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25/11/2020La legge prevede un obbligo di essere fedele al coniuge?
Il matrimonio (sia civile che concordatario) è un vero e proprio contratto da cui derivano per i coniugi reciproci diritti e doveri.
Precisamente, l’art. 143 del codice civile si intitola “diritti e doveri reciproci dei coniugi” e così recita:
1]. Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri
2]. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione
3]. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia
In cosa consiste il dovere di fedeltà?
Quindi l’art. 143 del codice civile prevede un dovere di fedeltà all’interno del matrimonio. Diversamente, per coppie non sposate non sussiste alcun dovere in tal senso.
L’obbligo prevede quindi che in costanza di matrimonio i coniugi non si tradiscano e, quindi, non abbiano rapporti sessuali con altre persone.
Ma il tradimento può verificarsi anche se la relazione extra coniugale non sfocia in rapporti sessuali. Ebbene si, anche una relazione platonica potrebbe essere considerata tradimento.
A dircelo è la Corte di Cassazione con la nota sentenza 15557 del 2008: <<l’obbligo di fedeltà, ex art. 143 c.c., deve essere inteso non solo come astensione da relazioni sessuali extraconiugali, ma quale impegno, ricadente su ciascun coniuge, di non tradire la fiducia reciproca, ovvero di non tradire il rapporto di dedizione fisica e spirituale tra i coniugi; ne consegue che la relazione sentimentale di un coniuge, anche se non si sostanzi in un adulterio, può essere rilevante al fine dell’addebitabilità della separazione ex art. 151 c.c., qualora sia stata causa o concausa della frattura del rapporto coniugale>>.
Quindi se tradisco il coniuge posso avere conseguenze legali?
Si, la prima è l’addebito della separazione
L’art. 151 del codice civile ci dice cosa può succedere se il coniuge tradito intende chiedere la separazione giudiziale:
<<Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze, e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio>>.
Quindi, in sede di separazione il coniuge tradito può chiedere al giudice che la separazione sia addebitata al coniuge traditore. Ovviamente il tradimento dovrà essere provato (ad esempio con messaggi, fotografie, telefonate, testimoni etc…). Ma non solo, il coniuge tradito dovrà anche dimostrare che il tradimento è stato la causa della separazione.
Infatti, presupposto essenziale dell’addebito deve essere un comportamento cosciente e volontario, contrario ai doveri che derivano dal matrimonio, e il giudice è chiamato ad accertare se la frattura del rapporto coniugale sia stata provocata dal contegno oggettivamente trasgressivo di uno o di entrambi i coniugi e, dunque, se sussista un rapporto di causalita’ tra detto comportamento ed il verificarsi dell’intollerabilita’ dell’ulteriore convivenza, o se piuttosto, la violazione dei doveri di cui all’art. 143 cc sia avvenuta quando era gia’ maturata una situazione di crisi del vincolo coniugale.
Per la pronuncia di addebito nella separazione, <<è necessaria non solo l’esistenza di una violazione degli obblighi tra coniugi nascenti dal matrimonio, ai sensi dell’art. 143 c.c., ma anche lo stretto rapporto di causalità tra tale violazione e l’elemento della intollerabilità della convivenza; grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà (nel caso di specie, l’addebito della separazione all’altro coniuge) l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza matrimoniale, allegare e provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, e, quindi, l’anteriorità della crisi matrimoniale rispetto all’accertata infedeltà, per cui vanno valutate le condotte dei coniugi al fine di determinare la sussistenza del nesso di causalità tra il comportamento di uno dei coniugi e la intollerabilità della convivenza (nella specie: la condotta è stata una reazione ad una precedente condotta dell’altro coniuge violativa dei doveri familiari per cui non è stata ritenuta rilevante di per sé)>> (Così si è espressa recentemente la Corte di Appello di Salerno sez. II, 12/10/2020, n.1089).
La seconda conseguenza è il risarcimento dei danni per infedeltà coniugale
Con la sentenza n. 6598 del 2019 la Corte di Cassazione ha ribadito che la violazione del dovere coniugale di fedeltà non è sanzionabile solo con l’addebito della separazione ma può dar luogo anche al risarcimento dei danni non patrimoniali a favore del coniuge tradito, ai sensi dell’art. 2059 del codice civile.
La richiesta risarcitoria del coniuge tradito può avvenire anche senza che vi sia stata pronuncia di addebito in sede di separazione.
Tuttavia, affinchè possa essere riconosciuto il risarcimento dei danni per tradimento, è necessario che <<la condizione di afflizione indotta nel coniuge superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, quale, in ipotesi, quello alla salute o all’onore o alla dignità personale>>.
Per la richiesta di risarcimento dei danni da tradimento, è utile saperlo, il coniuge tradito deve agire con autonomo giudizio civile, quindi non all’interno della causa di separazione.
Da ultimo il Tribunale di Pistoia, con la sentenza 142 del 2020 ha ribadito, per appunto che:
<<costituisce principio giurisprudenziale pacifico quello secondo cui nel processo di separazione è esclusa la proposizione di domande connesse soggettivamente ex art. 33 o ai sensi degli artt. 103 e 104 c.p.c. e soggette a riti diversi; è di conseguenza esclusa la possibilità di un simultaneus processus nell’ambito dell’azione di separazione, soggetta allo speciale rito camerale, con quella relativa alla definizione delle eventuali ulteriori questioni patrimoniali (scioglimento della comunione, restituzione di beni, pagamento di somme o risarcimento del danno) pendenti tra i coniugi, soggetta al rito ordinario, trattandosi di domande non legate dal vincolo della connessione, ma del tutto autonome e distinte dalla domanda principale (cfr. Cass. 6424/2017)>>.