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  • Diritto di Famiglia
Tag
  • Assegno divorzile
  • divorzio
  • separazione

Parliamo delle sorti dell’assegno divorzile quando l’ex coniuge, che è tenuto a corrisponderlo, contrae un nuovo matrimonio o va a convivere con un nuovo partner.

E’ sempre dovuto? Si può chiedere una riduzione?

La questione è stata affrontata dalla Corte di Cassazione sezione I civile con l’ordinanza n. 14162 del 4 maggio 2022.

 

 

  • L’assegno divorzile
  • Il caso trattato dalla Corte di Cassazione
  • Riportiamo la sentenza per esteso
  • Rivolgiti a noi per questioni legate a separazioni o divorzi
  • Ascolta la versione audio dell’articolo

 

 

L’assegno divorzile

Prima di procedere con l’esame del caso specifico trattato dalla Corte di Cassazione, è opportuno sapere cosa si intende per “assegno divorzile”.

L’assegno divorzile è una somma periodica (normalmente a scadenza mensile) che può essere riconosciuta, in sede di divorzio, al coniuge che durante il matrimonio ha contribuito (tramite propri redditi e/o tramite la cura della famiglia) al mantenimento e all’eventuale accrescimento del patrimonio comune, o che comunque ha sacrificato i propri interessi individuali economici per contribuire alla gestione della famiglia.

E’ riconosciuta, in particolare, quando l’altro coniuge che è tenuto a corrisponderla, ha redditi superiori ed è in grado di consentire al/alla beneficiario/a di mantenere uno stile di vita dignitoso dopo la fine della loro relazione.

Ma vi è da precisare che c’è un altro requisito. Il coniuge che lo chiede, affinchè il Giudice glielo riconosca, deve dimostrare anche che non è in grado, non per sua colpa, di potersi procurare redditi che gli consentano autonomamente di vivere dignitosamente dopo la crisi del matrimonio.

Infine, a differenza di quanto avveniva in passato, laddove si affermava che l’assegno divorzile era finalizzato a consentire all’ex coniuge di mantenere lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ormai secondo i Giudici <<la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi>> (Cassazione civile  sez. I, 28.02.2022, n. 6534).

E’ utile segnalare che, in via di principio, il/la beneficiario/a dell’assegno divorzile perde questo diritto se contrae un nuovo matrimonio.

E se a risposarsi è il coniuge che è tenuto a versarlo cosa succede? Vediamo il caso che segue.

 

Il caso trattato dalla Corte di Cassazione

Un uomo che era stato condannato a versare alla ex moglie un assegno di divorzio si risposa e, siccome deve affrontare nuove spese per aver costituito una nuova famiglia, chiede al Giudice l’eliminazione o la riduzione del suo obbligo di assegno divorzile, quantificato in 400 euro mensile, in favore dell’ex moglie.

Siccome i giudici di primo e secondo grado gli negano la richiesta, egli ricorre in Cassazione, ribadendo la propria richiesta ed evidenziando sia le nuove spese che deve sostenete, sia l’esiguità dei suoi redditi che non gli consentirebbero di far fronte anche all’assegno per la ex moglie.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso dell’uomo, ritenendo che in realtà i suoi redditi siano aumentati e che, comunque, l’ex moglie, che aveva ormai 60 anni, difficilmente avrebbe potuto trovare un lavoro che le consentisse di vivere autonomamente in modo dignitoso.

Per di più, il fatto che l’uomo avesse instaurato una nuova stabile relazione è visto come <<una sua libera scelta, le cui conseguenze in tanto possono coinvolgere l’assegno dovuto al primo coniuge, in quanto incidano in maniera pregnante, e decisiva, sul suo ménage», mentre in questa vicenda «si fa riferimento alle sole maggiori spese necessarie per la vita quotidiana che, seppure sicuramente sussistenti, paiono inidonee ad alterare in maniera significativa il ménage di un soggetto il cui reddito è prossimo ai 2mila euro al mese.

 

Riportiamo la sentenza per esteso

Cass. civ., sez. I, ord., 4 maggio 2022, n. 14162

Presidente Genovese – Relatore Di Marzio

Rilevato in fatto che:

1 – F.N. ricorre per due mezzi, nei confronti di P.M.G. , contro il decreto dell’8 gennaio 2018, con cui la Corte d’appello dell’Aquila ha respinto il suo reclamo avverso decreto del Tribunale di Teramo volto ad ottenere l’eliminazione o riduzione del suo obbligo di assegno divorzile quantificato in Euro 400,00 mensili.

2 – P.M.G. non spiega difese.

Considerato in diritto che:

3 – Il primo mezzo denuncia: “Violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, artt. 5 – 9, artt. 132 e 115 c.p.c., art. 111 Cost., e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia – art. 360 c.p.c., n. 3”. Sostiene in breve il ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe motivato in ordine al rilievo del nuovo matrimonio che egli aveva contratto, per di più attribuendogli un reddito annuale di circa 20.000 Euro, che in effetti realizzava solo attraverso l’espletamento di lavoro straordinario e notturno.

Il secondo mezzo denuncia: “Violazione art. 5 – 9,1 comma Legge divorzio – violazione principio di equità – violazione art. 111 Cost., art. 360 c.p.c., n. 2”. Si sostiene che la Corte d’appello avrebbe legittimato una posizione di rendita della P. , imponendo ad esso F. di rincorrere i risultati reddituali raggiunti, attraverso lo svolgimento di lavoro straordinario e festivo.

Ritenuto che:

4. – Il ricorso è inammissibile.

4.1. – È inammissibile il primo motivo.

A parte la formulazione della censura in relazione ad una previsione normativa abrogata dal 2012 (“omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”); a parte il richiamo all’art. 115 c.p.c., che può dirsi violato solo se il giudice ponga a fondamento della domanda prove introdotte d’ufficio o fatti contestati; a parte la formulazione delle censure riguardanti aspetti processuali in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3; a parte la formulazione della censura di violazione dell’art. 5 della legge sul divorzio, censura che neppure sfiora il significato e la portata applicativa della norma richiamata in rubrica; a parte tutto ciò, il fatto è che il motivo tende a capovolgere la motivazione addotta dal giudice di merito, il quale ha osservato che “nel caso di specie, la sentenza di divorzio ha accertato che il F. , nel 2013, ha dichiarato un reddito superiore ai 24.000 Euro, che non risulta essere diminuito; mentre la P. è proprietaria di un appartamento, per la locazione del quale riceve, oggi come allora, un canone di Euro 400; ed oggi, a 60 anni, difficilmente potrà trovare un lavoro. Quanto alle maggiori spese che il reclamante deduce di dover sostenere per effetto della nuova convivenza, occorre considerare che si tratta di una sua libera scelta, le cui conseguenze in tanto possono coinvolgere l’assegno dovuto al primo coniuge, in quanto incidano in maniera pregnante, e decisiva, sul suo menage. Ma il ricorso, cosi come il reclamo, fa riferimento alle sole maggiori spese necessarie per la vita quotidiana che, seppure sicuramente sussistenti, paiono inidonee ad alterare in maniera significativa il menage di un soggetto il cui reddito è prossimo ai 2.000 Euro al mese”.

Trattasi di valutazione di merito conforme al principio secondo cui: “In tema di assegno divorzile, qualora a supporto della richiesta di sua diminuzione siano allegati sopravvenuti oneri familiari dell’obbligato, il giudice deve verificare se si gli stessi abbiano determinato un effettivo depauperamento delle sostanze di quest’ultimo, tale da postulare una rinnovata valutazione comparativa della situazione economico-patrimoniale delle parti o se, viceversa, la complessiva, mutata condizione dell’obbligato non sia comunque di consistenza tale da rendere irrilevanti i nuovi oneri” (Cass. 29 luglio 2021, n. 21818; v. pure Cass. 19 marzo 2014, n. 6289; Cass. 12 luglio 2016, n. 14175).

Valutazione di merito come tale insindacabile in sede di legittimità.

4.2. – Anche il secondo mezzo è inammissibile per analoghe ragioni.

Trattasi difatti di censura versata in fatto, e cioè volta a sollecitare un riesame dell’accertamento di merito svolto dal Tribunale prima dalla Corte d’appello poi, essendo per di più il motivo fondato su circostanze fattuali – lo svolgimento di lavoro straordinario e festivo – che non risultano menzionate nella sentenza impugnata e riguardo alle quali il ricorso difetto del requisito dell’autosufficienza di cui al numero 6 dell’art. 366 c.p.c..

5 – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto. Si dispone l’oscuramento dei dati.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Si dispone l’oscuramento dei dati.

 

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