Cosa si intende per consenso informatico in ambito medico?
Quando il paziente si rivolge al personale sanitario per essere sottoposto ad un trattamento (terapia, esame diagnostico, intervento chirurgico etc.), ha diritto di avere adeguate informazioni sul trattamento, al fine di decidere consapevolmente se affrontarlo o meno.
Per il personale sanitario è un dovere informare il paziente e per quest’ultimo essere informato è un diritto.
Il diritto al consenso informato è stato introdotto in Italia con la legge 145/2001, che ha ratificato la Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina siglata ad Oviedo il 4 aprile del 1997 che prevede che
“un intervento non può essere effettuato se non dopo che il paziente abbia dato un consenso libero e informato, a seguito di informazioni adeguate sulla natura dell’intervento e sui possibili rischi”.
Se il trattamento viene eseguito senza consenso informato del paziente, quest’ultimo avrà diritto ad un risarcimento dei danni, anche se l’intervento è stato fatto correttamente (infatti è stato leso il suo diritto all’autodeterminazione).
Se invece l’intervento non è stato fatto correttamente e il paziente ha subito danni alla salute, la somma da risarcire a quest’ultimo a titolo di danno biologico sarà maggiorata ove non vi sia stato consenso informato.
La forma del consenso informatico: scritto o verbale?
La legge 219 del 2017 (Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento”, all’articolo 1 comma 4 prevede che:
“il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti piu’ consoni alle condizioni del paziente, e’ documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilita’, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare. Il consenso informato, in qualunque forma espresso, e’ inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico”.
Consenso informatico e chirurgia estetica
La chirurgia estetica negli ultimi anni ha avuto un notevole incremento, sia per motivi socio-culturali, sia per i costi sempre più accessibili. Si va da interventi di rinoplastica (naso), blefaroplastica (palpebre), otoplastica (orecchio), lifting, mastoplastica additiva o riduttiva, liposuzione e via dicendo. Interventi che possono avere, non solo finalità estetiche, ma anche terapeutiche.
Anche in questo settore della medicina vige il diritto per il/la paziente di essere adeguatamente informato/a sulle caratteristiche del trattamento, sulle conseguenze e su eventuali rischi.
Non dimentichiamo, infatti, che anche la chirurgia estetica comporta esami, preospedalizzazione, anestesia, intervento, fase postoperatoria e riabilitativa.
L’ intervento di mastoplastica additiva o riduttiva
La mastoplastica è uno degli interventi estetici più diffusi e consiste in un intervento chirurgico volto ad aumentare il volume del seno (additiva) o a ridurlo (riduttiva). Quando l’intervento è volto a risollevare il seno, perché deforme o asimmetrico, si parla di mastopessi.
L’intervento può essere eseguito in anestesia generale o parziale ed ha una durata di circa un’ora e mezzo.
Sintetizzando, l’intervento additivo (il più frequente) consiste nell’inserimento di protesi mammarie sotto le ghiandole o i muscoli pettorali, previa incisione sotto le mammelle, o le ascelle o intorno alle areole.
Sempre sintetizzando, l’intervento riduttivo consiste invece nell’eliminazione di parte dei tessuti che formano le mammelle.
Risarcimento danni per non corretto intervento di mastoplastica e mancanza di consenso informato
Con questo articolo riportiamo una delle tante cause in cui la paziente ha richiesto ed ottenuto il risarcimento dei danni perchè non era stata adeguatamente informata dal medico sulle possibili conseguenze dell’intervento, e che subiva lesioni permanenti per negligenza del chirurgo nell’esecuzione dell’intervento.
La paziente si era rivolta ad un chirurgico estetico per intervento di mastoplastica additiva correttiva per risolvere una lieve asimmetria tra i due seni.
Il medico le assicurava un risultato definitivo ed ottimale ma, invece, l’intervento risultava insoddisfacente ed anzi peggiorativo rispetto alla situazione preoperatoria, sicché la paziente si era ritrovata con una severa asimmetria dei seni ed, in particolare, con il seno sinistro più grande del destro e con seni cadenti.
In corso di causa veniva svolta una Consulenza Tecnica d’Ufficio che accertava una effettiva sussistenza dei postumi invalidanti consistenti in esiti estetici dovuti alla condotta del medico che risultava non essere stata diligente dal punto di vista procedurale, anche perché l’inserimento di protesi di grosso volume doveva associarsi ad una mastopessi a sx per correggere l’asimmetria, ma non era stata effettuata.
Inoltre, in merito al mancato consenso informato, il giudice ha affermato che, quando ad un intervento di chirurgia estetica segua un inestetismo più grave di quello che si mirava ad eliminare o attenuare, la responsabilità del medico per il danno derivatone è conseguente all’accertamento che la paziente non sia stata adeguatamente informata di tale possibile esito, ancorché l’intervento risulti correttamente eseguito.
Infatti, con la chirurgia estetica, il paziente insegue un risultato non declinabile in termini di tutela della salute, ciò che fa presumere come il consenso all’intervento non sarebbe stato prestato se egli fosse stato compiutamente informato dei relativi rischi, senza che sia necessario accertare quali sarebbero state le sue concrete determinazioni in presenza della dovuta informazione.
Alcune sentenze sulla mastoplastica
Tribunale , Palermo , sez. III , 06/06/2019 , n. 2821
La responsabilità del chirurgo in relazione al danno conseguente all’eseguito intervento di chirurgia estetica, al quale sia seguito un inestetismo più grave di quello che si mirava a eliminare o attenuare, è conseguente all’accertamento che il paziente non sia, stato adeguatamente informato di tale possibile esito, ancorché l’intervento risulti correttamente eseguito. Il paziente, infatti, con la chirurgia estetica, insegue un risultato non declinabile in termini di tutela della salute, circostanza che fa presumere come il consenso all’intervento non sarebbe stato prestato se egli fosse stato compiutamente informato dei relativi rischi, senza che sia necessario accertare quali sarebbero state le sue concrete determinazioni in presenza della dovuta informazione. Nel caso di specie, si trattava dei danni patiti da una donna in conseguenza del non corretto intervento chirurgico estetico di mastoplastica additiva correttiva, in relazione al quale il modulo di consenso informato risultava del tutto carente, non facendo alcun riferimento ai possibili rischi, effetti collaterali e controindicazioni.
Cassazione penale , sez. IV , 23/01/2018 , n. 22007
In tema di colpa professionale, in caso di intervento chirurgico in «équipe», il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori, che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio, non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui.
Cassazione penale , sez. IV , 27/11/2013 , n. 2347
In tema di responsabilità medica, la limitazione della responsabilità prevista dall’art. 3 l. 8 novembre 2012 n. 189 è confinata alla sola colpa lieve e non è, quindi, invocabile nel caso in cui il sanitario sia incorso in colpa grave, rinvenibile nell’errore inescusabile, che trova origine o nella mancata applicazione delle cognizioni generali e fondamentali attinenti alla professione o nel difetto di quel minimo di abilità e perizia tecnica nell’uso dei mezzi manuali o strumentali adoperati nell’atto operatorio e che il medico de- ve essere sicuro di poter gestire correttamente o, infine, nella mancanza di prudenza o di diligenza, che non devono mai difettare in chi esercita la professione sanitaria. (Nella specie, si è esclusa l’applicabilità della disciplina limitativa della responsabilità giacché era risultato accertato in sede di merito, il notevole grado di imperizia dell’imputato nell’esecuzione di due interventi chirurgici di mastoplastica additiva, da cui, per la carente tecnica chirurgica e l’inadeguatezza delle protesi, erano derivate lesioni personali in danno della paziente).
Cassazione penale , sez. IV , 02/04/2010 , n. 19637
Se è pur vero che, durante l’intervento chirurgico l’anestesista è il solo competente della posizione del paziente, anche il chirurgo è tenuto a controllare tale posizione, potendo essere chiamato a rispondere delle lesioni subite dal paziente per effetto del malposizionamento sul lettino operatorio. (Nella specie, una grave lesione neuroprassica del tronco superiore del plesso brachiale conseguente a un’incongrua posizione sul lettino durante un intervento di mastoplastica addittiva).
Corte appello , Milano , sez. I , 30/01/2008
La sottoposizione ad intervento chirurgico di mastoplastica per uno specifico scopo estetico non raggiunto dal chirurgo operante, il cui inadempimento sia anche confermato dalla cartella clinica, implica responsabilità a carico dello stesso. Posta, infatti, la configurazione di un intervento chirurgico di non particolare complessità, il comprovato inadempimento del chirurgo, l’assenza di qualsiasi prova che dimostri la sua mancanza di colpa, configura responsabilità per inadempimento contrattuale.
Tribunale , Roma , sez. XII , 01/12/2004
Nell’ipotesi di responsabilità professionale del medico è onere del sanitario dimostrare che il danno non sussiste, ovvero non è dipeso da propria colpa. Nella specie il tribunale ha ritenuto sussistente la responsabilità di un chirurgo che non ha provato la sua estraneità, in un intervento di mastoplastica riduttiva, agli inestetismi prodottisi dopo l’intervento stesso e diversi da quelli per cui la paziente si era sottoposta all’operazione.
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