Il rapporto tra cliente e avvocato
Quando un cliente si rivolge all’avvocato, tra i due si instaura un tipico rapporto contrattale, per cui l’avvocato si impegna a fornire una o più prestazioni professionali a favore del cliente il quale, a sua volta, si impegna a retribuire l’avvocato.
Il rapporto tra cliente e avvocato non richiede necessariamente che si formalizzi con un contratto scritto, visto e considerato che il contratto può essere anche solo verbale, e il rapporto rientra tra i cosiddetti contratti d’opera intellettuale di cui all’art. 2222 e seguenti del codice civile.
L’avvocato è tenuto ad espletare il proprio mandato in conformità al parametro di diligenza fissato dall’art. 1176 comma 2 c. c. che è quello del professionista di media attenzione e preparazione, qualificato dalla perizia e dall’impiego di strumenti tecnici adeguati al tipo di prestazione dovuta, salva l’applicazione dell’art. 2236 c. c. nel caso di prestazioni implicanti la risoluzione di problematiche tecniche di particolare difficoltà.
Come chiarito dalla Corte di Cassazione “la responsabilità professionale dell’avvocato deriva dall’obbligo (art. 1176 comma 2 c. c. e art. 2236 c. c.) di assolvere, sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto (anche) ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, ai quali sono tenuti a rappresentare tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di chiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; a sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole” (Cass. 24544/2009 citata da ultimo da Tribunale di Milano sez. I. sentenza n. 7899 del 30.09.2021).
La prestazione professionale fornita dall’avvocato a favore del proprio assistito è ritenuta comunemente una obbligazione di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista assumendo l’incarico, si impegna a porre in essere tutte le condizioni tecnicamente necessarie per consentire al cliente la realizzazione dello scopo perseguito, ma non a conseguire il risultato.
La responsabilità professionale dell’avvocato
Come tutti, può succedere che anche un avvocato commetta negligenze nello svolgimento dell’incarico conferitogli dal proprio assistito.
Talvolta il cliente dell’avvocato è portato a pensare che se quest’ultimo ha perso la causa in cui lo difendeva è per colpa sua, ma non sempre è così.
Infatti, l’avvocato è responsabile nei confronti del cliente solo quando, per negligenza (si pensi al caso in cui non conosce una norma che darebbe certamente ragione al cliente), o per imperizia (si pensi al caso in cui lascia decorrere un termine di decadenza o prescrizione, non produce documentazione a favore schiacciante del cliente etc.), compromette il buon esito del giudizio, secondo il criterio del c.d. “più probabile che non”.
Diversamente, nei casi di interpretazioni di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, deve ritenersi esclusa la sua responsabilità, a meno che non risulti che abbia agito con dolo o colpa grave.
Come il cliente può dimostrare che l’avvocato ha sbagliato
La responsabilità del professionista forense in forza del contratto di patrocinio viene pacificamente inquadrata nell’ambito della responsabilità contrattuale, con prescrizione decennale del diritto del cliente ad essere risarcito e con la conseguente applicazione degli ordinari criteri di riparto dell’onere probatorio sanciti e ribaditi a più riprese dalla giurisprudenza di legittimità (a partire dalla nota Cass. Sez. Un. 13533 del 2001).
Il cliente che sostiene di aver subito un danno a causa della condotta dell’avvocato deve provare:
Come l’avvocato può difendersi
L’avvocato può liberarsi dalla responsabilità se dimostra l’impossibilità della perfetta esecuzione della prestazione (ex art. 1218 c. c.), o di aver agito con diligenza.
Quindi, spetta all’avvocato dimostrare l’esatto adempimento o la sussistenza di un evento impossibilitante ex art. 1218 c. c.
In questi termini si è espressa non solo la giurisprudenza di merito (Tribunale Milano sez. I, 11/04/2019, n.3598; Tribunale Milano sez. I, 20/02/2020, n.1640) ma anche la Corte di Cassazione, con l’oramai consolidato assunto secondo il quale “in tema di responsabilità civile del professionista, il cliente è tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dall’insufficiente o inadeguata attività del professionista” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12354 del 27/05/2009, Rv. 608534 – 01; ma vedasi anche la più recente Cassazione civile sez. III, 11/02/2021, n.3566).
Quanto tempo ha il cliente per chiedere il risarcimento dei danni subiti per colpa dell’avvocato
Il rapporto tra cliente ed avvocato è di tipo contrattuale e il termine di prescrizione del diritto del cliente a chiedere il risarcimento dei danni è di dieci anni.
In tema di responsabilità professionale dell’avvocato per inadempimento al mandato difensivo in ambito giudiziario, secondo l’orientamento più recente della Corte di Cassazione, “il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno inizia a decorrere non dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello nel quale essa è oggettivamente percepibile e conoscibile dal danneggiato, vale a dire dalla formazione del giudicato; al contrario, tale decorrenza non è prospettabile nel diverso caso di inadempimento del mandato professionale in ambito stragiudiziale” (Cass. Civ. Sez. 3 Ord. n. 24270/2020).
L’avvocato è assicurato per responsabilità professionale verso terzi
Quando il cliente ritiene di aver subito un danno per responsabilità professionale dell’avvocato, dovrà formalmente inviargli una pec o una raccomandata in cui contesta il suo operato e chiede il risarcimento dei danni.
L’avvocato provvederà a trasmettere la richiesta danni alla propria assicurazione che, laddove ritenga fondata la richiesta anche a seguito di un confronto con il proprio assicurato, provvederà a formulare un’offerta risarcitoria.
Il cliente deve sapere che l’avvocato ha l’obbligo di essere assicurato per responsabilità professionale, ossia di contrarre una polizza assicurativa che tuteli i clienti a cui ha causato un danno nell’esercizio della professione forense.
L’obbligo dell’assicurazione per gli avvocati è stato introdotto con l’art. 12 della legge 247/2012, seguita dal D. M. 22 settembre 2016 che ha definito le condizioni essenziali e i massimali minimi delle polizze.
Il D. P. R n. 137 del 2012 ha previsto che la violazione di tale obbligo legislativo costituisce illecito disciplinare, per cui il cliente potrà segnalare il fatto all’Ordine degli Avvocati a cui è iscritto l’avvocato che, nei casi più gravi, potrà essere radiato dall’Albo.
Alcune sentenze in tema di responsabilità professionale dell’avvocato
L’avvocato risponde anche se per negligenza o imperizia compromette il buon esito del giudizio (Cassazione civile, sez. III , 06/07/2020 , n. 13875)
In applicazione dei principi dettati dall’ art. 2236 c.c. e art. 1176, comma 2, c.c. , l’avvocato deve considerarsi responsabile verso il suo cliente in caso di incuria e di ignoranza di disposizioni di legge e in genere nei casi in cui per negligenza od imperizia compromette il buon esito del giudizio, mentre nei casi di interpretazione di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, deve ritenersi esclusa la responsabilità dell’avvocato medesimo nei confronti del suo cliente a meno di dolo o colpa grave. Ipotesi di responsabilità dell’avvocato per aver fatto maturare la prescrizione dell’azione cambiaria con rifermento a diversi titoli per la quale un suo cliente gli aveva conferito mandato.
Rientra nell’ordinaria diligenza dell’avvocato il compimento di atti interruttivi della prescrizione del diritto del cliente (Cassazione civile, sez. III , 13/11/2019 , n. 29353)
In tema di responsabilità nell’esercizio dell’attività professionale forense, rientra nell’ordinaria diligenza dell’avvocato il compimento di atti interruttivi della prescrizione del diritto del cliente, i quali di regola non richiedono speciale capacità tecnica, salvo che, in relazione alla particolare situazione di fatto, che va liberamente apprezzata dal giudice di merito, si presenti incerto il calcolo del termine.
Strategia difensiva deficitaria dell’avvocato: risoluzione del contratto e restituzione dell’acconto versato (Tribunale Rimini sez. un., 16/11/2017)
In tema di risoluzione del contratto di prestazione d’opera professionale, qualora la strategia difensiva scelta dall’avvocato si mostri tanto deficitaria da integrare l’importanza dell’inadempimento che, ai sensi dell’art. 1455 c.c., rappresenta idoneo presupposto per l’invocata risoluzione del contratto, la risoluzione dello stesso, ai sensi dell’art. 1458 c.c., determina il venir meno del diritto al compenso dell’avvocato, la restituzione dell’acconto versato e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo eventualmente opposto (nel caso di specie, proponendo un’eccezione di prescrizione ambigua e non indicando le circostanze da cui desumere il momento da cui la prescrizione era cominciata a decorrere, l’avvocato ha – in sostanza – vanificato l’unica difesa proposta nell’interesse del cliente).
Mancata informativa al cliente da parte dell’avvocato (Tribunale di Roma, sez. XIII, 18/01/2017, n. 800)
L’omessa comunicazione al cliente del deposito della sentenza ai fini della decorrenza del termine lungo per la proposizione dell’appello e la mancata informativa da parte dell’avvocato sui rischi che comporta la scelta di introdurre una richiesta risarcitoria ove controparte possa sollevare l’eccezione di prescrizione per decorso dei termini in modo da paralizzare l’azione, costituiscono un inadempimento agli obblighi professionali.
L’avvocato penalista deve prospettare all’assistito quando si prescrive il reato (Tribunale di Verona, sez. III, 28/05/2013)
Va affermata la responsabilità professionale per inadempimento di un avvocato che nella propria difesa non abbia prospettato l’intervenuta prescrizione del reato, ove il legale non dimostri di aver sottoposto compiutamente agli assistiti la relativa problematica e di essere stato dai medesimi espressamente invitato a non sollevare la richiesta di applicazione di tale causa di estinzione del reato.