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Errata diagnosi di infarto: il medico risponde di omicidio colposoErrata diagnosi di infarto: il medico risponde di omicidio colposoErrata diagnosi di infarto: il medico risponde di omicidio colposoErrata diagnosi di infarto: il medico risponde di omicidio colposo
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  • Diritto Civile
  • Malasanità
Tag
  • errata diagnosi
  • infarto
  • responsabilità medica

I casi di responsabilità medico-sanitaria affrontati dai nostri avvocati sono tanti e vari, ma spesso sono legati da un filo comune: l’errore nella diagnosi, ossia nella comprensione da parte del medico del problema di salute che affligge il paziente.

Significa che il medico ha omesso di valutare sintomi del paziente o ha omesso di sottoporlo ad esami approfonditi, oppure semplicemente non si è reso conto di segni della malattia che, con perizia e diligenza, avrebbe potuto e dovuto riconoscere.

Il caso di cui ci occupiamo con questo articolo è accaduto più volte: il paziente si presenta al pronto soccorso con dolore al braccio sinistro, il medico si limita a misurare pressione e battito cardiaco e, essendo tutto nella norma, dopo un’ora lo dimette.

Il paziente quindi torna a casa, si mette a dormire ma, purtroppo, dopo poche ore muore per infarto.

Il medico è responsabile della morte del paziente?

 

QUESTO CASO E’ SUCCESSO A UN TUO FAMILIARE? 

 

I SINTOMI DELL’INFARTO

Prima di analizzare il caso da un punto di vista giuridico, è opportuno riportare brevi nozioni mediche sull’infarto, così come fornite dal nostro Ministero della Salute.

L’infarto è la morte di una parte del muscolo cardiaco (miocardio) che si verifica a causa di una ischemia prolungata, ossia il mancato apporto di sangue e ossigeno.

La maggior parte degli infarti si verifica a causa di un coagulo di sangue (trombo), che va a ostruire una o più arterie coronarie, interrompendo il flusso di sangue e quindi di ossigeno.

La diagnosi tempestiva è fondamentale: quando un infarto è in corso ogni minuto è prezioso, per cui il medico dovrà prestare attenzione ai seguenti sintomi: dolore toracico e/o alle braccia, affanno improvviso, nausea e vomito, sudorazione fredda, svenimento, vertigini, ansia, debolezza.

Altri indici utili a comprendere il caso sono i fattori nocivi che condizionano il paziente: fumo, alcool, colesterolo, ipertensione, diabete, sovrappeso etc.

 

QUANDO IL MEDICO E’ RESPONSABILE?

Il caso che abbiamo anticipato è stato più volte trattato dai giudici, ma con questo articolo ci concentriamo sulla sentenza n. 16843 del 24.02.2021 della Corte di Appello Penale di Brescia che ha condannato penalmente il medico che ha sottovalutato i sintomi di infarto.

La Corte di Appello ha ritenuto immune da censure la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto la sussistenza del nesso causale tra la colposa omessa diagnosi di un infarto in un paziente – recatosi al pronto soccorso lamentando dolore alle braccia e vomito, e dimesso senza l’effettuazione di esami – e il decesso, atteso che,

se il paziente fosse rimasto in ospedale e sottoposto a monitoraggio,

la sopravvenuta aritmia mortale avrebbe potuto essere rilevata e prontamente interrotta,

con esito salvifico, stante la presenza nel nosocomio di un’unità di terapia intensiva coronarica.

La Corte ha preso in considerazione la suggestiva concomitanza del dolore alle braccia e dell’episodio di vomito, che – considerata la non infrequente casistica di episodi di infarto caratterizzati da sintomi atipici o addirittura assenti – avrebbe dovuto essere presa in considerazione ai fini di una diagnosi differenziale rispetto a quella formulata.

Se il medico, anzichè dimettere nel giro di nemmeno un’ora il paziente, avesse esperito indagini su una possibile origine ischemica della sintomatologia, disponendo un ECG e il dosaggio della troponina, ragionevolmente vi sarebbe stato il tempo sufficiente per intervenire utilmente, aumentando in modo significativo (anche se sul punto non è stata raggiunta la certezza) le sue possibilità di sopravvivere.

La condotta del medico è stata quindi ritenuta caratterizzata da colpa grave.

 

IL RAPPORTO DI CAUSALITA’ NEL REATO COLPOSO OMISSIVO IMPROPRIO

La condotta ascritta al medico è quella tipica del reato colposo omissivo improprio.

Tale reato si verifica quando un soggetto omette di compiere un’azione giuridicamente doverosa (il medico aveva il dovere di fare una diagnosi più completa possibile).

Insegna la sentenza a Sezioni Unite Franzese che, nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicchè esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva (Sez. U, Sentenza n. 30328 del 10/07/2002, Franzese).

Viceversa, sempre secondo la stessa sentenza, l’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del nesso causale tra condotta ed evento, e cioè il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante dell’omissione dell’agente rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo comportano l’esito assolutorio del giudizio.

Il tema, su scala generale, è stato successivamente affrontato dalle Sezioni Unite nell’ambito di tutt’altra vicenda, ossia nel c.d. processo Thyssenkrupp: vi si è affermato – sempre nel caso di reato colposo omissivo improprio – che il rapporto di causalità deve bensì essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica (come già nella sentenza Franzese), ma tale giudizio deve a sua volta essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto (Sez. U, Sentenza n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261103).

 

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Perché abbiamo esperienza pluriennale in materia di risarcimento danni da responsabilità medico-sanitaria, sia in ambito civile che penale.

Perché mettiamo a disposizione dei clienti i nostri consulenti medico-legali, per verificare se vi è un nesso di causalità tra la condotta dei medici e i danni lamentati dal paziente.

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2 Comments

  1. Marina Vella ha detto:
    17/05/2022 alle 18:38

    Buongiorno, io ho mia madre in infarto severo acuto e evidenza whatsup di quante volte l’ho chiamata e si d’ sempre rifiutata di venire. E’ venuta in data 13 maggio data dell’avvento infarto

    Rispondi
    • Avv. Nicola Barsotti ha detto:
      18/05/2022 alle 07:28

      Gentile Marina, per valutare il caso di malasanità che ci descrive è opportuno che ci invii copia della cartella clinica, in modo da poterla far visionare ai nostri consulenti medici e verificare se l’infarto poteva essere evitato. Se così risultasse potremo chiedere il risarcimento dei danni. Saluti

      Rispondi

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