Con questo articolo commentiamo quanto deciso dalla Corte di Cassazione Civile, Sezione VI, con l’ordinanza numero 8750 del 17 marzo 2022.
E’ il caso di un marito che ha scoperto che la moglie lo tradiva da tempo e ha chiesto la separazione con addebito alla moglie.
Vediamo i fatti, la decisione e il principio giuridico che hanno espresso i giudici.
Il caso: la moglie intrattiene una relazione extraconiugale
I giudici del Tribunale di Ancora, in primo grado, e quelli della Corte di Appello di Ancona, in secondo grado, hanno accertato una relazione extraconiugale della moglie che proseguiva da anni, come riscontrato dal fatto che la donna si era recata in Comune dichiarando che avrebbe ospitato per circa un mese l’amante di cittadinanza algerina.
Veniva addirittura provato che la donna aveva avuto manifestazioni di gelosia, espresse nei confronti dell’amante in alcuni scritti che evidenziavano la sussistenza di un legame affettivo tra i due, nonché dalle dichiarazioni della figlia alle insegnanti, sulla vacanza programmata dalla mamma in compagnia del “fidanzato” e dal reperimento di un’unità immobiliare in locazione con versamento di cauzione.
I giudici hanno quindi confermato la sussistenza dell’addebito e la sua efficacia causale sulla separazione sia sul piano cronologico, che su quello logico, difettando la prova di una intollerabilità della convivenza in data antecedente al comportamento assunto dalla donna in violazione dei suoi doveri coniugali.
Il tradimento è stato la causa della separazione
Tutti i giudici che hanno trattato la causa si attengono ad un principio giuridico ormai radicato, secondo cui l’addebito della separazione può essere dichiarato solo quando la relazione extraconiugale intrattenuta da un coniuge è stata la causa della separazione e non, viceversa, quando avvenga dopo una crisi del matrimonio.
Quindi, i giudici di merito hanno ritenuto che la separazione fosse addebitabile alla donna perché quest’ultima ha intrattenuto una relazione con altro uomo quando il matrimonio non risultava essere in crisi.
Ma la signora non si arrende e ricorre alla Corte di Cassazione per i seguenti motivi.
Con il primo motivo deduce che la Corte d’appello aveva omesso di valutare il fatto decisivo correlato alle violenze e alle vessazioni derivanti dall’etilismo del marito.
Ma i giudici rigettano il motivo, sia perchè perché le censure della donna sono generiche, sia perché le violenze e i maltrattamenti risultavano smentiti dall’avvenuta assoluzione in sede penale dalle accuse (e che, al riguardo, non appariva affatto decisivo il rilievo che l’assoluzione fosse avvenuta con formula dubitativa e ciò in disparte l’affermazione di controparte che l’assoluzione fosse stata pronunciata con formula piena, ai sensi dell’art. 530 c. p. p. comma 1), sia dal difetto di qualsiasi accertamento che potesse dare credito all’assunzione di bevande alcoliche da parte del marito, sia in quanto “la crisi coniugale appariva difficilmente collocabile prima che la donna intrattenesse rapporti con l’amante”.
Un coniuge non può offendere la dignità e l’onore dell’altro
Con il secondo motivo la donna deduce in Corte di Cassazione la violazione e falsa applicazione dell’art. 143 c. c. comma 2, in quanto non configurava la violazione dell’obbligo di fedeltà l’avere allacciato una corrispondenza epistolare e via chat con altro soggetto, dovendosi intendere per adulterio una relazione affettiva reale e non virtuale, fatta di incontri e di effusioni che nella specie non vi erano stati.
Ma la Corte di Cassazione respinge il motivo affermando che <<la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell’art. 151 c.c., quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge>>.
Peraltro, nel caso in esame, i giudici di appello hanno affermato che le risultanze processuali acquisite evidenziavano, al di là di ogni dubbio, l’esistenza di una relazione extraconiugale della donna, niente affatto riferibile ad uno scambio di corrispondenza epistolare e via chat tra la ricorrente e il cittadino algerino, ritenendo, dunque, sufficientemente provata anche l’infedeltà reale.
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