Il caso
I familiari di un paziente, morto per malasanità a soli 41 anni, si rivolgono al Tribunale di Firenze rappresentando quanto segue.
Nel 2000 al loro congiunto fu diagnosticato un linfoma di Hodgkin (un tumore del sistema linfatico che si origina dalle cellule linfoidi normalmente presenti nel sangue, nel midollo osseo, nei linfonodi e in molti altri organi) per il quale fu sottoposto a splenectomia (intervento di asportazione della milza).
Nel 2008 gli fu diagnosticata una meningite da pneumococco (infiammazione delle membrane che avvolgono il cervello e il midollo spinale) e fu avviata una terapia farmacologica, con ricovero in rianimazione.
Durante la notte, tuttavia, si verificò un improvviso aggravamento del quadro clinico, con comparsa di edema cerebrale diffuso e ipertensione endocranica maligna, dopodichè venne constatato il decesso del paziente: la successiva diagnosi necroscopica rilevò un edema cerebrale in corso di meningite purulenta e sepsi.
L’ accusa dei familiari ai medici
I familiari hanno sostenuto, in particolare, che la responsabilità della struttura sanitaria nel decesso del loro congiunto emergerebbe:
Hanno poi sostenuto che la vaccinazione avrebbe ridotto significativamente le chances (dal 64% all’84%, secondo le statistiche ufficiali) di contrarre la malattia e che l’utilizzo tempestivo della terapia cortisonica avrebbe, in ogni caso, potuto salvare la vita del loro congiunto.
Per questi motivi, hanno chiesto il riconoscimento dei seguenti danni: da perdita del rapporto parentale; morale soggettivo; patrimoniale (danno emergente e lucro cessante); terminale iure hereditatis, oltre interessi e rivalutazione.
Le richieste risarcitorie dei parenti
La causa viene introdotta sia dagli eredi legittimi del paziente, che dai suoi prossimi congiunti (non eredi) quali genero, nuora, nipoti.
Gli eredi agiscono per il risarcimento, sia dei danni c. d. iure hereditatis (per il diritto di risarcimento trasmessogli dal defunto), sia dei danni c. d. iure proprio (per il diritto proprio al risarcimento danni da perdita del rapporto parentale).
Gli altri familiari agiscono per il solo danno iure proprio per perdita del rapporto parentale.
Il danno da perdita del rapporto parentale, ossia dall’aver perso un parente per fatto illecito di terzi, <<rileva nella sua dimensione della sofferenza interiore eventualmente patita sul piano morale soggettivo nel momento in cui la perdita del congiunto è percepita nel proprio vissuto interiore e anche in quella riflessa sui percorsi della vita quotidiana attiva del soggetto che l’ha subita>> (Cassazione civile , sez. III , 29/09/2021, n. 26301).
Gli accertamenti medico legali disposti dal Tribunale
Come si è detto, il paziente non è stato sottoposto alla vaccinazione anti-pneumococcica, né prima né dopo l’intervento di splenectomia, resosi necessario a seguito della diagnosi di linfoma di Hodgkin. Si procede innanzitutto a verificare se tale omissione possa considerarsi colposa.
A questo proposito, i consulenti incaricati dal Tribunale hanno sottolineato come “i pazienti iplenectomizzati sono una categoria particolarmente a rischio di sviluppare una infezione pneumococcica invasiva con mortalità elevata“, in quanto “tale condizione determina una ridotta clearance dei batteri capsulati dal torrente ematico” e “in caso di infezione pneumococcica è più facile si possa verificare una batteriemia con diffusione secondarie (artrite settica, meningite, endocardite)“.
I consulenti hanno inoltre affermato che “l’infezione da pneumococco produce un’immunità tipo-specifica che non è generalizzata verso altri seriotipi; la maggioranza dei casi di infezione da S. pneumoniae è comunque sostenuta da una minoranza di sierogruppi: in tutte le età più dell’80% dei ceppi isolati da pazienti con infezione invasiva da pneumococco appartiene a 12 sierogruppi. La protezione è pertanto attuabile mediante la vaccinazione (e in alcuni casi mediante profilassi antibiotica)“.
Alla luce di queste osservazioni, i consulenti hanno dunque concluso che “il vaccino anti-pneumococco è raccomandato per tutti i pazienti a rischio e dunque certamente per i pazienti plenectomizzati“.
Non vi è dubbio, dunque, che i medici che hanno provveduto alla splenectomia avrebbero dovuto informare il paziente circa l’opportunità di effettuare la vaccinazione anti-pneumococcica e farla eseguire, una volta ottenuto il consenso del paziente, addirittura prima di eseguire l’intervento di splenectomia.
Poiché evitando l’infezione si sarebbe evitata la meningite, che ha, in maniera incontestata, provocato la morte del paziente, tale conclusione permette di ritenere raggiunta la prova della sussistenza di un nesso causale, valutato secondo la regola del “più probabile che non“, fra l’omissione colposa dei medici e l’evento morte.
Gli attori hanno sostenuto che il ritardo con cui fu somministrata la terapia a base di cortisone sarebbe da ritenersi colpevole e concausa del decesso del loro congiunto, in quanto se fosse stata introdotta tempestivamente, la cura cortisonica avrebbe potuto evitare il decesso.
Tale ricostruzione non ha invece trovato riscontro nelle risultanze peritali.
La quantificazione del risarcimento: 400.000 euro
Gli attori sostengono di aver subito un danno da perdita del rapporto parentale e di avere diritto al risarcimento iure hereditatis del danno terminale, da lucida agonia e catastrofale.
Il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 2465 del 04.10.2021, accoglie la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali, sub specie di danno da perdita del rapporto parentale.
Il danno viene liquidato equitativamente in Euro 280.000 per ciascuno dei genitori e in Euro 120.000 per la sorella
In merito alla risarcibilità agli eredi del danno (biologico, morale catastrofale, tanatologico) patito dalla vittima deceduta in conseguenza della condotta illecita, il Tribunale si riporta alla decisione delle Sezioni Unite, con la sentenza n. 15350 del 22/07/2015, che ha stabilito principi riepilogati dalla sentenza della Cass. 3^ Sentenza, n. 2245/12017 e pienamente confermati nel già citato decalogo del novembre 2019, secondo i quali:
– alla vittima può essere risarcita la perdita di un bene avente natura non patrimoniale solo se la stessa sia ancora in vita poiché la vicenda acquisitiva del diritto alla reintegrazione della perdita subita presuppone la capacità giuridica riconoscibile soltanto ad un soggetto esistente (art. 2 c.c., comma 1);
– i danni non patrimoniali risarcibili alla vittima, trasmissibili iure hereditatis, possono pertanto consistere: a) nel danno biologico (cd. danno terminale); b) nel danno morale cd soggettivo (cd. danno catastrofale).
Tanto ciò ricordato e premesso, il Tribunale ha ritenuto provato che il paziente non fosse cosciente e quindi ha escluso sia il danno terminale che quello catastrofale.
I parenti del paziente vengono risarciti
Anche la sentenza che abbiamo commentato con questo articolo riconosce ai familiari del paziente rimasto vittima di malasanità il diritto di essere risarciti.
Se i medici hanno colposamente provocato la morte di un familiare, è giusto che i parenti siano risarciti per i cosiddetti danni da perdita del rapporto parentale.
E, come abbiamo visto, il risarcimento varia in base al grado di parentela, alla convivenza o meno col defunto, all’età della vittima e del parente, al tipo di frequentazione che avevano etc..
Il danno da lesione o perdita del rapporto parentale è un diritto che spetta personalmente ai familiari della vittima di malasanità.
Perchè rivolgersi ai nostri avvocati e medici legali
Se sei parente di una vittima di malasanità puoi rivolgerti ad avvocaticollegati.it, per avere un parere gratuito, sia dai nostri avvocati (che sapranno dirti se ci sono i presupposti legali per avere il risarcimento), sia dai nostri consulenti medici legali (che sapranno riconoscere se c’è stata responsabilità medico-sanitaria da cui è derivato il decesso o la lesione ad un tuo parente).
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