Con questo articolo riportiamo un caso di malasanità trattato dal Tribunale di Napoli sezione VIII con la sentenza n. 5870 del 19.05.2017.
E’ il caso di un paziente a cui è stato erroneamente diagnosticato un tumore maligno del rene, con gravi conseguenze tra cui l’asportazione di un rene che poteva essere evitata.
Intanto riportiamo qualche nozione medica utile a comprendere il caso di malasanità.
I reni, la neoplasia e l’angiomiolipoma
Intanto riportiamo qualche nozione medica utile a comprendere il caso di malasanità.
I reni sono due organi pari, posti dietro all’addome ed ai lati della colonna vertebrale.
Essi filtrano dal sangue i prodotti di scarto del metabolismo, che poi vengono espulsi tramite l’urina attraverso l’apparato urinario.
La neoplasia del rene è una forma di tumore che in Italia colpisce circa 14mila persone ogni anno, più diffuso tra fumatori, obesi, ipertesi e soggetti sottoposti a esposizione cronica ad alcuni metalli e sostanze particolari come il cadmio, la fenacetina e la trielina.
L’angiomiolipoma è invece un tumore benigno del rene, che in quanto benigno non si diffonde ad altri organi).
Il caso giudiziario: errata diagnosi
Nel reparto di urologia un paziente veniva sottoposto ad esame TAC dell’addome, a seguito del quale gli veniva diagnosticata, senza l’ausilio di ulteriori e dovute indagini cliniche, una neoplasia al rene sinistro, consigliandogli quale unica alternativa terapeutica, l’intervento chirurgico di nefrectomia parziale.
Secondo la prospettazione del paziente, che si rivolgeva al Tribunale di Napoli per chiedere il risarcimento, il medico del reparto errava nel formulare la diagnosi di neoplasia, senza sottoporre l’ammalato ad ulteriori e necessarie indagini, che avrebbero condotto ad accertare la reale patologia di cui era affetto l’ammalato: un’angiomiolipoma asintomatico a crescita lentissima.
Il paziente quindi si ricoverava e veniva sottoposto ad intervento chirurgico di nefrectomia parziale a sx in via laparoscopica.
Ma a seguito dell’intervento sopravvenivano complicanze tali da indurre i chirurghi ad asportare, non più la piccola lesione benigna del rene sinistro, ma l’intero organo.
Pertanto, il paziente subiva, per colpa dei medici che lo ebbero in cura nell’ospedale di No., l’asportazione di un organo perfettamente funzionante, tenuto conto che l’angiomiolipoma doveva soltanto essere monitorato perché nel 90% dei casi non degenera in una formazione maligna.
Inoltre, l’Ospedale omise di diagnosticare al degente un carcinoma del surrene dx, pur in presenza della TAC Addome, dove si evidenziava la lesione tumorale, dimettendolo dopo l’intervento di asportazione del rene sx.
Detta grave patologia era diagnosticata al paziente solo dopo lungo tempo, quando quest’ultimo si sottoponeva ad un occasionale controllo presso altro ospedale ove gli veniva riferito che il tumore era già visibile all’epoca e che tale formazione si era evoluta, diventando di 5 cm, con un’invasione vascolare e una tipizzazione più grave.
L’uomo era quindi sottoposto ad un ulteriore intervento per l’asportazione del succitato carcinoma.
La Consulenza Tecnica d’Ufficio da ragione al paziente
In corso di causa il Tribunale disponeva una CTU che così concludeva: <<il paziente dunque fu operato da nefrectomia renale sx per via laparoscopica / laparotomica e non del necessario intervento di surrenalectomia destra per carcinoma, eseguito successivamente>>.
Vi fu poi una emicolectomia per una RCU di cui il paziente era affetto, con ileostomia terminale e ricostruzione in due tempi.
Orbene l’analisi dei fatti porta a considerare che <<l’intervento di nefrectomia sinistra era da ritenersi superfluo>> vista la natura benigna della lesione (angiolipomatosi come riportato nel referto istologico che al massimo richiedeva l’asportazione della neoformazione e non certo la nefrectomia).
Solo dopo tre anni si ebbe contezza, ad un rilievo clinico effettuato per altra patologia, che tale neoformazione era un carcinoma leggermente aumentato di dimensioni meritevole di asportazione chirurgica che fu poi effettuata tre anni dopo.
<<Non vi è dubbio dalla ricostruzione clinica e dalla revisione della letteratura che l’asportazione del rene risultò erroneo, perché trattavasi di organo sano e tutto al più poteva procedersi all’asportazione della neoformazione>>.
Inoltre nulla di diagnostico venne effettuato sulla massa surrenalica destra, che invece si rivelò un carcinoma solo tre anni dopo, epoca in cui fu sottoposto ad asportazione surrenalica destra, esponendo il paziente al maggior rischio di invasione neoplastica….
La quantificazione del risarcimento danni
Il consulente incaricato dal Tribunale accertava che i postumi residuati al paziente sono di carattere permanente e causalmente ricollegabili al mancato trattamento che il caso richiedeva nella misura di un danno biologico valutabile al 30%, una ITT in giorni 20, una ITP in 50 giorni al 50%.
Ai fini della valutazione del danno, applicando le Tabelle di Milano, vengono riconosciuti al paziente € 155.000,00 a titolo di personalizzazione.
La quantificazione dell’equipe chirurgica
Il Tribunale ha ritenuto che vi sia stata una responsabilità concorsuale tra i sanitari che hanno operato insieme al primario.
Invero, in particolare, sono state evidenziate anche delle omissioni da parte del radiologo che ha effettuato l’indagine strumentale sulle lesioni renali: l’aver mancato di consigliare ai propri colleghi urologi ospedalieri di sottoporre il paziente ad esami radiologici suppletivi, quali la RMN ed un eco-color-doppler, porta ad associare lo specialista radiologo ai detti urologi.
Altro responsabile del danno conseguito al paziente dalla nefrectomia iatrogena’, è individuato nell’anatomopatologo: ‘l’unico rilievo fortemente censurabile e la cui valutazione si rimette all’esperienza ed alla scienza del CTU, è la mancata annotazione da parte dell’anatomopatologo o l’assenza del referto dei risultati dell’esame istologico estemporaneo delle biopsie, sul letto di resezione, nella cartella clinica’.
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