Approfitto delle recenti vicende giudiziarie di Berlusconi per affrontare il tema della concessione della grazia.
Ai sensi dell’art. 681 c. p. p. la domanda di grazia, diretta al Presidente della Repubblica, può essere proposta dal condannato o da un suo prossimo congiunto o convivente, da un tutore o curatore, da un avvocato. La domanda può essere concessa anche in assenza di domanda o proposta, quindi d’ufficio dal Presidente della Repubblica.
Gli effetti della concessione della grazia possono riguardare la pena principale, quella accessoria, entrambe, una riduzione della pena principale, la commutazione della pena.
A mio parere l’istituto di cui si parla è anacronistico, nel senso che, se poteva avere senso nelle antiche monarchie ossolute in cui il monarca era il titolare di ogni potere in via discrezionale, ad oggi non ha più alcun motivo di esistere, quanto meno in capo al Presidente della Repubblica.
Se una condanna è il risultato di un complesso procedimento giudiziario da parte della Magistratura, non comprendo infatti come una scelta basata su argomentazioni di diritto possa essere cancellata o parzialmente modificata da una scelta individuale del Capo di Stato basata, invece, su mere basi politiche.
Cambiano i Presidenti e cambiano i tempi, quindi anche le idee politiche. Ma le scelte dei giudici sono e devono essere necessariamente scevre da condizionamenti di tale tipo, o comunque da convinzioni soggettive non solo politiche ma di parte in genere.
Che la scelta del Presidente della Repubblica di concedere o meno la grazia ad un condannato sia politica è stato confermato di recente dal Quirinale che, non per nulla, ha escluso la concessione dell’atto di clemenza al Cavaliere perchè quest’ultimo ha usato “giudizi e propositi di estrema gravità, privi di misura nei contenuti e nei toni”, così scrive l’ufficio stampa del Qruirinale il 23 novembre 2013.
Ora, se il motivo del diniego risiede nelle dichiarazioni cdi Berlusconi che non hanno certamente avuto rispetto per le Istituzioni, allora ho conferma che Napolitano, nella valutazione della concessione o meno, si spogli del suo ruolo di garanzia per riprendere quello di parte.
Che motivo ha ancora di esistere quindi la grazia? A mio parere nessuno, almeno non in una Repubblica Parlamentare democratica dove, al più, sarà il Parlamento a decidere provvedimenti quali indulto od amnistia di carattere generale e non certo riferiti ad un singolo individuo.
Di provvedimenti ad personam ne abbiamo già visti abbastanza negli ultimi anni, ritengo che non vi sia bisogno che anche un Presidente della Repubblica vi si aggiunga.
Lasciamo che di Giustizia se ne occupino i magistrati e gli avvocati e che i Presidenti della Repubblica si limitino a garantire che la politica la facciano i politici, anche se sembra proprio che la facciano molto molto male…
Nicola Barsotti