E’ con piacere che commentiamo la sentenza pubblicata il 29 marzo 2023 dalla Corte di Appello di Firenze, Sezione Quarta Civile, con cui è stato riconosciuto un risarcimento di più di un milione di euro a un nostro assistito vittima di responsabilità medica.
La vicenda ha dell’incredibile: la causa è iniziata nel lontano 2003 e ci sono voluti ben 4 giudizi per avere giustizia!
Alla nascita riportava la lesione del plesso brachiale con paralisi dell’arto superiore sinistro
La vicenda che ha visto coinvolto il nostro assistito risale al 27 marzo 2001, quando veniva alla luce presso l’Ospedale di Pescia (PT) riportando la lesione del plesso brachiale con paralisi dell’arto superiore sinistro.
I genitori del bambino ritenevano, in base ad una consulenza medico legale di parte, che la causa della lesione fosse riconducibile a responsabilità dell’equipe medica che aveva assistito al parto.
Precisamente, essendosi trattato di parto distocico, ed essendosi reso necessario procedere con manovre volte a facilitare la fuoriuscita del neonato, i genitori ritenevano che l’equipe medica avesse erroneamente applicato talune manovre tanto da lesionare il bambino.
I genitori del minore procedevano a formulare una richiesta risarcitoria a medici e Azienda Sanitaria Locale ma questi ultimi negavano ogni responsabilità ed in via stragiudiziale non si giungeva ad alcun accordo.
2007: il Tribunale rigetta la domanda, anche se la CTU riconosce la responsabilità medica
La famiglia è quindi costretta a rivolgersi nel 2003 al Tribunale di Pistoia per richiedere il risarcimento di tutti i danni subiti per colpa dei medici della locale Azienda Sanitaria.
Tra le varie attività istruttorie espletate in corso di causa, vi era quella principale della Conculenza Tecnica d’Ufficio disposta dal Tribunale, le cui conclusioni deponevano per la responsabilità medica.
Invero, il C. T. U. riteneva che i medici avessero refertato con negligenza l’ultimo esame radiografico pre-parto della partoriente, di non aver adeguatamente valutato la documentazione ecografica, né effettuato la valutazione clinica dello sviluppo uterino al momento del ricovero della medesima, di essere stati imprudenti nell’aver indotto il parto in assenza di precise indicazioni ostetriche e, conclusivamente, di aver erroneamente condotto la fase di espulsione del feto senza posizionare la partoriente secondo Mc Roberts, effettuando incongrue spinte sull’utero materno e inopportune trazioni sulla testa del feto.
Ciò aveva provocato gravi lesioni del plesso brachiale dello stesso, con paralisi permanente dell’arto superiore sinistro.
Ma, come detto, all’esito della causa di primo grado, ossia nel 2007, il Tribunale riteneva evidentemente di avere maggiori competenze del proprio consulente medico legale e rigettava la domanda risarcitoria.
2013: anche la Corte di Appello rigetta la domanda risarcitoria
I genitori del bambino fanno appello contro la sentenza del Tribunale di Pistoia e la causa giunge davanti alla Corte di Appello di Firenze.
Gli appellanti ritengono infatti che la sentenza di primo grado sia palesemente viziata, considerato che la Consulenza Tecnica d’Ufficio aveva riconosciuto le responsabilità dei medici mentre il Tribunale negava tale colpa, senza peraltro adeguatamente motivare la propria decisione.
Per gli appellanti infatti la C.T.U. era stata chiara nel definire quanto segue:
1) che i medici, incorrendo in un franco errore, non avessero adeguatamente valutato gli esami ecografici della fase di gestazione, da cui emergeva la non corrispondenza della biometria fetale, ai limiti superiori, in particolare in virtù delle misure della circonferenza cranica e di quella addominale, con l’età gestazionale. Con conseguente stima errata che si fosse in ritardo di una settimana rispetto al termine fisiologico e scelta erronea di induzione al parto tramite ossitocina, da annoverarsi tra le cause della distocia di spalle del feto; ed ancora, stima errata, in presenza di verosimile macrosoma, di procedere, interrotta l’induzione al parto ed iniziato il travaglio, al parto naturale anziché cesareo, il quale ultimo avrebbe evitato la complicanza, poi effettuatasi, degli effetti della distocia.
2) che nella fase del parto i sanitari erano incorsi in colpa nella scelta delle tecniche espulsive adottate, prima ancora che per la loro inadeguata esecuzione, consistita in spinte controindicate ed in eccessiva trazione della testa del nascituro, con conseguente impedimento della naturale rotazione del feto nel canale del parto e sbarramento delle spalle contro il bacino materno, non adottando la tecnica corretta, cioè le manovre di Jacquemier – Vanier.
Ma anche la Corte di Appello riteneva che non sussistesse responsabilità medica e confermava la sentenza di primo grado.
2016: il cambio di rotta della Corte di Cassazione
La famiglia del bambino, ormai ragazzo, non ci sta e decide di ricorrere alla Corte di Cassazione, lamentando il fatto che la Corte di Appello di Firenze, così come prima il Tribunale di Pistoia, non si fosse minimamente confrontata con le argomentazioni e i dati esposti nella C. T. U. di primo grado, anche di natura documentale, per confutarli e superarli, in modo da far comprendere l’errore dell’ausiliario e la correttezza invece del proprio discostamento dalla sua relazione.
Ebbene, la Corte di Cassazione Sezione III Civile, con sentenza n. 13922 del 7 luglio 2016, accoglieva il ricorso e cassava la sentenza della Corte di Appello di Firenze, a cui rimetteva la causa ad un diverso collegio giudicante per un nuovo esame del caso.
Il principio espresso dalla Corte di Cassazione è il seguente: <<il mancato esame delle risultanze della C. T. U. integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti>>.
Nella specie la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza della Corte di Appello perché ha disatteso i rilievi tecnici formulati dal C. T. U., secondo i quali gli interventi praticati durante il travaglio ed il parto non corrispondevano ai protocolli della corretta assistenza, senza indicare le ragioni per cui aveva ritenuto erronei tali rilievi, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici utilizzati per addivenire alla decisione contrastante con essi.
2023: la Corte di Appello dispone nuova C. T. U. e ci da ragione!
A seguito della sentenza della Corte di Cassazione la causa viene riassunta davanti alla Corte di Appello di Firenze che dispone una nuova Consulenza Tecnica d’Ufficio volta a riesaminare il caso e riferire se vi è stata o meno responsabilità da parte dei medici che avevano assistito al parto.
Secondo i nuovi Consulenti, non sono ravvisabili responsabilità del personale che seguì la madre del nostro assistito nella fase pre-parto, in ordine alla distocia di spalla insorta durante il parto: pur essendo il feto di dimensioni superiori alla norma, non assolveva i criteri per la diagnosi di macrosomia né agli accertamenti prima del parto né alla misura del peso dopo la nascita (1.445 grammi).
Invece, durante il parto e subito dopo la fuoriuscita della testa fetale fu riscontrato blocco del disimpegno delle spalle (distocia di spalla) e furono adottate e messe in pratica sollecitamente e in corretto ordine le manovre previste dalle linee guida (rectius regole di buona pratica ai sensi di legge) per questa distocia; tuttavia, in base alla natura, gravità ed estensione della lesione riportata dal feto a carico del plesso brachiale sinistro è da stimare come molto probabile (“più probabile che non“) che sia stata esercitata una azione meccanica sulla testa fetale (trazione, torsione-flessione) non coordinata con lo sblocco delle spalle e che questa sia stata la causa dello stiramento delle radici C5 e C6 e dell’avulsione delle radici C7, C8 e T1.
I Consulenti ritengono quindi che vi sia stata una incongrua azione meccanica del personale ostetrico addetto alla manipolazione della testa fetale, mentre il ginecologo dirigeva la manovra di McRoberts ed eseguiva personalmente quella di Mazzanti, le manovre ostetriche prescritte per prime per disimpegnare le spalle ed in questo caso efficaci.
In assenza di tale trazione è “più probabile che non” che non si sarebbero prodotte lesioni irreversibili del plesso brachiale.
Come è stato determinato il risarcimento
I Consulenti hanno ritenuto che il nostro assistito abbia riportato la paralisi dell’arto superiore sinistro per colpa medica ed hanno poi descritto e quantificato i danni come segue.
La valutazione del danno subito dal nostro cliente deve tener conto, sia della paralisi ostetrica dell’arto superiore sinistro, sia delle cicatrici cutanee per gli interventi (infruttuosi) di ricostruzione nervosa, sia di quanto riscontrato sotto il profilo psichico, cioè che egli è affetto da “note disadattive persistenti e cronicizzate con aspetti depressivi in soggetto con tratti di personalità di tipo evitante (cluster C)” “di lieve entità” , che “non appare comunque tale da compromettere il funzionamento lavorativo e sociale del soggetto e nemmeno la sua progettualità futura“;
In base a ciò, viene stimato un danno biologico permanente, ovvero una permanente riduzione dell’integrità psicofisica rispetto a un soggetto di pari età indenne da menomazioni, nella misura del 60%, comprensivo delle alterazioni per quanto riguarda l’immagine di sé, i rapporti interpersonali (scolastici, professionali, amichevoli), le attività ludico-ricreative e sportive e la necessità di utilizzare veicoli adatti alla sua menomazione.
Oltre all’invalidità permanente viene riconosciuta anche una invalidità temporanea assoluta pari a 10 giorni, parziale all’80% per 60 giorni, parziale al 55% per 192 giorni.
Si ritiene poi che il danno biologico abbia ripercussioni sulla capacità lavorativa: il ragazzo dovrà scegliere attività compatibili con il mancato uso di un arto superiore.
La Corte di Appello riconosce poi anche il danno morale (o esistenziale), come componente autonoma del danno non patrimoniale, ritenendolo sussistente sulla base della sofferenza psichica del ragazzo di svalutazione di se stesso per come diverso dagli altri e della sua tendenza all’evitamento ai contatti sociali e sentimentali.
In virtù di quanto sopra il danno viene quantificato in € 852.000,00 il danno non patrimoniale, costituito dal danno biologico temporaneo e permanente e dal danno morale.
A ciò viene aggiunta la somma di € 200.000,00 a titolo di danno patrimoniale per incapacità lavorativa, ossia per risarcire il probabile “gap” rispetto a quello che avrebbe potuto guadagnare in futuro laddove non avesse riportato le lesioni di cui si è parlato.
Concludendo, il nostro assistito si è visto riconoscere un risarcimento di € 1.052.000,00 oltre alle spese legali di tutti e 4 i gradi di giudizio, le spese medico-sanitarie, quelle per C.T.U. etc!
Rivolgiti ai nostri avvocati e medici legali per casi di malasanità!
Il nostro gruppo di avvocati e medici legali si occupa di casi di malasanità da venti anni, ed ha risolto con successo casi di responsabilità medico-sanitaria come quello di cui abbiamo trattato con questo articolo e tanti altri relativi a decessi o grandi invalidità di pazienti.
Se tu o un tuo familiare siete vittima di colpa medica potete contattarci tutti i giorni per avere un primo parere gratuito, sia dai nostri avvocati che dai nostri consulenti medici legali.
In caso di responsabilità medica da cui sia derivato il decesso del paziente o gravi lesioni non dovrai sostenere alcuna spesa, penseremo noi a tutto!
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11 Comments
E’ incredibile che in Italia ci vogliano vent’anni per avere giustizia! Comunque meglio tardi che mai!
Per fortuna non tutti i casi vanno avanti così tanto tempo, anzi questo rappresenta un’eccezione. Con la riforma del processo civile che è entrata in vigore a febbraio 2023 i tempi dovrebbero diminuire drasticamente
Complimenti a voi avvocati e alla famiglia che ha avuto la forza di resistere a questi giudici!
La convinzione della famiglia ci ha dato ancora più fiducia di poter vincere la causa. Grazie
I medici che rovinano la vita alle persone dovrebbero essere licenziati!
Per fortuna la stragrande maggioranza dei medici lavora bene e con passione. Però è vero, se sbagliano di solito non vengono licenziati.
Bravi!
Grazie
Siete professionisti seri complimenti!
La ringrazio
Grazie per i complimenti Luca, cerchiamo di fare del nostro meglio!