Riportiamo la recente sentenza n. 1407 del 14.06.2022 con cui il Tribunale di Benevento ha condannato l’ASL a risarcire una bambina vittima di lesioni subite durante il parto, nonché i suoi genitori.
Nella sentenza si richiama il concetto di umanizzazione del parto, secondo cui la partoriente deve essere accudita dai sanitari nel migliore dei modi.
I fatti
I genitori di una minore, sia in proprio che per conto della bambina, citavano in giudizio la ASL ed il medico che aveva assistito il parto, per accertare e dichiarare la loro responsabilità nella produzione dell’evento, consistente nella nascita della piccola con paralisi ostetrica all’arto superiore destro di tipo Erb.
I convenuti contestavano proprie responsabilità e, comunque, addebitavano le lesioni della bambina ad un gesto inconsulto della madre che, durante il parto, non sarebbe stata collaborativa con i sanitari ed avrebbe fatto movimenti violenti con gambe e bacino che avrebbero danneggiato la bambina.
Svolgimento della causa
I fatti incontestati nel corso del giudizio sono che la madre veniva ricoverata per far nascere la piccola e che, a seguito del parto, praticato con ventosa ostetrica, la piccola riportava lesioni consistenti nel mancato utilizzo del braccio destro per problematiche inerenti al parto.
Secondo il CTU, la minore è risultata affetta da “postumi di plessopatia da lesione traumatica da parto del plesso brachiale destro interessanti le radici superiori con residua limitazione dell’articolazione della spalla e dell’arto superiore di destra di grado medio” e, riguardo alle cause del verificarsi del danno, il CTU ha chiarito che “si deduce senza dubbio che la patologia di cui è affetta la bambina riconosce, nel suo meccanismo di produzione, il verificarsi di uno stiramento delle fibre del plesso brachiale di destra durante il parto o per manovre incongrue dei sanitari o per la scarsa collaborazione della madre o, più verosimilmente per ambedue”.
Secondo il CTU, i postumi “sono in nesso causale diretto ed esclusivo con una carenza assistenziale strutturale durante l’assistenza al parto piuttosto che con una condotta professionale dei sanitari intervenuti non potendosi altresì individuare responsabilità assistenziali pre-parto o post-parto“.
La “umanizzazione del parto”
A parere del CTU, non è affatto remota la possibilità che una manovra improvvisa della madre abbia costituito, se non la causa unica, sufficiente e determinante, almeno una concausa sufficiente sebbene non determinante il verificarsi del danno.
E’ anche vero che non è previsto, né è minimamente pensabile usare maniere coercitive quali legare anche soltanto le gambe della donna che, devono invece essere lasciate libere perché la stessa possa collaborare attivamente durante le fasi delicate del parto.
La necessità in sala parto di una pronta disponibilità di uomini e mezzi non può prescindere dalla collaborazione attiva della partoriente.
Dato per accertato che i mezzi vi fossero, nel riferirsi agli uomini, il CTU intende soprattutto fare riferimento alla preparazione del personale medico e paramedico nell’assistere fisicamente e psicologicamente la partoriente assecondandola, incoraggiandola, dirigendola, rassicurandola e consigliandola, in parole povere mettendo in pratica quel complesso di attività meglio conosciute come “umanizzazione del parto” consistenti nel mettere a proprio agio e garantire il massimo supporto alla partoriente.
Da qui, la conclusione che va rilevata la corresponsabilità della struttura sanitaria, considerato che il danno sofferto dalla piccola si è verificato durante il parto o per manovre incongrue dei sanitari (non descritte e non altrimenti dimostrabili se non in via ipotetica), o più verosimilmente per la scarsa collaborazione della madre, il cui coinvolgimento attivo e passivo era comunque devoluto ad una corretta assistenza da parte di tutti i sanitari presenti in sala.
La decisione del giudice
Il Tribunale ha ritenuto che la condotta del medico sia stata diligente, alla luce dell’analisi effettuata e del fatto che non vi sono state problematiche pre o post-parto.
Differenti sono le posizioni e le responsabilità dell’ASL: le carenze del personale hanno certamente inciso sul mancato buon esito del parto, come anche rilevato dal CTU.
In materia di responsabilità medica, nell’ipotesi in cui la struttura si pone, nei confronti del paziente, quale obbligato alla prestazione sanitaria a seguito di un contratto tra il paziente e la stessa, deve ritenersi configurabile una responsabilità contrattuale con tutte le conseguenze che ne derivano in tema di onere della prova, che, per l’effetto, grava sull’istituto stesso e non sul paziente.
Nel caso prospettato, non solo l’ASL non ha dimostrato la correttezza dell’agire del loro personale interno, ma non hanno nemmeno provato in modo valido la casualità dell’evento dedotta in quanto esso era pur astrattamente prevedibile: una donna che, durante il parto, muova una gamba e colpisca inavvertitamente l’ostetrica è un evento raro, ma non impossibile.
Per quanto detto in precedenza, se il personale fosse stato correttamente organizzato e collocato, avesse umanizzato il parto ed avesse operato correttamente, la madre non avrebbe mosso la gamba e causato il movimento che ha originato lo stiramento dei muscoli alla base del danno occorso alla bambina.
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