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02/11/2022Tra i problemi che si devono affrontare in caso di separazione o divorzio c’è quello di stabilire quale coniuge continuerà ad abitare nella casa familiare. Parliamo di famiglia perché il problema si pone solo se la coppia ha figli. In assenza di prole da tutelare (figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti), viene infatti meno il potere del Tribunale, adito in sede di separazione o divorzio, di disporre l'assegnazione dell'immobile in deroga alle regole ordinarie della proprietà.
Indice
- L’art. 336 sexies del codice civile
- Cosa si intende per assegnazione della casa coniugale?
- Chi decide a quale dei due genitori resta assegnata la casa coniugale?
- Quando cessa il diritto all’assegnazione della casa coniugale?
- Cessa anche se nella casa ci va a vivere un nuovo compagno?
- Cessa anche se l'assegnatario muore?
- Se la casa familiare è stata concessa in comodato?
L’art. 336 sexies del codice civile
L’art. 336 sexies c. c., aggiunto dall'art. 55 del D. lgs. 28/12/2013 n. 154, si intitola “Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza”, e così recita:
Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà.
Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'articolo 2643.
In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio.
La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.
Cosa si intende per assegnazione della casa coniugale?
Per assegnazione della casa coniugale si intende il diritto per il coniuge con cui resteranno prevalentemente a vivere i figli di continuare ad abitare nella casa familiare finchè i figli non saranno maggiorenni ed autosufficienti.
L’assegnazione della casa ad uno dei due genitori non dipende dal fatto che l’uno e/o l’altro siano proprietari dell’immobile, ma dipende dall’interesse dei figli a continuare ad abitarvi con l’uno o l’altro.
Quindi il problema dell’assegnazione si pone, non solo quando l’immobile è di proprietà dell’uno e/o dell’altro genitore, ma anche se, ad esempio, è in usufrutto o in locazione.
Facciamo un esempio pratico. I genitori con due figli minorenni hanno comprato insieme una casa con mutuo ancora da estinguere e, al momento della separazione, decidono che il padre andrà a vivere in altro immobile, dove i figli lo raggiungeranno solo un paio di giorni a settimana. In questo caso la casa resterà assegnata alla madre, a prescindere dal fatto che sia cointestata con il coniuge (o ex coniuge dopo il divorzio), ed entrambi saranno tenuti verso la banca a continuare a pagare il mutuo.
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Chi decide a quale dei due genitori resta assegnata la casa coniugale?
Abbiamo detto che il genitore che resta a vivere nella casa coniugale (o familiare per coppie non sposate) è colui o colei con cui staranno prevalentemente i figli, che avrà quindi diritto di abitarvi finchè questi ultimi non saranno maggiorenni ed indipendenti.
Decisione di comune accordo: nel caso in cui la coppia decida di separarsi o divorziarsi consensualmente, tra gli accordi della separazione o del divorzio ci sarà anche quello dell’assegnazione della casa coniugale, quindi la scelta avverrà di comune accordo.
Decisione del giudice: nel caso in cui, invece, non vi sia un accordo sull’assegnazione della casa coniugale, deciderà il giudice, tenendo conto prevalentemente degli interessi dei figli.
Infatti, la norma che consente l'assegnazione della casa coniugale al genitore, che sia affidatario di figli minori e conviva con essi ovvero che conviva con figli maggiorenni ma non indipendenti economicamente, è una norma posta ad esclusiva tutela dell'habitat domestico della prole, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si articola la vita familiare e che contribuisce in misura fondamentale alla formazione armonica della personalità psico-fisica della prole.
Quindi, il principio generale che regge l'assegnazione della casa famigliare in caso di separazione coniugale è quello secondo cui l'immobile va assegnato tenendo conto prioritariamente dell'interesse dei figli minorenni (o dei maggiorenni non autosufficienti) a restare nell'ambiente domestico in cui sono cresciuti, per garantire loro di mantenere le consuetudini di vita e le relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate.
Da ciò deriva che la decisione di assegnazione prescinde da ogni valutazione relativa alla ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o dei figli, ove in tali valutazioni non entrino in gioco le esigenze della prole di rimanere nel quotidiano ambiente domestico.
Quando cessa il diritto all’assegnazione della casa coniugale?
Finchè il genitore collocatario dei figli minorenni o maggiorenni ma non economicamente indipendenti abita nella casa assegnata, nessuno può farlo/a allontanare.
Quindi, il primo e principale motivo per cui termina il diritto si verifica quando i figli diventano maggiorenni ed economicamente in grado di mantenersi.
A tal proposito ci si è chiesti quando un figlio maggiorenne può ritenersi autosufficiente, vediamo qualche caso pratico.
Allorquando il figlio maggiorenne studi e risieda stabilmente fuori sede, rientrando a casa soltanto nelle festività , il diritto all'assegnazione della casa coniugale in favore del coniuge originariamente affidatario viene meno a prescindere dall'eventuale obbligo di contribuzione economica a carico dell'altro coniuge (Tribunale di Bari, sez. I, 22.02.2022, n. 725).
Ai fini del riconoscimento dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, ovvero del diritto all'assegnazione della casa coniugale, il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all'età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo o l'assegnazione dell'immobile, fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori aspirazioni (Cassazione civile, sez. VI, 26.05.2022, n. 17075).
In materia di separazione dei coniugi, nel caso in cui il figlio si sia trasferito con il padre in altra località, diversa da quella in cui è situata la casa famigliare, è illogica l'assegnazione della stessa al genitore non affidatario, dovendosi invece presumere che il centro degli interessi e della vita di relazione del figlio minore risulti posto nel nuovo luogo di residenza (Cassazione civile, sez. VI, 20.12.2021, n. 40903).
In presenza di un figlio maggiorenne portatore di handicap grave trovano applicazione, ai sensi dell' art. 337- septies c. c., le disposizioni relative al mantenimento e all'assegnazione della casa coniugale dettate per i figli minori, per cui non possono essere assunti provvedimenti di affidamento di un figlio maggiorenne, anche se portatore di handicap grave, che si presume capace di intendere e di volere sino a quando non intervenga un diverso provvedimento nell'ambito di un giudizio di interdizione o di amministrazione di sostegno.
Cessa anche se nella casa ci va a vivere un nuovo compagno?
I giudici si sono anche chiesti come decidere il caso in cui un genitore a cui è stata assegnata la casa coniugale ci porti a vivere stabilmente il nuovo compagno.
Si perde il diritto all’assegnazione della casa coniugale o no?
La risposta è no!
Nei giudizi di separazione o divorzio l'assegnazione al genitore collocatario dei figli della casa familiare è dettata dall'esclusivo interesse della prole e risponde all'esigenza di conservare l'"habitat" domestico, inteso come centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime la vita familiare. Tale assegnazione non può, pertanto, essere revocata per il solo fatto che il genitore collocatario abbia intrapreso nella casa una convivenza "more uxorio", essendo la relativa statuizione subordinata esclusivamente ad una valutazione di rispondenza all'interesse del minore (Cassazione civile sez. I, 11.11.2021, n.33610).
Cessa anche se l'assegnatario muore?
In questo caso la risposta è positiva.
Quando il genitore a cui è stata assegnata la casa coniugale muore, il diritto si estingue.
L'assegnazione della casa familiare in favore del coniuge collocatario della prole si estingue alla morte del coniuge: infatti il beneficiario di detto provvedimento è il coniuge, che acquista un diritto personale di godimento, nell'interesse della prole minorenne o maggiorenne non autosufficiente, diritto che dunque cessa automaticamente alla morte del beneficiario (Tribunale di Modena, sez. I, 03.06.2022, n. 717).
Se la casa familiare è stata concessa in comodato?
Nel caso di comodato di un bene immobile che sia stato stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare (capita spesso che l’immobile sia concesso dal genitore di uno dei coniugi), tale comodato deve configurarsi non già come precario, bensì come avente una durata implicita nella destinazione impressa al bene concesso in godimento, nella specie ad abitazione familiare.
Significa che l’abitazione è stata concessa in comodato affinchè vi abiti la famiglia almeno finchè i figli non saranno indipendenti.
Conseguentemente, la durata del comodato, sebbene non possa individuarsi con esattezza in via preventiva, è ricollegabile al protrarsi delle esigenze della prole minorenne, e al suo interesse a continuare a vivere nel proprio habitat domestico, seguendo gli stessi princìpi insiti nel provvedimento di assegnazione della casa coniugale.
Ne consegue che il provvedimento, pronunciato nel giudizio di separazione o di divorzio, di assegnazione in favore del coniuge affidatario dei figli minori o maggiorenni non autosufficienti della casa coniugale non modifica né la natura, né il contenuto del titolo di godimento dell'immobile già concesso in comodato da un terzo per la destinazione a casa familiare e pertanto i proprietari-comodanti della casa potrebbero rientrare nel possesso del loro immobile soltanto nell'ipotesi di sopravvenienza di un bisogno urgente e imprevisto in capo agli stessi, ai sensi dell'art. 1809 comma 2 c. c..
2 Comments
Buongiorno, vorrei iniziare la causa di separazione contro mio marito. Abitiamo a Lucca in casa sua con mutuo e abbiamo due figli piccoli. Non vorrei ritrovarmi fuori casa perché non saprei dove andare. Mi fate sapere?
Buongiorno Anita, anche se l’immobile è di proprietà di suo marito e il mutuo lo paga lui, dubito che il giudice della separazione farà uscire di casa lei e i suoi figli. Quando ci sono figli minorenni, di solito, in casa resta la madre con i bambini, e si dice che la casa familiare viene “assegnata” alla madre, che avrà diritto di abitarvi con i figli almeno finché questi ultimi non saranno economicamente indipendenti. Comunque ci contatti pure per fissare un appuntamento presso lo studio di Lucca al fine di valutare in modo più approfondito la questione.