Con la sentenza n. 8328 del primo marzo di quest’anno, la Corte di Cassazione ha ribadito che il reato di diffamazione può essere commesso anche via internet e, se commesso tramite Facebook come nel caso specifico trattato dalla Corte, ricorre l’ipotesi aggravata del reato.
Per diffamazione si intende il reato di cui all’art. 595 del codice penale, il quale punisce chiunque offenda l’altrui reputazione “comunicando con più persone”.
Quando l’offesa è commessa “con il mezzo della stampa o qualsiasi altro mezzo di pubblicità”, il reato è considerato aggravato e punito con pena più severa, da sei mesi a tre anni di reclusione.
Nel caso di cui si discute si è quindi ribadita l’assimilazione di internet alla stampa o altro mezzo di pubblicità, atteso che ad internet ha accesso chiunque e chiunque, almeno potenzialmente, può leggere le offese rivolte da un soggetto ad un altro o ad altri.
All’offesa scritta è a sua volta assimilabile un’offesa tramite immagini, video, audio ed in generale tutto ciò che crei pregiudizio alla persona cui tali condotte si riferiscano.
Da non confondere comunque la diffamazione con il diritto di critica o con la satira che per fortuna, seppur con taluni limiti di cui parleremo prossimamente, consentono di esprimere pubblicamente giudizi nei confronti di persone o situazioni di pubblico dominio.