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29/11/2022La Corte di Cassazione Civile Sezione Terza, con la sentenza numero 30380 del 17 ottobre 2022, chiarisce da quando decorre il termine di prescrizione per chiedere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di malasanità.
- Il termine decorre da quando è possibile accertare che vi è stata colpa medica
- I prìncipi dettati dalla Corte di Cassazione
- I fatti di causa: sordità derivata da ipossia fetale
- Il paziente ricorre alla Corte di Cassazione
- Solo con la risonanza il paziente poteva accertare la colpa medica
- Rivolgiti a noi per casi di malasanità
Il termine decorre da quando è possibile accertare che vi è stata colpa medica
Il paziente che è stato vittima di malasanità, per responsabilità contrattuale medico-sanitaria, può chiedere il risarcimento dei danni entro 10 anni.
I familiari del paziente hanno invece tempo 5 anni per chiedere il risarcimento dei danni per responsabilità extracontrattuale medico-sanitaria da perdita o lesione del rapporto parentale con il paziente.
Ma da quando inizia a decorrere il termine di prescrizione decennale o quinquennale?
Con la sentenza che stiamo commentando è stato affrontato il caso di un uomo affetto da sordità bilaterale dalla nascita che, solo in età matura, tramite una risonanza magnetica, apprendeva che la causa della sordità derivava da ipossia intrauterina fetale, ossia da una carenza di ossigeno verificatasi al momento del parto, per cause verosimilmente riconducibili a responsabilità dei sanitari.
Ma ormai erano passati ben più di dieci anni dal parto, per cui ci si è chiesti se l’uomo avesse ancora diritto al risarcimento dei danni subiti.
La risposta data dalla Cassazione è positiva, perché il termine deve essere fatto decorrere da quando è possibile, per sussistenza di adeguate conoscenze mediche ed esami strumentali, effettuare validi accertamenti sul nesso causale tra malattia e responsabilità medica.
I prìncipi dettati dalla Corte di Cassazione
Per la decisione del caso che stiamo commentando vengono presi in esame i seguenti principi giuridici.
Per valutare la prescrizione del danno alla salute, e dunque il relativo diritto al risarcimento, non si può prescindere dalle conoscenze via via acquisite nel tempo dalla scienza medica.
L’inizio di tale termine non può precedere la diffusione della conoscenza o della tecnica (nel caso risonanza magnetica) capace di accertare il nesso causale tra la patologia (sordità bilaterale), e la malpractice sanitaria che aveva portato alla ipossia fetale al momento del parto.
Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno inizia quindi a decorrere «non dal momento in cui il fatto si verifica nella sua materialità e realtà fenomenica, ma da quando esso si manifesta all’esterno con tutti i connotati che ne determinano l’illiceità».
E, ancora, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo decorre, a norma degli articoli 2935 e 2947 comma 1 del Codice Civile, <<non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita, o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche>>.
I fatti di causa: sordità derivata da ipossia fetale
Nel 2010 un soggetto convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Taranto, la Gestione liquidatoria della ex USL (Omissis), per sentirla condannare al pagamento di 360 mila euro a titolo di risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza della ipoacusia neurosensoriale di cui era affetto a causa di un trauma da parto, che aveva comportato ipossia fetale al momento della nascita in data (Omissis), e del quale assumeva essere responsabile la struttura sanitaria convenuta.
Il Tribunale adìto, con sentenza del gennaio 2014, rigettò la domanda attorea.
Avverso tale sentenza l’attore interponeva appello, che la Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, decideva con sentenza numero 402 del 2017, dichiarando estinto per prescrizione il diritto dell’uomo al risarcimento dei danni.
In particolare la Corte di Appello riteneva che il soggetto avesse tardato, oltre termine, a rivolgere richiesta risarcitoria all’Ospedale, considerato che l’accertamento della sordità bilaterale del paziente risaliva al tempo in cui lo stesso aveva compiuto sei anni, che non erano riportati ulteriori successivi accertamenti oltre tale epoca, nemmeno dopo le dimissioni dalla struttura ospedaliera in cui era nato che aveva diagnosticato l’infermità del soggetto e dalla cartella clinica emergevano segni inequivocabili di un parto non fisiologico e della sofferenza fetale, subita dal neonato in fase di disimpegno podalico.
Anzi, secondo la Corte di Appello i suoi genitori avrebbero dovuto attivarsi nel suo interesse ripetendo nel tempo gli esami ed attivandosi per suo conto tempestivamente ove avessero ritenuto responsabile l’Ospedale delle lesioni subite dal bambino.
Invece, sostiene la Corte di Appello, l’appellante aveva allegato che soltanto nel 2006, in occasione dell’effettuazione di una risonanza magnetica, veniva accertato che “la sordità trovava la sua causa nell’ipossia intrauterina del feto” e che tale risonanza, “di recente acquisizione, invasiva e potenzialmente pericolosa, non rientrava nella prassi ordinaria di tutti gli audiolesi” e che egli vi si era “sottoposto da adulto nella prospettiva di migliorare la propria funzione uditiva con impianto cocleare“.
Quindi, sostanzialmente, la Corte di Appello rimproverava al paziente, ed ancor prima ai suoi genitori finchè è stato minorenne, di aver saputo da lungo tempo della malattia e di non essersi attivati tempestivamente per chiedere il risarcimento dei danni, tanto più perché già nel lontano 1988 veniva riconosciuta al paziente una invalidità al 52 % per ipoacusia neurosensoriale bilaterale e, quindi, quanto meno successivamente a tale data, in considerazione di quanto emergente dalla cartella clinica e conosciuto dai suoi genitori, con i quali è risultato convivente a tutt’oggi, avrebbe potuto effettuare le indagini, intervenute solo nel 2006.
Il paziente ricorre alla Corte di Cassazione
L’uomo ritiene ingiusta la sentenza della Corte di Appello e quindi si rivolge alla Corte di Cassazione sostenendo che sia stato erroneamente applicato il consolidato principio di diritto per cui, in ipotesi di “fatto dannoso lungolatente” – e, dunque, nel caso di una malattia cagionata da fatto doloso o colposo di un terzo – il termine di prescrizione decorre, non dal momento in cui la malattia si è manifestata all’esterno, ma dal momento in cui la stessa è stata percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso colposo di un terzo, usando l’ordinaria oggettiva diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche.
Il ricorrente sostiene che il giudice di appello avrebbe reputato non condivisibili le argomentazioni difensive attoree (per cui solo nel 2006, in occasione di effettuazione di una risonanza magnetica, era stato possibile accertare la causa della sordità nella ipossia fetale) pur mancando di omettere qualsiasi accertamento sullo “stato delle conoscenze scientifiche dell’epoca“, quale parametro di valutazione che era stato oggetto di quesito al consulente tecnico d’ufficio in primo grado e che non aveva trovato risposta nella consulenza tecnica.
Inoltre, l’uomo sostiene che la Corte di Appello abbia omesso di accertare che, dall’epoca della nascita, la risonanza non era utilizzata, secondo il livello di conoscenze scientifiche, al fine di diagnosticare la causa neonatale della sordità, e che tale utilizzo è avvenuto solo a partire dagli anni 2000.
Solo con la risonanza il paziente poteva accertare la colpa medica
La Corte di Cassazione da ragione all’uomo, riaffermando il consolidato principio secondo cui il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno inizia a decorrere non dal momento in cui il fatto si verifica nella sua materialità e realtà fenomenica, ma da quando esso si manifesta all’esterno con tutti i connotati che ne determinano l’illiceità.
Sicché, il momento da cui inizia a decorrere il termine di prescrizione del diritto al risarcimento dei danni, coincide con il momento in cui viene ad emersione il completamento della fattispecie costitutiva del diritto, da accertarsi, rispetto al soggetto danneggiato, secondo un criterio oggettivo di conoscibilità della etiopatogenesi e un tale principio è da ribadirsi anche rispetto alla fattispecie dedotta in giudizio, in cui si assume che la sordità bilaterale della quale è affetto il soggetto abbia avuto origine neonatale, per ipossia fetale, quale causa che l’uomo ha dedotto di aver potuto conoscere soltanto nel 2006, a seguito di risonanza magnetica, quale esame diagnostico ritenuto solo di recente acquisizione.
Non può quindi essere rimproverato al soggetto di non essere stato diligente non sottoponendosi abitualmente ad esami e cure, perché solo con le più moderne tecniche avrebbe potuto scoprire che la sua sordità derivava dalla ipossia fetale patita in occasione della nascita.
La Corte di Cassazione quindi ha accolto il ricorso dell’uomo ed ha rinviato la causa alla Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, per una nuova valutazione dei fatti.
Rivolgiti a noi per casi di malasanità
Se tu o un tuo familiare siate stati vittima di responsabilità medico-sanitaria, puoi contattarci tutti i giorni per avere un parere dai nostri avvocati e dai nostri consulenti medici-legali.
Sarà sufficiente esporci il caso e fornirci copia della cartella clinica, dopodichè ti diremo se hai diritto al risarcimento di tutti i danni subiti da te e dalla tua famiglia.
Noi di avvocaticollegati.it ci occupiamo con successo di malasanità da venti anni, ed abbiamo esperienza nella trattazione stragiudiziale, civile e penale di casi di gravi lesioni o decessi derivati dal colpa medica.
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