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12/05/2022Quando si contrae matrimonio, o unione civile tra persone dello stesso sesso, si può decidere se scegliere il regime della comunione e della separazione dei beni.
Vediamo la differenza tra comunione e separazione dei beni e, in particolare, quali beni entrano a far parte della comunione dei beni.
- Cosa si intende per comunione legale dei beni?
- Quali sono i beni che entrano nella comunione?
- Quali sono i beni esclusi dalla comunione?
- Quando si scioglie la comunione legale?
- Cosa succede quando la comunione si scioglie?
- Alcuni casi pratici
Cosa si intende per comunione legale dei beni?
Quando si contrae matrimonio, a meno che non venga espressamente scelto il regime della separazione legale dei beni (ciò che si potrà eventualmente fare anche in seguito tramite atto notarile), si costituisce quello della comunione legale.
Per comunione legale dei beni si intende il regime patrimoniale con cui i beni acquistati dall’uno e/o dall’altro coniuge, durante il matrimonio, diventano di proprietà comune ad entrambi i coniugi.
Infatti, ai sensi dell’art. 180 del codice civile, l’amministrazione dei beni della comunione e la rappresentanza in giudizio per gli atti ad essa relativi spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi, mentre il compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, nonché la stipula dei contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento e la rappresentanza in giudizio per le relative azioni spettano congiuntamente ad entrambi i coniugi
Se uno dei coniugi rifiuta il consenso per la stipulazione di un atto di straordinaria amministrazione o per gli altri atti per cui il consenso è richiesto, l’altro coniuge può rivolgersi al giudice per ottenere l’autorizzazione nel caso in cui la stipulazione dell’atto è necessaria nell’interesse della famiglia o dell’azienda che a norma della lettera d) dell’articolo 177 fa parte della comunione.
Quali sono i beni che entrano nella comunione?
Ai sensi dell’art. 177 del codice civile:
[I]. Costituiscono oggetto della comunione:
a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali;
b) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione;
c) i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati;
d) le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.
[II]. Qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi.
I beni destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi, costituita dopo il matrimonio, e gli incrementi dell’impresa costituita anche precedentemente si considerano oggetto della comunione “solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa”.
Quali sono i beni esclusi dalla comunione?
Ai sensi dell’art. 179 del codice civile, non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge:
a) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;
b) i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell’atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione;
c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;
d) i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione;
e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;
f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto.
Quando si scioglie la comunione legale?
Ai sensi dell’art. 191 del codice civile, la comunione legale dei beni si scioglie:
per la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi, per l’annullamento, per lo scioglimento o per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, per la separazione personale, per la separazione giudiziale dei beni, per mutamento convenzionale del regime patrimoniale, per il fallimento di uno dei coniugi.
Nel caso di separazione personale, la comunione tra coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purchè omologato.
L’ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all’ufficiale dello stato civile ai fini dell’annotazione dello scioglimento della comunione.
Cosa succede quando la comunione si scioglie?
La comunione legale tra coniugi, regolata dagli artt. 177 e segg. c.c., è qualificabile come una comunione senza quote, nella quale cioè i coniugi sono solidalmente titolari di un diritto avente ad oggetto i beni della comunione e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei.
A differenza della comunione ordinaria, la comunione coniugale non è finalizzata alla tutela della proprietà individuale, ma alla tutela della famiglia, attraverso particolari forme di protezione della posizione dei coniugi, con speciale riferimento al regime degli acquisti.
Ne consegue che allo scioglimento, i beni cadono in comunione ordinaria e ciascun coniuge, che abbia conservato il potere di disporre della propria quota, può liberamente e separatamente alienarla.
In sostanza, sino al momento del passaggio in giudicato della sentenza di separazione (momento dal quale si verifica lo scioglimento della comunione) il coniuge amministratore dei beni comuni amministra i beni destinati al mantenimento della famiglia, la quale permane come vincolo anche tra i coniugi separati, senza che alcuno di questi possa rivendicare la disponibilità personale delle loro rendite, nei limiti della propria quota di comproprietà, prima del definitivo scioglimento del rapporto di convivenza.
Alcuni casi pratici
Nel caso di acquisto di un immobile (o di un bene mobile registrato) effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, per escludere il bene dalla comunione è necessaria la contemporanea presenza dei seguenti requisiti: 1. sussistenza di uno dei presupposti di cui all’art. 179, comma 1, lett. c), d) o f) c.c.; 2. la dichiarazione del coniuge acquirente relativa alla natura personale del bene e, dunque, la volontà di escluderlo dalla comunione legale; 3. l’adesione alla suddetta dichiarazione dell’altro coniuge, del quale è pertanto richiesta la partecipazione al compimento dell’atto. Ciò significa che la natura personale del bene (prevista dell’ art. 179 c.c. , prima parte) non è di per sé sufficiente ad escludere la comunione se non è accompagnata dal consenso all’acquisto esclusivo manifestato in atto dal coniuge non intestatario e dalla manifestazione del predetto consenso (Corte appello di Firenze, sez. III, 24.02.2022, n. 376).
Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione all’atto dell’altro coniuge non acquirente, prevista dall’ articolo 179, comma 2, del codice civile, si pone come condizione necessaria, ma non sufficiente, per l’esclusione del bene dalla comunione, occorrendo a tal fine non solo il concorde riconoscimento, da parte dei coniugi, della natura personale del bene medesimo, richiesto esclusivamente in funzione della necessaria documentazione di tale natura, ma anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione, tassativamente indicate dall’ articolo 179, comma 1, lettere c), d) e f), del codice civile (Cassazione civile, sez. II, 16.12.2021, n. 40423).
Nella disciplina del diritto di famiglia, introdotta dalla l. n. 151 del 1975, l’obbligazione assunta da un coniuge, per soddisfare bisogni familiari, non pone l’altro coniuge nella veste di debitore solidale, difettando una deroga rispetto alla regola generale secondo cui il contratto non produce effetti rispetto ai terzi. Tale principio opera indipendentemente dal fatto che i coniugi si trovino in regime di comunione dei beni, essendo la circostanza rilevante solo sotto il diverso profilo della possibilità, da parte del creditore, di invocare la garanzia dei beni della comunione o del coniuge non stipulante, nei casi e nei limiti di cui agli artt. 189 e 190 c.c. (Cassazione civile, sez. II, 30.11.2021, n. 37612).
Quando la causa di scioglimento della comunione legale è determinata dalla separazione dei coniugi non sussistono ragioni per protrarre un regime patrimoniale con limitazioni anche in ordine ai beni acquistati prima del matrimonio. Ne consegue che è valido l’ impegno preso dal coniuge in sede di separazione di cedere la propria quota, 50%, di un’ immobile alla moglie, essendone divenuto comproprietario (Corte appello di Napoli, sez. III, 06.10.2021, n. 3615).
In materia di separazione tra coniugi, in ipotesi di costruzione di un immobile in comunione legale, sul suolo di esclusiva proprietà di uno dei due, al coniuge non proprietario, che abbia però contribuito economicamente alla costruzione dello stesso, spetta il diritto di ripetizione delle somme versate a tal fine, previo assolvimento dell’onere della prova dell’esborso economico di cui sopra (Cassazione civile, sez. VI, 03.08.2021, n. 22193).
Se il prezzo di acquisto di un appartamento è pagato dall’acquirente con denaro fornito dai suoi genitori come liberalità, l’immobile non è soggetto al regime di comunione legale vigente nel matrimonio dell’acquirente. Non è rilevante, inoltre, che il coniuge dell’acquirente intervenga al rogito per riconoscere l’esclusione di tale acquisto dal regime di comunione. A dirlo è la Cassazione, per la quale in presenza di un’ipotesi di acquisto dei beni non in comunione rientranti nell’ambito dell’ articolo 178, comma 1, lettera b), del codice civile , non rileva la dichiarazione del “rifiuto al coacquisto” eseguita dal coniuge non intestatario (Cassazione civile, sez. II, 16.07.2021, n. 20336).
L’assegnazione in proprietà esclusiva di un immobile, conseguita dall’ex coniuge beneficiario dell’assegno divorzile in sede di scioglimento della comunione legale dei beni, o la sua rinuncia gratuita a diritti ereditari, sono accadimenti potenzialmente idonei, con riferimento alla fattispecie concreta, a modificare i termini della situazione di fatto e quindi ad alterare l’equilibrio economico esistente tra gli ex coniugi come accertato al momento della pronuncia di divorzio, e pertanto a giustificare l’introduzione del giudizio di revisione dell’assegno (Cassazione civile, sez. I, 05.05.2021, n. 11787).
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