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Categorie
  • Malasanità
Tag
  • paralisi ostetriche
  • parto
  • Responsabilità Medico-Sanitaria
  • Risarcimento Danni

Tra i vari casi di malasanità che abbiamo trattato nel corso degli ultimi venti anni, vi sono quelli legati a gravi lesioni riportate da neonati per responsabilità medica nella fase della gravidanza e del parto.

Con questo articolo, in particolare, parliamo delle lesioni riportate dal neonato ai nervi delle braccia, degli avambracci e delle mani, dovute a manovre anomale durante il parto.

 

 

  • Cosa sono le paralisi ostetriche
  • Come si dimostra che il neonato ha subito danni per colpa medica?
  • E’ sufficiente che l’errore medico sia “più probabile che non”
  • Hanno diritto al risarcimento il figlio, i genitori e altri familiari
  • Rivolgiti a noi per assistenza gratuita per casi malasanità
  • Ascolta la versione audio dell’articolo

 

 

Cosa sono le paralisi ostetriche

Per paralisi ostetriche si intendono le lesioni riportate dai neonati durante il parto, a causa di errate manovre praticate da parte dei sanitari per agevolare la fuoriuscita del feto dal corpo materno.

Spesso le paralisi si verificano quando il feto è macrosomico, ossia pesa più di 4 chilogrammi, e il parto è distocico, ossia non avviene in modo naturale e i sanitari scelgono di ricorrere al forcipe, alla ventosa o al parto cesareo.

Tra le paralisi più frequenti che i nostri avvocati hanno trattato, vi è la paralisi neonatale del plesso brachiale, ossia la paralisi dei muscoli di un arto superiore derivata dalla lesione dei nervi che partono dalle vertebre cervicali e portano stimoli all’arto.

 

Come si dimostra che il neonato ha subito danni per colpa medica?

Se ritieni che tuo figlio abbia riportato lesioni per colpa di ginecologo, ostetrico o in genere sanitari che hanno assistito alla fase pre e post parto, per prima cosa è necessario che richiedi copia della cartella clinica del parto all’ospedale o alla clinica dove è avvenuto il parto.

Solo dall’esame della cartella clinica, e dal racconto dei fatti da parte della partoriente e il familiare eventualmente presente al parto, i nostri avvocati e i nostri consulenti medici potranno accertare se vi è stata responsabilità medica e quantificare i danni.

Dopodichè, al fine di ottenere il risarcimento dei danni, si dovrà soltanto dimostrare l’esistenza e l’efficacia del contratto e/o contatto sociale (quindi di aver partorito in ospedale o clinica privata) e del danno patito, allegando altresì l’inadempimento del debitore, mentre sarà onere dell’ospedale o della clinica dimostrare o di avere adempiuto, ovvero che l’inadempimento non è causa del danno.

Ne consegue, per appunto, che è onere del medico o del personale paramedico dimostrare che il danno non sussiste, ovvero non è dipeso da propria colpa, e pertanto grava sul medico l’onere di provare che l’insuccesso dell’intervento è dipeso da fattori indipendenti dalla propria volontà, dimostrando di aver osservato nell’esecuzione della prestazione sanitaria la diligenza normalmente esigibile da un medico in possesso del medesimo grado di specializzazione.

Deve precisarsi, in proposito, che dalla natura contrattuale della responsabilità dell’ente ospedaliero consegue che, in omaggio al principio della vicinanza o riferibilità dei mezzi di prova, consistendo l’obbligazione professionale in un obbligazione di mezzi, è a carico del danneggiato la prova dell’esistenza del contratto e dell’aggravamento della situazione patologica (o dell’insorgenza di nuove patologie), nonché del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari, restando a carico di questi ultimi o dell’ente ospedaliero la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile.

 

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E’ sufficiente che l’errore medico sia “più probabile che non”

In ordine all’esistenza del nesso di causalità è stato affermato che “in tema di responsabilità civile, per l’accertamento del nesso causale tra condotta illecita ed evento di danno non è necessaria la dimostrazione di un rapporto di consequenzialità necessaria tra la prima ed il secondo, ma è sufficiente la sussistenza di un rapporto di mera probabilità scientifica” (Cass. civ. sent. n. 14759 del 26.6.2007).

Ne consegue che il nesso causale può essere ritenuto sussistente non solo quando il danno possa ritenersi conseguenza inevitabile della condotta, ma anche quando ne sia conseguenza “altamente probabile e verosimile“.

La sufficienza di un credibile ed elevato giudizio probabilistico, supportato da rigorose leggi scientifiche, per dimostrare la sussistenza del nesso causale in sede di responsabilità civile è orientamento granitico delle sezioni civili della Corte di Cassazione (cfr. Cass. civ. sent. n. 23059 del 30.10.2009, Cass. sez. un. sent. cit. n. 576/2008, Cass. civ. sent. n. 22894 del 11.11.2005; Cass. civ. sent. n. 632 del 21.1.2000; 11287 del 16.11.1993), spesso affermato proprio in materia di responsabilità per attività sanitaria.

Si tratta di un orientamento condivisibile in quanto, ad esigere la prova del nesso causale in termini di certezza, si richiederebbe al danneggiato una probatio diabolica e si frapporrebbe un eccessivo ed ingiustificato ostacolo alla tutela del diritto ad agire in giudizio.

 

Hanno diritto al risarcimento il figlio, i genitori e altri familiari

Quanto abbiamo finora scritto è stato applicato e scritto dal Tribunale di Reggio Calabria con la sentenza numero 456 del 20.03.2019, che ha affrontato il caso di un parto con difficoltà all’estrazione del feto, tanto da determinare nel neonato una depressione cardio-respiratoria che aveva richiesto rianimazione e una diagnosi di “sofferenza perinatale, macrosomia. Paralisi del plesso brachiale a destra. Iperbilirubinemia“.

La causa è stata fatta dai genitori contro l’ospedale, perché essi assumevano che il piccolo era nato con una grave lesione alla spalla destra che ne comportava una limitazione sostanziale dei movimenti del braccio tanto da essere sottoposto a continue visite specialistiche e da essere riconosciuto dalla competente commissione medica dell’Inps “invalido con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età“.

Il Tribunale ha disposto una Consulenza Tecnica d’Ufficio (C. T. U.) che ha evidenziato sicuri elementi di censura nella condotta dei sanitari, laddove si precisa che “la descrizione e tempistica del disimpegno e risoluzione della distocia di spalle segue correttamente le linee guida nazionali ed internazionali. Tale episodio non si può però disgiungere dalle fasi precedenti dell’assistenza al parto: in presenza di un tracciato CTG non rassicurante, nelle 3 o 5 ore successive (a seconda sia vero il digitale o il calligrafico) non si è accertato il benessere fetale nella fase attiva del travaglio. Già al tempo dell’evento le linee guida nazionali ed internazionali imponevano un monitoraggio continuo in travaglio in caso di CTG non rassicurante o non valutabile tale come nel caso. Infatti in presenza di una accertato rischio di sofferenza fetale si sarebbe dovuto decidere per un accelerazione del parto o per via vaginale o mediante taglio cesareo”.

Al minore è stata riconosciuta dal C. T. U. una invalidità permanente nella misura del 60%, che il Tribunale ha quantificato in 630mila euro.

Ai familiari (genitori e sorella), il Tribunale ha riconosciuto un risarcimento di 125mila euro per il padre, 125mila euro per la madre e 30mila euro per la sorella.

 

Puoi contattarci anche durante il weekend, chiama gratuitamente

 

Rivolgiti a noi per assistenza gratuita per casi malasanità

Se tu o un tuo familiare siete stati vittima di malasanità, potete rivolgervi ai nostri avvocati per un parere gratuito e assistenza volta ad ottenere il risarcimento di tutti i danni che avete subito.

Potete contattarci tutti i giorni, anche durante il fine settimana, sia telefonicamente che tramite WhatsApp.

Vi risponderà subito uno dei nostri avvocati, dopodichè faremo visionare la cartella clinica ai nostri consulenti medici.

Seguiremo senza chiedere alcun anticipo spese tutta la procedura volta a chiedere e ottenere il risarcimento dei danni, sia in sede stragiudiziale che giudiziale civile e penale.

 

Ascolta la versione audio dell’articolo

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