Con la sentenza n. 24288/2016 depositata il 10 giugno la Corte di Cassazione è tornata sull’argomento delle intercettazioni di conversazioni tra soggetti presenti, ossia nel caso in cui il soggetto che registra la conversazione sia anche partecipe della conversazione stessa.
Precisamente, la Corte era chiamata a decidere se poteva essere utilizzata come prova nel giudizio penale una registrazione effettuata da un soggetto vittima di estorsione durante un colloquio con il proprio aguzzino.
Nel caso di specie la persona offesa era stata invitata dai Carabinieri a registrare tale colloquio e, anzi, erano state proprio le forze dell’ordine a sollecitare l’incontro ed a fornire l’apposita apparecchiatura.
La decisione della Corte era richiesta dall’imputata che riteneva che la registrazione non potesse essere acquisita in giudizio, non essendo stata preceduta da una apposita autorizzazione dell’autorità giudiziaria.
La Cassazione, tuttavia, ha rigettato tale tesi sostenendo che la registrazione fosse legittima in quanto il soggetto vittima di estorsione era presente alla conversazione ed aveva prestato il consenso ad essere registrato e, comunque, la registrazione in quanto documento è comunque producibile in giudizio ai sensi dell’art. 234 del codice di porcedura penale che prevede, appunto, che “è consentita l’acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.
Diversamente sarebbe nel caso in cui un soggetto provvedesse a registrare una conversazione di cui non è partecipe, ossia tra altre persone per di più ignare di ciò.