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Il compagno prende il telefono della compagna per dimostrare il tradimento
Un uomo veniva condannato sia in primo grado che in appello alla pena di due anni di reclusione per i reati di tentata violenza privata, violazione di domicilio, lesioni personali e rapina.
Con questo articolo ci interessa affrontare quest’ultimo reato, perché scaturito da un motivo passionale assai frequente nella vita quotidiana: la gelosia!
Infatti, l’uomo si impossessò del telefonino della sua ex fidanzata per far conoscere al padre di costei i messaggi che la stessa riceveva da un altro uomo.
Per i Giudici tale condotta costituiva una rapina, come definita dall’art. 628 c. p., ossia il reato commesso da chi, per procurare a sé o altri “un ingiusto profitto”, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene.
L’uomo ha commesso una rapina, anche se non ci ha guadagnato niente
L’uomo si è rivolto alla Corte di Cassazione contestando che la sottrazione del telefono per far vedere i messaggi potesse considerarsi rapina, non avendo tratto da ciò alcun “ingiusto profitto”.
Ma la Corte di Cassazione, con la sentenza 11467/2015, ha innanzitutto precisato che “nel delitto di rapina il profitto può concretarsi in qualsiasi utilità, anche solo morale, in qualsiasi soddisfazione o godimento che l’agente si riprometta di ritrarre, anche non immediatamente, dalla propria azione, purchè questa sia attuata impossessandosi con violenza o minaccia della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene”.
Dopodichè ha ritenuto infondato il ricorso dell’uomo, che sosteneva di non aver agito per profitto economico ma solo per un’utilità di carattere morale (non patrimoniale).
Per la Corte di Cassazione “anche la finalità morale e non economica integra pienamente il requisito dell’ingiustizia del profitto”.
Non si può violare la libertà di avere altre relazioni
Anche la sfera morale rileva nel caso di specie, perché l’instaurazione di una relazione sentimentale fra due persone appartiene alla sfera della libertà e rientra nel diritto inviolabile all’autodeterminazione fondato sull’art. 2 della Costituzione, dal momento che non può darsi una piena ed effettiva garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo (e della donna) senza che sia rispettata la sua libertà di autodeterminazione.
La Corte di Cassazione a tal proposito afferma che “la libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale comporta la libertà di intraprendere relazioni sentimentali e di porvi termine”.
Nel caso di specie la pretesa dell’agente di “perquisire” il telefono della ex fidanzata alla ricerca di messaggi – dal suo punto di vista – compromettenti, assume i caratteri dell’ingiustizia manifesta proprio perchè, violando il diritto alla riservatezza, tende a comprimere la libertà di autodeterminazione della donna.
Il principio: si è rapinatori anche se si persegue solo un’utilità morale!
Dall’esame del caso che abbiamo trattato, deriva il seguente principio: “nel delitto di rapina sussiste l’ingiustizia del profitto quando l’agente, impossessandosi della cosa altrui (nella specie un telefono cellulare), persegua esclusivamente un’utilità morale, consistente nel prendere cognizione dei messaggi che la persona offesa abbia ricevuto da altro soggetto, trattandosi di finalità antigiuridica in quanto, violando il diritto alla riservatezza, incide sul bene primario dell’autodeterminazione della persona nella sfera delle relazioni umane“.
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