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Categorie
  • Diritto Civile
Tag
  • coronavirus
  • emergenza
  • sospensione affitto

A causa dell’emergenza Coronavirus, più artigiani, commercianti e professionisti ci stanno contattando perché, a causa delle ricadute negative del virus sul lavoro, non sono attualmente in grado di far fronte al pagamento del canone di affitto dell’immobile in cui svolgono la loro attività.
La domanda che ci viene rivolta è questa: posso sospendere il pagamento dell’affitto o ridurlo a causa della crisi sanitaria ed economica in corso? Che succede se smetto di pagare o pago meno di quanto dovrei?
Partiamo da una risposta ovvia: se il proprietario è d’accordo si può decidere insieme la soluzione migliore, cercando di venire incontro alle esigenze di entrambi con buon senso ed in attesa di tempi migliori.
Se invece non paghi già da tempo o stai pagando meno e il proprietario ha già iniziato un’azione giudiziaria di sfratto per morosità, o intende iniziarla, devi sapere che il decreto “Cura Italia” ha previsto il blocco degli sfratti abitativi e non abitativi fino al 30 giugno 2020. Quindi il proprietario dovrà attendere tale data per riprendere azioni in corso o farne partire di nuove. Non è tuttavia da escludere che prossimamente lo Stato proroghi il termine.
Il decreto tuttavia non da alcuna risposta al caso in cui il proprietario non sia d’accordo, né con la sospensione del canone, né con la sua riduzione.
Una risposta la possiamo trovare nel contenuto dell’art. 1256 del codice civile, secondo cui, se dopo il perfezionamento di un contratto sopravviene una causa di forza maggiore (come epidemie, guerre, terremoti etc.), gli accordi possono subire delle variazioni a favore del debitore.
Da tale principio generale possiamo dedurre che, chi non può usufruire di immobili affittati per attività che a causa del Coronavirus devono obbligatoriamente rimanere chiuse (es. ristoranti, bar, negozi di abbigliamento etc.), ha diritto di non pagare il canone finché rimane l’obbligo di chiusura. Ma una volta che l’attività potrà riprendere, il proprietario avrà diritto ad avere i canoni sospesi, seppur, magra consolazione per chi paga, senza interessi.
Se per le categorie che devono rimanere chiuse è ammissibile la sospensione del pagamento, altrettanto non pare possibile per chi, almeno teoricamente, può continuare a lavorare (es. artigiani, liberi professionisti etc.).
Sia per chi deve chiudere che per chi lavora ci sono comunque difficoltà che possono consentire una richiesta al proprietario di riduzione del canone per eccessiva onerosità sopravvenuta ai sensi dell’art. 1467 del codice civile.
Tale articolo così recita: 1) se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458; 2) la risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto; 3) la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.
Quindi, se il proprietario non fosse d’accordo né con la sospensione né con la riduzione, si può sempre “minacciare” un recesso dal contratto di locazione (evitando il preavviso di 6 mesi per gravi motivi), mettendo il proprietario nella condizione di fare una controproposta.
Teniamo a precisare che le risposte che abbiamo cercato di darvi sono in via di principio e quindi vanno adattate caso per caso, leggendo i singoli contratti e valutando ogni circostanza, tenendo peraltro conto dell’evoluzione ancora ignota che avrà questa emergenza.
Ad ogni modo consigliamo agli interessati di prendere contatti quanto prima con i proprietari per affrontare la situazione e, se non doveste trovare un accordo soddisfacente, di contattarci per una consulenza.

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