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A chi non è capitato di chiedere consigli in ambito legale?
A volte ci si rivolge a amici o conoscenti che hanno avuto esperienze simili e possono dirci come hanno risolto il problema, ma un avvocato saprà sempre darti il consiglio più adatto al tuo caso!
Ma se ti rivolgi all’avvocato e poi scopri che non è un avvocato?
Leggi questo articolo e scopri come difenderti.
Come si diventa avvocati
In modo molto sintetico, possiamo dirti che la professione dell’avvocato necessita di molto studio, non solo nella fase antecedente l’acquisizione del titolo, ma anche nel corso della professione stessa.
Infatti l’avvocato deve studiare ogni caso rifacendosi a leggi e giurisprudenza su casi analoghi, e deve tenersi aggiornato per conoscere tutte le novità legislative e procedurali.
Per diventare avvocato si deve innanzitutto conseguire la laurea magistrale in Giurisprudenza che dura 5 anni, dopodichè si deve svolgere un periodo di pratica presso uno studio legale per 18 mesi e, infine, si deve superare un esame di Stato composto da prove scritte e orali.
Come si verifica se chi hai davanti è un avvocato?
Per esercitare la libera professione di avvocato si deve essere iscritti all’Ordine degli Avvocati del circondario del tribunale ove ha domicilio professionale, ossia, di solito, del luogo in cui svolge la professione in modo prevalente.
Quindi, per verificare se il tuo avvocato è abilitato a svolgere la libera professione, e quindi a darti pareri o difenderti in giudizio, è sufficiente che ti rivolgi all’Ordine degli Avvocati del luogo in cui egli esercita la professione o, semplicemente, fai una ricerca online tramite il sito del Consiglio Nazionale Forense (https://www.consiglionazionaleforense.it/ricerca-avvocati).
Se la persona a cui ti sei rivolto non risulta iscritta in alcun Ordine degli Avvocati allora c’è qualcosa che non va…sei di fronte ad un falso avvocato!
L’esercizio abusivo della professione di avvocato
Chi si spaccia per avvocato senza averne titolo, commette un reato, quello di esercizio abusivo della professione, per appunto, di avvocato.
Il reato è previsto dall’art. 348 del codice penale che così recita:
Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni con la multa da euro 10.000 a euro 50.000.
La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attività, la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell’applicazione dell’interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata.
Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo.
Quindi, se sei stato vittima di un falso avvocato, puoi denunciarlo perché ha commesso un reato e, se hai subito danni, potrai costituirti parte civile nel processo a cui sarà sottoposto, al fine di richiedere il risarcimento dei danni!
E se l’ho pagato posso avere i soldi indietro?
Non solo ti sei incolpevolmente rivolto ad un falso avvocato, ma l’hai pure pagato?
Ebbene, siccome il rapporto che si crea tra cliente e “vero” avvocato è di tipo contrattuale, essendo detto contratto d’opera intellettuale, il cliente si impegna a pagare l’avvocato e quest’ultimo si impegna ad assisterlo nella controversia legale.
Ma se un soggetto che si finge avvocato e non ha titolo per assistere in controversie legali, allora non ha diritto ad alcun compenso!
Quindi hai diritto di chiedere la restituzione di quanto ha illegittimamente richiesto e percepito.
Ma non solo. Se il falso avvocato ti ha arrecato danni, potrai chiedergli anche il risarcimento di tutti i danni che hai subito.
Qualche caso trattato dai giudici
Integra il reato di esercizio abusivo di una professione l’attività dell’avvocato, sospeso temporaneamente in via disciplinare dall’esercizio della professione forense, che abbia assistito la parte in un procedimento di conciliazione giudiziale dinanzi al giudice del lavoro (Cassazione penale, sez. VI, 03/11/2021, n. 46963).
È integrato l’elemento soggettivo del reato di esercizio abusivo della professione forense dal soggetto che abbia predisposto un’organizzazione scientifica, idonea a trarre in inganno le vittime, qualificandosi reiteratamente come avvocato all’interno di atti e comunicazioni, predisponendo carte intesta e email contenenti riferimenti all’attività professionale per la quale non possiede alcuna qualifica (Tribunale, Nola, 27/04/2021, n. 785).
Per l’integrazione del reato di esercizio abusivo della professione forense è sufficiente il compimento di un solo atto tipico della professione, mentre in caso di esercizio di atti liberi, i quali pur essendo connessi in maniera strumentale a quelli tipici della professione forense possono essere posti in essere da chiunque, è richiesta la continuità, sistematicità ed organizzazione della condotta criminosa (Tribunale, Nocera Inferiore, 19/02/2021, n. 334).
Integra il reato di esercizio abusivo della professione di avvocato la condotta di chi, pur sospeso dall’esercizio della professione, creando un apparenza oggettiva di regolare svolgimento della professione, intraprenda rapporti con la p.o. nell’ambito del solo esercizio della professione, riceva incarichi e somme economiche determinando sia un danno economico (per le somme versate) sia per l’intervenuta prescrizione delle azioni mai realmente intraprese (Tribunale, Cassino, 21/01/2021, n. 1062).
Ai fini della sussistenza del delitto di esercizio abusivo della professione forense, in virtù dell’ art. 2, comma 6, l. n. 247/2012 , assume rilevanza anche l’attività professionale di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale se svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato (Cassazione penale, sez. II, 26/09/2019, n. 46865).
Integra il reato di esercizio abusivo della professione forense la condotta di chi, non essendo abilitato all’esercizio della suddetta professione, si sia presentato, nell’ambito di una controversia civilistica sorta in seguito a sinistro stradale, come legale incaricato della trattazione della pratica con la compagnia di assicurazione, tenendo i contatti con la stessa e facendo firmare al cliente quietanze all’esito di trattative stragiudiziali (Cassazione penale, sez. V, 13/01/2017, n. 7630).
Integra la condotta di esercizio abusivo della professione di avvocato la condotta di chi, in mancanza di iscrizione all’albo professionale, compie atti di competenza esclusiva della professione forense, quali note difensive, istanze di rinvio, atti di reclamo (Cassazione penale, sez. VI, 04/02/2016, n. 9957).
La partecipazione senza titolo ad un interrogatorio, sub specie di assistenza tecnica nei confronti di colui che vi è sottoposto, integra il delitto di esercizio abusivo della professione forense, in quanto l’interrogatorio, ancorché svincolato da ulteriori attività difensive, è atto tipico della professione di avvocato; né rileva, a tal fine, che non sussista un’attività continuativa ed organizzata, considerato che il delitto de quo si perfeziona con il compimento anche di un solo atto tipico o proprio della professione abusivamente esercitata coerentemente con la sua natura di reato istantaneo e solo eventualmente abituale (Cassazione penale, sez. V, 26/02/2015, n. 24283).
In tema di esercizio abusivo di una professione, il fatto di recarsi in più occasioni presso un Istituto penitenziario, simulando la presenza di un inesistente titolo professionale ed accedendovi al fine di avere un colloquio con un detenuto dal quale si è appena ricevuta la nomina, per compiere quindi un atto tipico ed esclusivo di esercizio della professione di avvocato, costituisce un comportamento idoneo a creare la pubblica percezione del concreto esercizio della professione forense o, in ogni caso, l’apparenza di un’attività svolta da un soggetto regolarmente abilitato, idonea ad integrare ilo reato di cui all’art. 348 c.p. (Cassazione penale, sez. VI, 29/01/2015, n. 6467).
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