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Categorie
  • Diritto Civile
Tag
  • donazione
  • infedeltà
  • tradimento

Riportiamo un caso di cronaca giudiziaria venuto alla ribalta in questi giorni: il marito infedele viene condannato a restituire i beni che la moglie gli aveva donato!

 

 

  • Il caso
  • La decisione della Corte di Cassazione
  • La revocazione della donazione per ingratitudine
  • La gravità dell’offesa al decoro

 

 

Il caso

All’inizio della relazione con la futura moglie, l’uomo era nullatentente e veniva accolto dalla famiglia della donna nell’azienda di famiglia.

Non solo, la moglie nel corso del matrimonio gli aveva anche donato dei beni.

Poi la brutta sorpresa: la moglie scopre che il marito la tradisce con la cognata all’interno dell’azienda familiare!

La donna chiede quindi la separazione dal marito e la revoca della donazione dei beni che gli aveva donato.

E i giudici le danno ragione!

 

La decisione della Corte di Cassazione

Per la Corte di Cassazione il tradimento del marito è stato di tale gravità che giustifica la revoca delle donazioni ricevute.

Infatti, l’uomo aveva tradito la moglie con la cognata (la moglie del fratello della donna), all’interno dell’azienda di famiglia, e con modalità tali da essere mantenuta segreta nel tempo.

Per i giudici il tradimento ha assunto i connotati di una grave offesa all’onore della moglie tradita, evidenziando un “atteggiamento di noncuranza e di assenza di rispetto nei confronti della dignità della moglie”.

A ciò è conseguita la revoca per ingratitudine dei beni che la donna aveva donato al marito.

 

La revocazione della donazione per ingratitudine

La Corte di Cassazione ha ritenuto che il tradimento, messo in atto con modalità particolarmente gravi, giustifichi la revocazione per ingratitudine della donazione.

Infatti, l’art. 801 del codice civile prevede che colui o colei che ha donato beni a qualcuno, può ottenerne la restituzione:

  • se il beneficiario ha ucciso o tentato di uccidere il donante o un suo familiare, o ha commesso nei loro confronti altri gravissimi reati;
  • se il beneficiario ha calunniato il donante o ha testimoniato falsamente contro di lui o lei per un reato punibile con l’ergastolo o con la reclusione non inferiore a tre anni;
  • se il beneficiario si è reso colpevole di grave ingiuria verso il donante;
  • se il beneficiario o ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio del donante;
  • se il beneficiario ha rifiutato indebitamente gli alimenti al donante.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la donna sia stata vittima di “grave ingiuria” da parte del marito e, conseguentemente, ha revocato la donazione.

La domanda di revocazione per causa d’ingratitudine deve essere proposta dal donante o dai suoi eredi, contro il donatario o i suoi eredi, entro l’anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che consente la revocazione.

Se il donatario si è reso responsabile di omicidio volontario in persona del donante o gli ha dolosamente impedito di revocare la donazione, il termine per proporre l’azione è di un anno dal giorno in cui gli eredi hanno avuto notizia della causa di revocazione.

 

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La gravità dell’offesa al decoro

Affinchè una donazione possa essere revocata per ingratitudine dovuta ad una grave offesa, i giudici sono soliti dirci che “l’ingiuria grave richiesta dall’art. 801 c.c. quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all’onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriorizzata, ossia resa palese ai terzi, mediante il comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante, contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero invece improntarne l’atteggiamento, a prescindere, peraltro, dalla legittimità del comportamento del donatario” (da ultimo, Cassazione civile sez. II, n. 13544 del 29 aprile 2022.

 

© Riproduzione riservata avvocaticollegati.it

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