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Commentiamo la sentenza della Corte di Cassazione Sezione III Civile, n. 26301 del 29.09.2021, che ha trattato proprio il caso di una bambina morta per colpa medica ed ha definito le voci di danno che spettano ai familiari.
- Il caso: i medici ritardano diagnosi e taglio cesareo
- La Corte di Cassazione: il risarcimento deve essere “equo”
- Danno diretto e danno riflesso
- Rivolgiti a noi per ottenere il risarcimento
- Ascolta le lettura di questo articolo
Il caso: i medici ritardano diagnosi e taglio cesareo
Due genitori citavano davanti al Tribunale di Verbania la ASL per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti iure proprio in conseguenza della morte del feto portato in grembo dalla madre.
In particolare, essi attribuivano la causa dell’esito infausto della gravidanza all’omessa diagnosi di ipossia fetale e all’omesso trattamento terapeutico, nonché ai ritardi imputabili agli operatori sanitari, i quali non avevano eseguito prontamente il taglio cesareo che, con elevata probabilità, avrebbe evitato la sofferenza del feto e la sua morte.
Precisano ancora che la madre, giunta alla trentunesima settimana di gestazione, in seguito all’improvvisa comparsa di contrazioni e perdita di liquido amniotico, si era recata in ospedale, i cui sanitari, dopo aver monitorato il battito cardiaco fetale, ne disposero il trasferimento presso altro nosocomio, dove, riscontrato un grave peggioramento delle condizioni cliniche della nascitura, veniva data alla luce una bambina già morta.
Il giudice di primo grado – disposta CTU medico-legale che evidenziava profili di negligenza e imperizia a carico dei sanitari dei predetti nosocomi, nonché elevate probabilità di sopravvivenza della nascitura, ove il parto cesareo fosse stato eseguito tempestivamente – condannò la ASL a corrispondere a titolo di danni per malpractice sanitaria, la somma di Euro 120.000,00 in favore della madre, di Euro 100.000,00 per il padre e di Euro 30.000,00 per l’altro figlio della coppia.
I genitori, ritenendo che il danno riconosciuto dal Tribunale di Verbania fosse insufficiente, proponevano appello davanti alla Corte di Appello di Torino, dolendosi dell’incompletezza dell’istruttoria del giudizio di primo grado, all’esito del quale gli attori non erano stati messi in condizione di provare alcuni dei fatti costitutivi della pretesa, e segnatamente la reale natura e la effettiva consistenza dei danni patiti.
Ma la Corte di Appello dichiarava inammissibile l’appello e confermava la sentenza del Tribunale.
La Corte di Cassazione: il risarcimento deve essere “equo”
I genitori ritengono ingiusta la sentenza della Corte di Appello e, quindi, ricorrono alla Corte di Cassazione.
Intanto la Corte di Cassazione ricorda che il risarcimento dei danni come quelli di cui trattasi avviene in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 del codice civile, che così recita:
<<se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare,
è liquidato dal giudice con valutazione equitativa>>
La liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c. consente infatti di sopperire alle difficoltà di quantificazione del danno, al fine di assicurare l’effettività della tutela risarcitoria, ma non può assumere valenza surrogatoria della prova, incombente sulla parte, dell’esistenza dello stesso e del nesso di causalità giuridica che lo lega all’inadempimento o al fatto illecito extracontrattuale.
Proprio perché le parti hanno comunque un onere probatorio, la Corte di Cassazione ritiene che i familiari della bambina abbiano diritto di provare, anche per tramite di testimoni, così come avevano richiesto, di aver subito danni, in modo che se ne possa dare una quantificazione il più possibile equa.
Danno diretto e danno riflesso
Secondo la Corte di Cassazione, i familiari della bambina morta per colpa dei medici, hanno diritto a due tipologie di risarcimento dei danni subiti.
La prima riguarda il danno diretto, ossia quello per perdita del rapporto parentale, quindi per la sofferenza interiore patita, sul piano morale soggettivo, nel momento in cui la perdita della congiunta è percepita nel proprio vissuto interiore.
La seconda riguarda il danno riflesso, ossia i cambiamenti che la morte della bambina ha determinato, in termini dinamico-relazionali, sui percorsi della vita quotidiana attiva dei familiari che l’hanno subita.
Questa distinzione è già stata sancita dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 28989 del 11.11.2019, approdo definitivo di un lungo e tormentato percorso interpretativo che ha finalmente colto la reale fenomenologia del danno alla persona, come confermato dallo stesso, esplicito dettato legislativo di cui al novellato art. 138 C.d.a., oltre che dalla cristallina sentenza della Corte Costituzionale n. 235/2014 che, nel pronunciarsi sulla conformità a Costituzione del successivo art. 139, e discorrendo di risarcibilità anche del danno morale al punto 10.1. della sentenza, ha definitivamente chiarito la differenza strutturale tra qualificazione della fattispecie e quantificazione del danno.
Aspetti, dunque, come il panico, gli incubi e il mutamento delle abitudini di vita, conseguenti alla morte del feto in utero, non possono considerarsi affatto come un tipo di danno assolutamente avulso rispetto alla domanda di risarcimento formulata dai familiari della bambina, come aveva erroneamente ritenuto la Corte di Appello.
Nel riconsiderare tali aspetti del danno lamentato dai ricorrenti, il collegio di rinvio terrà altresì conto di quanto di recente affermato da questa stessa Corte (Cass. 8887/2020) in tema di danno da perdita del rapporto parentale: <<il danno da perdita del rapporto parentale si configura alla stregua di un danno di natura non patrimoniale, il cui aspetto più significativo è rappresentato dalla sofferenza interiore del familiare superstite (danno morale), da allegare e provare anche solo con presunzioni semplici, oltre che dal danno relazionale, da valutarsi e liquidarsi secondo apprezzamenti discrezionali del giudice di merito, non censurabili in sede di legittimità, se non sotto il profilo motivazionale>>.
Ciò detto, la Corte di Cassazione rinvia la causa alla corte di Appello affinchè si adegui ai suddetti principi.
Rivolgiti a noi per ottenere il risarcimento
Se tu o un tuo familiare avete subito danni per colpa medica, potete chiederci un parere per sapere se avete diritto al risarcimento e a quanto può ammontare.
Siamo avvocati con esperienza ventennale nel campo della malasanità, e ci avvaliamo di consulenti medici che hanno altresì tanti anni di esperienza alle spalle nell’individuazione di responsabilità medico-sanitarie.
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NOTA BENE: avvocaticollegati.it invita gli utenti interessati a promuovere azioni di risarcimento danni per responsabilità medico-sanitaria, a contattarci solo se il caso riguarda decessi o grandi invalidità. Si informa inoltre che, al fine di evitare azioni temerarie o meramente speculative, gli avvocati presteranno assistenza legale solo previa valutazione del caso da parte dei nostri consulenti medici, e solo ove questi ultimi abbiano effettivamente ritenuto sussistente una responsabilità-medico sanitaria.
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