caso è ragionevole ritenere che il danno sia inversamente proporzionale all'età della vittima, in considerazione del progressivo avvicinarsi al naturale termine del ciclo della vita; d) la convivenza tra la vittima ed il congiunto superstite, dovendosi presumere che il danno sarà tanto maggiore quanto più costante e assidua è stata la frequentazione tra la vittima ed il superstite; e. presenza all'interno del nucleo familiare di altri conviventi o di altri familiari non conviventi).
In base a tali parametri viene riconosciuto un risarcimento di circa 200mila euro a ciascuno dei congiunti che hanno fatto causa.
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