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  • Diritto Civile
Tag
  • indennita' di accompagnamento
  • Inps
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Indennità di accompagnamento

Commentiamo una recente sentenza della Corte di Cassazione (la numero 4994 del 24.02.2021) che chiarisce il requisito per avere diritto all’indennità di accompagnamento e, di seguito, indichiamo la procedura per opporsi all’eventuale diniego da parte dell’INPS.

IL REQUISITO DELLE CONDIZIONI DI SALUTE

I Giudici ritengono che requisito sanitario utile per ottenere l’indennità di accompagnamento sia “l’incombente e concreta possibilità di cadute” in quanto tale condizione si traduca, in fatto, “in una incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita (tale) da rendere, conseguentemente, necessario il permanente aiuto di un accompagnatore” (così si era già espressa la Corte con sentenza n. 20819 del 2018);

NON BASTA IL PERICOLO DI CADUTA

“In altre parole, come per le patologie oncologiche, in relazione alle quali, per esempio, questa Corte ha affermato che il problema del trattamento chemioterapico e degli effetti collaterali dello stesso non può essere risolto in astratto, dovendosi piuttosto valutare, in concreto, caso per caso, se esso comporti, per la durata della terapia, il tipo di dosaggi e la natura degli effetti sul singolo paziente, le condizioni previste dalla L. n. 18 del 1980, art. 1 (Cass. n. 18126 del 2014; Cass. n. 7273 del 2011; Cass. n. 25569 del 2008)”.

“Nello stesso modo, quando viene in rilievo – ed anzi è accertata- la possibilità di cadute, la stessa non è situazione giudicabile in astratto, con l’affermazione che comporti sempre e di per sè, oppure non comporti, il diritto alla indennità di accompagnamento (recte l’accertamento del requisito sanitario dell’indennità di accompagnamento) ma costituisce una circostanza di fatto da valutare unitamente alle altre del caso concreto ai fini del giudizio di sussistenza o meno dei requisiti di cui all’art. 1 cit.”.

 

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Quindi, LA POSSIBILITÀ DI CADERE A CAUSA DI CONDIZIONI PRECARIE DI SALUTE NON È DA SOLA SUFFICIENTE PER OTTENERE L’INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO, PERCHÉ DEVE SUSSISTERE ANCHE ALMENO UNA DELLE SEGUENTI CONDIZIONI:

  • impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore
  • non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di un’assistenza continua

 

COSA FARE SE L’INPS NON CONCEDE L’ACCOMPAGNAMENTO?

Noi consigliamo innanzitutto di far visitare l’interessato da un proprio consulente medico-legale che, oltre a visionare tutta la documentazione medica, sottopone l’interessato ad una visita per valutare al meglio le sue problematiche, normalmente sentendo anche le persone che vi convivono. La consulenza medica è fondamentale per l’avvocato, perché consente a quest’ultimo di comprendere se l’Inps ha agito correttamente o se, comunque, ci sono spazi per impugnare la decisione dell’Inps.

Una volta avuto il parere del consulente, entro il termine di sei mesi dal rigetto della domanda da parte dell’Inps si dovrà richiedere al Tribunale del Lavoro, tramite l’avvocato, un Accertamento Tecnico Preventivo, ossia la nomina di un medico-legale d’ufficio (cosìddetto C. T. U.) che dovrà valutare le condizioni psico-fisiche dell’interessato in modo imparziale, affinchè il Giudice possa decidere se il soggetto abbia o meno diritto all’accompagnamento. E’ utile segnalare che, durante l’espletamento della perizia da parte del medico incaricato dal Giudice, sia l’interessato che l’Inps potranno nominare propri consulenti di parte per rappresentare le proprie ragioni.

All’esito della perizia disposta dal Tribunale le alternative ovviamente sono due: o il consulente del Giudice da ragione all’interessato o da ragione all’Inps. A questo punto la parte che non condivide la decisione del consulente incaricato dal Giudice, entro stretti termini di legge, potrà iniziare una vera e propria causa di merito. Qualora invece nessuna delle parti inizi una causa, il Tribunale ratificherà la decisione del consulente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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