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13/10/2014
La “spartizione” della pensione di reversibilità tra prima e seconda moglie
10/11/2014Dipendente pubblica di giorno, escort di notte. Ma la privacy va rispettata…Cassazione civile, sezione I, sentenza n. 21107 del 07.10.2014.
Con una lettera anonima si rappresentava alla Provincia del Verbano Cusio Ossola che una dipendente era dedita alla prostituzione e compariva in appositi siti internet.
Scattava immediatamente una verifica da parte della Provincia che, effettivamente, rinveniva online numerose apparizioni in vesti succinte o addirittura senza vesti della propria dipendente, tanto che il materiale che dimostrava tale attività – ritenuta incompatibile dalla Provincia con il lavoro di dipendente pubblico in quanto lesiva dell’immagine dell’ente predetto – veniva utilizzato per avviare un procedimento disciplinare contro la dipendente.
Ebbene, quest’ultima ricorreva però al Garante della Privacy, ritenendo che le proprie attitudini sessuali, in quanto dati sensibili, non potessero essere oggetto di accertamento da parte della Provincia. Il Garante le dava ragione.
A questo punto la Provincia impugna il provvedimento del Garante della Privacy in Tribunale. Il Tribunale da ragione alla Provincia, escludendo che la raccolta delle informazioni fosse avvenuta in violazione del trattamento dei dati sensibili finalizzato alla gestione del rapporto di lavoro in quanto, avuto riguardo alle finalità del provvedimento disciplinare, la raccolta dei dati era volta ad acquisire non già elementi relativi all’orientamento sessuale del dipendente ma la prova della denunciata pubblicizzazione dell’attività di prostituzione.
Contro il provvedimento del Tribunale ricorre per Cassazione il Garante della Privacy. Ebbene, la Cassazione con la sentenza in intestazione ha precisato che il trattamento dei dati sensibili, la cui legittimità è ancorata in linea generale alla contestuale presenza del consenso scritto dell’interessato ed all’autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali, è consentito, da parte dei soggetti pubblici, anche in difetto del predetto consenso e della predetta autorizzazione, a condizione che sussistano a) una rilevante finalità d’interesse pubblico, b) un’espressa disposizione di legge autorizzatoria e c) una specificazione legislativa dei tipi di dati trattabili e delle operazioni eseguibili. Con particolare riguardo al trattamento di dati effettuato nell’ambito di un rapporto di lavoro per l’accertamento della responsabilità disciplinare, si è quindi precisato che l’espressa inclusione di tale finalità tra quelle d’interesse pubblico non è di per sé sufficiente ad escludere la necessità del consenso e dell’autorizzazione, occorrendo a tal fine anche l’indicazione dei tipi di dati sensibili che possono essere trattati e delle operazioni eseguibili sugli stessi, da parte dello stesso soggetto pubblico o, su sua richiesta, della Autorità. Conseguentemente la Cassazione ha accolto il ricorso del Garante della Privacy annullando la sentenza del Tribunale.
Insomma, la Provincia è stata sanzionata per avere raccolto, online, dati relativi alle offerte di prestazioni sessuali a pagamento pubblicate da un dipendente; trattasi infatti di ‘dati sensibili’ e il fatto che siano disponibili in rete non li rende disponibili per qualsiasi utilizzo.