Riportiamo la sentenza numero 1292 del 7 ottobre 2021 con cui il Tribunale di Pisa ha riconosciuto ad una ragazza, vittima di malasanità, un risarcimento di 630mila euro.
E’ stato riconosciuto un risarcimento anche ai genitori della ragazza per 10mila euro ciascuno.
Intervento ortopedico: la paziente subisce la lesione dell’arteria e della vena poplitea
La paziente, a seguito di diagnosi di “lesione del legamento crociato posteriore ginocchio sinistro“, si sottoponeva ad intervento chirurgico in artroscopia.
All’esito dell’operazione, lamentava dolore al ginocchio sinistro accompagnato da ipoestesia di tutta la gamba; di tali fatti il medico che l’aveva operata ed il personale infermieristico erano informati.
Perdurando la suddetta condizione dolorosa anche a seguito della dimissione, si sottoponeva a angio-TC dei vasi poplitei di sinistra ed emergeva quanto segue: “lesione pseudoaneurismatica di poco più di 27 mm di diametro massimo, estesa per circa 23,5 mm in senso craniale, di pertinenza del III medio dell’arteria poplitea con precoce opacizzazione e dilatazione craniale della vena omonima per comunicazione artero-venosa. Tale comunicazione è localizzata immediatamente al di sopra dell’emergenza ramo genicolato”.
Quindi la paziente si sottoponeva d’urgenza ad intervento chirurgico volto alla sutura delle breccia arteriosa.
A seguito de sopraindicati eventi, la paziente accusava ancora relativamente all’arto inferiore sinistro, dolore trafittivo costante che interessa la faccia posteriore della metà distale della coscia, il polpaccio e la pianta del piede, a cui si associa sensazione di scossa elettrica nella stessa regione, ogni 3-4 secondi; anestesia del ginocchio e del lato interno della gamba; dolore urente in corrispondenza del lato esterno della gamba.
Nell’arco di tempo successivo ai suddetti eventi, la paziente si sottoponeva a molteplici trattamenti sanitari volti alla ricerca di soluzioni che potessero eliminare o quanto meno alleviare la persistenza di una sindrome dolorosa.
Infine, la paziente si rivolgeva al Tribunale per responsabilità per colpa professionale dell’ortopedico che l’aveva inizialmente operata, al fine di ottenere il risarcimento del danno patrimoniale e dal danno non patrimoniale patito a seguito degli eventi sopradescritti.
L’ ortopedico ha agito con negligenza
Il Tribunale disponeva una Consulenza Tecnica d’Ufficio che dava ragione alla paziente per i seguenti motivi:
– la lesione dell’arteria e della vena poplitea si è sicuramente avuta durante il primo intervento ortopedico da parte di uno strumento appuntito;
– non si può escludere che lo stesso strumento, già in questo primo intervento, abbia provocato una lesione al fascio nervoso contiguo anatomicamente al fascio vascolare (arteria e vene poplitee);
– il mancato riconoscimento della lesione ha poi portato ad un ematoma rifornito con formazione secondaria dello pseudoaneurisma;
– il diario clinico è incompleto perché manca la descrizione del decorso di alcuni giorni con i parametri vitali, la quantità di liquido nel drenaggio, lo stato clinico della paziente;
– un drenaggio che presenti 150-200 cc di sangue per un intervento artroscopico è molto di più del normale e questo dato avrebbe meritato da subito (I giornata post-operatoria) una attenzione ed una valutazione clinica e strumentale;
– la diagnosi di pseudoaneurisma e di fistola artero-venosa è stata effettuata dopo 10 giorni, ma si sono attesi ulteriori giorni 8 prima di effettuare l’intervento;
– tale quadro patologico vascolare, protrattosi nel tempo, ha verosimilmente contribuito alla lesione neurologica poi verificatasi;
– l’esame angioTAC preoperatorio non evidenziava anomalie anatomiche del fascio vascolo nervoso popliteo, che possano almeno in parte spiegare la lesione vascolare verificatasi;
Quindi, il consulente afferma, in termini di ragionevole probabilità, che la lesione dell’arteria poplitea e della vena poplitea, con successiva formazione di pseudoaneurisma, sia ascrivibile ad un’errata condotta chirurgica in occasione della procedura artroscopica iniziale.
La quantificazione dei danni subiti dalla paziente
Il danno alla salute
Il consulente del Tribunale riconosce alla paziente una invalidità permanente del 55%, inabilità temporanea totale in regime di ricovero ospedaliero per giorni 371 e inabilità temporanea parziale al 75%, per giorni 180.
Tradotto in termini economici il danno alla salute ammonta a complessivi 560 mila euro.
Il danno alla capacità lavorativa
Il Tribunale riconosce che la paziente abbia anche subito un danno di natura patrimoniale derivante dalla perdita o dalla riduzione della capacità lavorativa generica, non avendo potuto intraprendere la carriera – universitaria, prima, e lavorativa, poi – desiderata.
Tale danno è compreso nella valutazione del danno biologico e nel caso di specie, attese le allegazioni e le prove prodotte in merito all’incidenza del sinistro sul corso di studi, può condurre a una personalizzazione del 20%. Tale è il caso di Parte attrice che, al momento dei fatti per cui è causa, non aveva ancora un impiego.
Il danno da incapacità lavorativa viene quindi quantificato in 112mila euro.
Anche i familiari vengono risarciti
Sono intervenuti in causa anche i genitori della vittima di malasanità, al fine di richiedere il risarcimento di tutti i danni dai medesimi subiti conseguenti alle lesioni subite dalla figlia, avendo le lesioni subite dalla figlia inciso in maniera significativa sulle loro abitudini di vita ed avendo generato in loro una forte sofferenza.
Recente giurisprudenza ha precisato che “il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall’altrui illecito, può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta” (Cass., 21 novembre 2019, n. 7748).
Il Tribunale riconosce quindi ai genitori un risarcimento del danno di 10mila euro ciascuno.
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